Maria Lisa, per tutti Marisa, Cinciari Rodano nasce a Roma il 21 gennaio 1921, lo stesso giorno del Pci. È fra le personalità più illustri della storia della repubblica italiana per il suo impegno nella Resistenza, l’attività politica fuori e dentro le istituzioni, il lavoro ininterrotto per una politica basata sulla emancipazione e l’autodeterminazione delle donne. 

Nel settembre 1944, dopo la liberazione della Capitale, è tra le fondatrici dell’Unione donne italiane che dirige con vari incarichi. Deputata, senatrice, consigliere provinciale di Roma e parlamentare europea, è la prima donna nella storia italiana a venir eletta alla carica di vice presidente della Camera dei deputati, carica che ricopre dal 1963 al 1968. 

Cavaliere di gran croce della Repubblica italiana, ha ricevuto l’8 marzo 2013 la laurea honoris causa in Scienze della comunicazione. Una donna, Marisa, simbolo di una lotta tenace e costante per le libertà di uomini e donne. Delle donne soprattutto per le quali non si è risparmiata, nelle aule e nelle piazze, ed alle quali oggi dice: “Oggi le giovani pensano che i loro diritti ci siano sempre stati, ignorano completamente che c’è stata un’epoca nella quale bisognava lottare per conquistarli. Il meccanismo di dimenticanza negli ultimi 25 anni è troppo forte. La memoria è corta e resa anche più corta dai media e dal modo in cui si pensa e si comunica”.

Quella che segue è la trascrizione di una chiacchierata telefonica che ha avuto la generosità di regalare a Buona memoria qualche mese fa in occasione del 25 aprile. E come sempre quando ha cominciato a parlare lei il silenzio si è riempito di contenuto, di frasi e concetti lontani mai mai come oggi attuali espressi attraverso una voce leggera ma ferma che lascia volare ogni parola sussurrata fuori dal microfono.

Marisa, lei è stata tra le protagoniste della Resistenza romana. In alcune occasioni, l’ha definita una “Resistenza senza armi”. Ce la racconta?  

Io ho fatto parte della Resistenza romana. Debbo dire personalmente non ho mai fatto lotta armata però la lotta armata c’è stata. Penso per esempio a via Rasella che poi ha portato alle Fosse Ardeatine a tante altre azioni che sono stati fatte dai Gap dai gruppi di azione patriottica romani.

Lei è stata anche tra le fondatrici dei Gruppi di difesa della donna. Quando le hanno chiesto un 25 aprile di ieri al quale fosse particolarmente legata ha risposto: “Un 25 aprile che mi è rimasto nel cuore è quello del 1995 quando l’Udi, nel cinquantesimo anniversario, dedicò tutta la giornata alle tante donne che ebbero ruoli di primissimo piano durante la Lotta di Liberazione dal nazifascismo”. La Resistenza delle donne è stata per anni taciuta, negata.  Perché secondo lei?

La Resistenza delle donne viene sempre sottaciuta come tutte le azioni delle donne. Solo negli ultimi anni hanno cominciato ad avere un ruolo maggiore dal punto di vista pubblico, però la tendenza a considerare tutto quello che fanno le donne in secondo piano è costante.

Ce lo racconta il suo 25 aprile 1945?

Beh, l’immagine delle formazioni partigiane, uomini e donne, che entravano a Milano e a Torino mi è rimasta fissa nel cuore.

Che cosa significava, allora, tornare ad essere liberi?

Durante l’occupazione nazista si rischiava di essere arrestati, torturati, uccisi... Pensiamo alle Fosse Ardeatine. Essere liberi voleva dire ricominciare ad avere una vita normale.

Quanto è importante oggi ricordare la Resistenza?

Purtroppo ci sono delle forze, anche se minoritarie, che tendono a rivalutare il fascismo, a negare i valori della Resistenza, non solo in Italia ma anche nei Paesi europei, a cancellare una memoria che invece sarebbe molto importante che i giovani conoscessero. La Resistenza ci permise di tornare liberi. Questo 25 aprile è un giorno strano, in cui celebriamo la libertà riconquistata ma senza la gioia della piazza. Purtroppo questo 25 aprile non potremo correre in corteo come di solito facevamo, staremo chiusi in casa, ma il 25 aprile resterà sempre il giorno della Liberazione. Liberazione da ogni forma di dominio. Il dominio del ricco sul povero, di una ‘razza’ sull’altra, dell’uomo sulla donna.

“È nella Resistenza - diceva Marisa Rodano alla Camera dei deputati in occasione del 70° anniversario della Liberazione - che le donne italiane, quelle di cui Mussolini aveva detto 'nello stato fascista la donna non deve contare'; alle quali tutti i governi avevano rifiutato il diritto di votare, la possibilità di partecipare alle decisioni da cui dipendeva il loro destino e quello dei loro cari, entrano impetuosamente nella storia e la prendono nelle loro mani. Nel momento in cui tutto è perduto e distrutto - indipendenza libertà pace - e la vita, la stessa sussistenza fisica sono in pericolo, ecco le donne uscire dalle loro case, spezzare vincoli secolari, e prendere il loro posto nella battaglia, perché combattere era necessario, era l’unica cosa giusta che si poteva fare”.  “Alle giovani donne - ribadiva in una bella intervista a Concetto Vecchio di qualche giorno fa - dico di non farsi risucchiare nel vecchio stereotipo femminile di donna tutta casa e famiglia, ma di spendere le proprie capacità e possibilità in tutti i campi che le interessano”. Perché la Resistenza, per noi donne, continua…