Il 22 giugno 2005 il Tribunale Militare di La Spezia - a 61 anni dall’eccidio, davanti a decine di superstiti, in un’atmosfera di forte tensione emotiva - emette la sentenza di condanna all’ergastolo per dieci tra ex ufficiali e sottufficiali tedeschi giudicati responsabili dell’eccidio di Sant’Anna di Stazzema (la sentenza sarà confermata dalla Corte di Appello Militare di Roma il 21 novembre 2006 e ratificata definitivamente dalla Prima Sezione penale della Cassazione l’8 novembre 2007).

A Sant’Anna di Stazzema, la mattina del 12 agosto 1944, si consuma uno dei più atroci crimini commessi ai danni della popolazione civile nel secondo dopoguerra in Italia. La furia omicida dei nazi-fascisti si abbatte, implacabile, su tutto e su tutti, causando la morte di 560 persone tra cui anziani, donne, più di cento bambini. Anna, l’ultima nata nel paese aveva appena 20 giorni. Il bambino di Evelina, che quel mattino aveva le doglie del parto, non vedrà mai la luce. Un atto terroristico premeditato e curato in ogni dettaglio per annientare la volontà della popolazione, soggiogandola attraverso al terrore.

“Quel mattino di agosto a Sant’Anna uccisero i nonni, le madri, uccisero i figli e i nipoti - si legge sul sito dedicato al ricordo della strage - Uccisero i paesani ed uccisero gli sfollati, i tanti saliti, quassù, in cerca di un rifugio dalla guerra. Uccisero Anna, l’ultima nata nel paese di appena 20 giorni, uccisero Evelina, che quel mattino aveva le doglie del parto, uccisero Genny, la giovane madre che, prima di morire, per difendere il suo piccolo Mario, scagliò il suo zoccolo in faccia al nazista che stava per spararle, uccisero il prete Innocenzo, che implorava i soldati nazisti perché risparmiassero la sua gente, uccisero gli otto fratellini Tucci, con la loro mamma. 560 ne uccisero, senza pietà in preda ad una cieca furia omicida. Indifesi, senza responsabilità, senza colpe. E poi il fuoco, a distruggere i corpi, le case, le stalle, gli animali, le masserizie. A Sant’Anna, quel giorno, uccisero l’umanità intera”.

Elio Toaff, ex rabbino capo di Roma, allora giovane partigiano della Brigata Garibaldi X bis Gino Lombardi, entra in paese subito dopo il massacro. “In realtà eravamo quattro gatti - ricorda -. E quella mattina, quando entrammo in Sant’Anna verso le 11, eravamo solo una dozzina. E prima di veder l’orrore fummo assaliti da un odore terribile, di carne umana, bruciata (…) La prima casa che trovammo era alla Vaccareccia: fumava ancora. Dentro c’erano i corpi di un centinaio di persone, in maggioranza donne e bambini. Le Ss, quattro colonne da 100 uomini ciascuna di quella stessa XVI divisione che ha agito poi a Marzabotto, li avevano chiusi lì dentro, poi avevano dato fuoco alla paglia e avevano gettato dentro delle bombe. Vedemmo un ammasso irriconoscibile. Più avanti c’era un’altra casa, con la porta spalancata. Entrai e ho ancora difficoltà a raccontare... C’era una donna, seduta di spalle, di fronte a un tavolo. Per un attimo pensai che fosse viva. Ma, appena avanzai, vidi che aveva il ventre squarciato da un colpo di baionetta. Era una donna incinta e sul tavolo giaceva il frutto del suo grembo. Avevano tirato un colpo d’arma da fuoco anche in testa a quel povero bimbo non ancora nato”. 

I morti accertati di Sant’Anna sono stati 560, ma nessuno conoscerà mai il numero esatto. Ci vorranno sessant'anni prima che inizi il processo. Nell’estate del 1994, Antonino Intelisano, procuratore militare di Roma, mentre cerca documentazione su Priebke e Karl Hass, scopre casualmente in uno scantinato della procura militare un armadio (l’armadio della vergogna) contenente 695 fascicoli “archiviati provvisoriamente”, riguardanti crimini di guerra commessi da tedeschi e repubblichini.

Tra questi viene trovata anche della documentazione relativa al massacro di Sant’Anna, per il quale verrà riaperta un’inchiesta che porterà a individuare alcuni dei responsabili. Poiché tra soldati e ufficiali gli imputati sarebbero stati centinaia, fu deciso di rinunciare a processare i soldati - esecutori materiali dell’eccidio - per processare solo gli ufficiali che di quell’eccidio erano stati i veri responsabili, essendo stati loro a dare l’ordine del massacro (24 saranno i militari indagati complessivamente, 8 le archiviazioni per morte del reo, 5 le archiviazioni per insufficienza di prove, una sospensione per motivi di salute).

Il 22 giugno 2005 procuratore militare di La Spezia Marco De Paolis chiede la condanna all’ergastolo per dieci tra ex ufficiali e sottufficiali tedeschi. Il tribunale militare di La Spezia accoglie la richiesta. A 50 anni dal conferimento al Comune della Medaglia d’oro al valor militare, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è recato (quinto presidente della Repubblica a visitare i luoghi dell’eccidio dopo Pertini nel 1982, Scalfaro nel 1998, Ciampi nel 2000, Napolitano insieme al presidente tedesco Gauck nel 2013) lo scorso anno nei luoghi della strage.

La memoria - affermava nell’occasione - è un dovere, costituisce un patrimonio della comunità, il tempo può attenuare il dolore ma non possiamo consentire che le coscienze si addormentino, la testimonianza fa parte del nostro dovere di solidarietà. Dobbiamo essere vigili: i mutamenti epocali offrono opportunità in ogni campo ma provocano spesso paura, disorientamenti, chiusure e il germe dell’odio non è sconfitto per sempre, il timore del diverso, il rifiuto della differenza, la volontà di sopraffazione sono sentimenti che possono ancora mettere radici e svilupparsi e propagarsi”. Non dimentichiamolo.