“Build back better”: dobbiamo ricostruire società migliori di quelle che eventi traumatici hanno distrutto. La professoressa Mariana Mazzuccato, direttrice dell’Ucl Institute for Innovation and Public Purpose, ha usato l’espressione guida della Conferenza mondiale sulla riduzione del rischio di disastri per aprire la sua riflessione al tavolo sull’Intervento dello stato in economia. In chiusura della prima delle tre giornate di “Futura. Lavoro, ambiente, innovazione”, Maurizio Landini ha dialogato con la docente e autrice de “Lo stato innovatore”, lo storico dell’industria Giuseppe Berta e l’ad di Cassa Depositi e Prestiti Fabrizio Palermo.

La pandemia e la crisi impongono di tornare a immaginare un ruolo attivo dello stato, in un’economia che sia più inclusiva e più verde. “Il punto - ha osservato Mazzuccato - non è più stato o meno stato, ma ripensare la relazione tra pubblico e privato, strutturando le condizioni per un ecosistema simbiotico”.

La demonizzazione dell’intervento statale in economia, perpetuata negli ultimi vent’anni, ha disperso energie che Berta ha definito fondamentali per ricomporre il sistema produttivo italiano. “Da un certo momento in poi - ha osservato lo storico - si è preferito smontare quella macchina complessa, riportando nelle mani dell’iniziativa privata un’esperienza importante. Questo ribaltamento della prospettiva ci ha impoveriti”.

Come già avvenuto nel 2008, la crisi generata dall’emergenza Coronavirus pone il paese di fronte alla necessità di rimettere in discussione un modello di sviluppo che già da tempo aveva mostrato le sue falle. Il precariato, la frammentazione delle filiere produttive, l’erosione del welfare, il lievitare del sistema di appalti e sub appalti ne sono alcune delle conseguenze. Un ruolo di intervento attivo dello stato vuol dire, secondo Maurizio Landini, “un nuovo patto sociale tra mercato e lavoro, perché è il primo, senza regole, ad avere prodotto i disastri che sono sotto i nostri occhi”. Se il liberismo non può, dunque, morire, devono però tornare al centro il lavoro e le persone.

Il segretario generale della Cgil ha posto l’accento sulla necessità che il sindacato torni a essere soggetto attivo e partecipe nella fase della progettazione. “Il mercato da solo non può realizzare un cambiamento di tale portata, ecco perché è necessario un ruolo dello stato in termini di indirizzo, ma lo è anche un sistema di relazioni sindacali più forte”. Le decontribuzioni a pioggia non sono, secondo il segretario della Cgil, un intervento utile, se non subordinati a un’analisi dei settori strategici per la creazione di lavoro. 

Una nuova dimensione in cui pubblico e privato dialogano è fondamentale per fronteggiare le trasformazioni ecologiche e ambientali dei processi produttivi, l’innovazione tecnologica, l’economia dei dati. “Quando con la crisi gli schemi saltano il lavoro e i cicli produttivi vanno ridisegnati - ha commentato Fabrizio Palermo, ad di Cassa Depositi e Prestiti - ma è anche l’occasione per immaginare nuovi modelli d’impresa, un capitale più paziente, che non ha la fretta di ritorni immediati”.

Soggetti come Cassa Depositi e Prestiti possono, secondo Landini, svolgere un ruolo decisivo. Serve, però, un discorso più complesso, che vada dal modello d'impresa alle politiche industriali, in modo che non sia solo il libero mercato a determinarle. “La domanda da porsi prima di tutto - conclude Landini - è che paese vogliamo nei prossimi quindici anni”.