Se il coronavirus ha spazzato via oltre 400mila posti di lavoro nel Paese, in Sicilia ha colpito più duro. Tasso di contagiati da Covid-19 più basso della media italiana, tasso di occupazione assai più basso che nel resto delle regioni. È questa la fotografia drammatica consegnata dall’Istituto nazionale di statistica che rileva, nel secondo trimestre 2020, una perdita di posti di lavoro del 5,5% a livello territoriale rispetto al 3,6% del dato nazionale, con una diminuzione degli occupati di 76 mila unità (da 1.384.000 a 1.308.000). Perdita di lavoro in terra di disoccupazione. Ed infatti il tasso di occupazione in Sicilia, rispetto ad un anno fa, scende al 39,6% (era il 41,7% nel II trimestre del 2019 già allora ben di sotto della media nazionale).

Diminuisce anche il tasso di disoccupazione passando dal 20% al 15,6%. Ma non c’è da consolarsi, anzi a leggere i numeri la preoccupazione aumenta, questo dato registra la diminuzione di uomini e donne alla ricerca di lavoro, solo loro, infatti, vengono definiti “disoccupati”, diminuendo vanno ad ingrossar le fila degli inattivi che segnano un   + 151.000, di cui 74 mila donne,  passando da 1.544.000 a 1 .695.000” . Di conseguenza sale il tasso di inattività passando da 47.7% a 52,9%.

“I dati Istat del II trimestre 2020 confermano la gravità della crisi economica in Sicilia, con un andamento peggiore rispetto al resto del Paese, cosa che ci fa dire che il governo regionale deve intanto darsi subito da fare per spendere i residui dei fondi strutturali e i fondi previsti dalla finanziaria regionale, pari a 1,4 miliardi”. Lo dice il segretario regionale della Cgil Sicilia Alfio Mannino, commentando la rilevazione congiunturale dell’Istat.

Se il quadro di insieme è particolarmente allarmante, anche se si vanno a studiare i numeri settori per settore si scoprono movimenti significativi nel mercato del lavoro siciliano. Crollano i servizi con 73 mila occupati in meno, di cui 27 mila nei settori commercio, alberghiero e ristorazione. E questo era prevedibile. Meno prevedibile, invece, la crescita di occupati nell’industria con +16.000 addetti nelle costruzioni e +2.000 nell’industria in senso stretto. “Si tratta però di una crescita apparente – afferma ancora Mannino - dovuta non a un reale aumento degli occupati ma all’emersione del lavoro nero ai fini dell’ottenimento della cassa integrazione”.

C’è dunque da chiedersi cosa accadrà quando la cassa integrazione finirà la risposta è scontata, è probabile aspettarsi aumento dei licenziamenti e un crollo verticale degli occupati.  “Il punto - dice Mannino - sarà spendere bene le risorse europee che arriveranno, a partire dal Recovey Fund, in maniera organica, coordinata, su obiettivi ben definiti ed evitandone la frammentazione, ma in attesa che questo accada il governo regionale deve uscire dall’immobilismo e adoperarsi- rimarca il segretario della Cgil- per assicurare gli investimenti della finanziaria e dei residui dei fondi strutturali”.