Più 44 per cento per il sito di Genova Cornigliano, più 103 per quello di Novi Ligure. Nel piano industriale firmato da Invitalia e ArcelorMittal nei giorni scorsi si prevede un incremento della produzione per gli stabilimenti del Nord Ovest, che almeno nelle intenzioni ricopriranno un ruolo importante nel futuro dell’ex Ilva. Fin qui gli annunci fatti con grande enfasi e con inevitabile eco sulla stampa. Un rafforzamento che comunque, dati alla mano, porterà i due siti a metà del potenziale produttivo, visto che oggi viaggiano molto al di sotto delle loro capacità.

“Ma non basta. A quanto sembra per questo progetto non sarà investito neppure un euro: come pensano di realizzarlo? – si chiede perplesso Bruno Manganaro, segretario generale Fiom Cgil Genova -. Questi stabilimenti già soffrono perché non vedono un centesimo almeno da un anno e mezzo. Tanto che oggi l’azienda non riesce a far fronte all’ordinario: le caldaie del riscaldamento, i pezzi di ricambio per i mezzi dei vigili del fuoco, la linea ferroviaria interna, gli impianti elettrici. È la manutenzione che manca. E poi gli investimenti”. Negli ultimi due mesi, ci racconta il sindacalista, sono state fatte 42 lettere all’azienda per mancati interventi agli impianti, nell’anno precedente 14. Negli ultimi tempi è successo di tutto: la caduta della torre faro, il meccanismo di illuminazione sulle banchine che non funziona, i locomotori che vanno a singhiozzo, i pullman che trasportano i lavoratori che si rompono di continuo, il gasolio per farli marciare che manca. In queste condizioni, non si lavora in sicurezza.

Quanto agli investimenti, i numeri parlano da soli: il piano prevede 300 milioni di per il 2021, 400 per il 2022. Di questi, un sesto sarà usato per la parte industriale e cioè per l’attività produttiva vera e propria, una cifra davvero irrisoria soprattutto se si pensa che deve essere ripartita tra tutti gli stabilimenti. Il resto servirà per interventi ambientali, presumibilmente a Taranto.

“Per la linea della banda stagnata, su cui bisognerebbe intervenire e che la stessa azienda sostiene che si debba potenziare, servono minimo 150 milioni, almeno questa è la cifra che era stata indicata dal primo commissario” aggiunge Manganaro. Stiamo parlando delle lattine per i pomodori, per le conserve, per la birra, prodotti di qualità che danno valore all’azienda, destinati a un mercato alimentare che è sicuro. Il sito di Genova produce 120mila tonnellate, l’Italia avrebbe bisogno di 800mila tonnellate. Quello che non viene prodotto da ArcelorMittal viene importato. “Quindi quegli annunci sembrano più una reclame pubblicitaria che un vero e proprio progetto di rilancio dei due stabilimenti – conclude il segretario della Fiom Cgil -. Il piano visto così sembra affascinante, però rischia di non avere le basi per essere realizzato. Entro fine mese come sindacati discuteremo con la proprietà degli stabilimenti di Novi e di Genova, ben sapendo che tutto è subordinato al fatto che la nuova società mista pubblico-privata Invitalia e ArcelorMittal, AmInvestCo, ancora non esiste: l’Antitrust ha annunciato che si pronuncerà entro il 10 febbraio se il nuovo soggetto è in regola con le normative, però la decisione potrebbe slittare”.