5174 nuovi casi, 59 vittime, 28.577 il totale dei morti da inizio pandemia. Siamo in Lombardia, dove aumentano i ricoveri e dove il rapporto tra i nuovi positivi al Covid e i tamponi processati è salito al 9,6 per cento. Milano è la provincia la più vessata, con 1.200 nuovi casi, seguono Brescia (1.114 positivi),  Monza e Brianza (475), Como (403). Una situazione che preoccupa soprattutto sul fronte delle terapie intensive: 532 i letti occupati complessivamente, negli altri reparti si arriva a 4.735 ricoveri, più 190 in un giorno.

“Stiamo tornando a livelli preoccupanti, ma al di là dei dati è quello che sta sotto che ci allarma, la stessa condizione del marzo scorso - commenta Elena Lattuada, segretaria generale Cgil Lombardia -. Le terapie intensive in alcune zone si stanno saturando, a Brescia hanno iniziato a mandare malati in giro, a Cremona c’è una situazione complicata. E poi c’è il fatto che la Regione ha varato il piano per passare all’arancione rafforzato dalla sera alla mattina, forse per evitare che si arrivi direttamente in zona rossa”. Segno di una disorganizzazione che emerge su diversi fronti. Prendiamo il piano vaccinale: se sei un over 80 e sei riuscito a prenotarti, è molto probabile che dopo quindici giorni tu non sia stato ancora chiamato. Oppure che ti abbiano avvisato con un sms la sera per presentarti il mattino dopo.

“Con gli anziani si sta andando molto a rilento e soprattutto senza programmazione, o con continue aggiunte e aggiustamenti, che rischiano di dimenticare le priorità – precisa Lattuada -. C’è un grave problema organizzativo figlio di una struttura sanitaria, quella lombarda, che ha già mostrato le carenze della rete territoriale ma colmate, a cui non si è messo mano in questi dodici mesi”.

Nelle scuole il piano vaccinale dovrebbero partire l’8 marzo, peccato che nel frattempo le scuole le abbiano chiuse, sempre il primo luogo a essere sacrificato in presenza di alti contagi. “Senza contare che le scuole chiuse da un giorno all’altro – spiega la sindacalista - rappresentano un problema gradissimo per i lavoratori e le lavoratrici, che in assenza di norme nazionali annunciate ma mai varate, non possono accedere ai congedi: i genitori sono imbufaliti perché le attività produttive sono aperte, i negozi pure, e non tutti sono in smart working”.

Infine, c’è il capitolo della campagna vaccinale che la Regione Lombardia intende attivare nei luoghi di lavoro. “Annunciata a mezzo stampa, peccato che non ci sia stato nessun confronto con le parti sociali e che non si capisca come si inserisce nel piano vaccinale generale deciso a livello nazionale. Insomma, sembra l’ennesima boutade” conclude Lattuada.