“Le notizie che circolano in queste ore ci portano ad alzare il livello di attenzione e di preoccupazione che rivolgiamo a tutte le autorità competenti ai vari livelli affinché, nelle eventuali misure da adottare per il contenimento dei contagi, non si creino discriminazioni tra i diversi organismi sportivi e che siano garantite le stesse possibili opportunità”. Questo appello è stato fatto circolare questa mattina (12 ottobre) dalla Uisp, Unione Italiana Sport per Tutti, che – rivolgendosi ai decisori politici – si augura “che oltre alla possibilità di svolgere attività motoria sportiva e di allenamento vengano garantiti gli eventi e le competizioni sportive riconosciuti di interesse nazionale e regionale dagli Enti di Promozione Sportiva”. Se così non fosse “ci troveremmo di fronte ad una non giustificabile disparità tra organismi sportivi riconosciuti dal Coni. Una condizione onestamente che non sarebbe sopportabile”.

“Noi ci siamo rivolti direttamente al governo – spiega il presidente nazionale della Uisp, Vincenzo Manco – perché oltre a garantire la sicurezza di tutti i cittadini con le norme anti Covid, ha anche avuto il merito di far emergere gli invisibili che lavorano nel mondo dello sport di base e dilettantesco. Come enti e società noi ci siamo assunti la nostra responsabilità nello stabilire precisi protocolli per la sicurezza e la salute e ci siamo fatti carico per questo anche dei costi relativi alla messa in sicurezza degli impianti”. Ora però, secondo l’allarme della Uisp, si rischia di vanificare tutti gli sforzi fatti e di mettere a rischio migliaia di attività e di posti di lavoro.

“La Uisp - si legge nel comunicato diffuso alla stampa - ha sempre risposto con grande senso di responsabilità nei confronti della sicurezza e della salute dei cittadini e soprattutto dei propri praticanti, di fronte alla pandemia e alle misure per il contenimento del contagio che si sono susseguite”. “Non è superfluo ricordare che in questa particolare fase uno dei comparti che più di altri sta pagando un prezzo enorme sul piano delle attività e dei relativi costi e posti di lavoro è sicuramente lo sport di base. Sul terreno del lavoro si rischia di vedere vanificati gli importanti sforzi fatti da questo governo per ciò che riguarda i collaboratori sportivi e che hanno permesso a costoro di emergere dall'invisibilità. Migliaia di famiglie che stanno registrando significative sofferenze. C'è un'alta percentuale di realtà sportive del territorio che non ha trovato le condizioni per una ripartenza della stagione sportiva con una ricaduta pesante sul piano del deficit sociale, educativo e coesivo delle nostre comunità”.

Secondo il presidente Manco, sarebbe un grande errore mettere sullo stesso piano le attività di allenamento e agonistiche degli sport dilettanteschi con le attività puramente ludiche e amatoriali di chi vive lo sport nel suo tempo libero. In parole povere, un conto è la partitella di calcetto tra scapoli e ammogliati o la gita in bici fuori porta la domenica, altra cosa le attività organizzate, continuative e protette di tutti i settori dello sport non professionista. 

L’appello della Uisp ha ovviamente anche il suo risvolto nelle tematiche del lavoro, come ci conferma Fabio Scurpa, responsabile sport e spettacoli della Slc Cgil. “Noi siamo favorevoli a tenere aperte tutte quelle attività che sono state poste in sicurezza dal punto di vista della salute e della lotta al contagio. Ovviamente si dovrà tenere conto delle diverse caratteristiche dei singoli sport”. Ma contemporaneamente c’è anche da affrontare una questione aperta da anni, quella dei diritti dei lavoratori del settore che sono nella maggior parte dei casi inquadrati come collaboratori”.  Un esempio? “Non è stato un caso – dice Scurpa – che abbiamo dovuto introdurre un ammortizzatore speciale dedicato di 600 euro al mese per tutti quei lavoratori che con il blocco dovuto alla pandemia sarebbero rimasti senza stipendio”. E i numeri di questa speciale forza lavoro sportiva non sono poi da trascurare. Si parla – dice ancora Scurpa – di cifre ragguardevoli, tra i 200 e i 300 mila lavoratori.