Parlare di covid non è mai facile. Non lo è per niente quando l’altro capo del filo finisce in quello spicchio maledetto di Lombardia che mette insieme Bergamo, Brescia, Lodi, Cremona e Crema. È qui, in questo angolo operoso del Nord Italia, ad appena 24 chilometri dal Comune di Codogno, epicentro del primo focolaio, che alla fine di marzo è arrivata la brigata cubana Henry Reeve, una pattuglia di 52 uomini e donne, tra medici e infermieri, reclutati volontariamente per portare aiuto al personale italiano, ormai stremato.

Quando chiediamo a Sabrina Negri, segretaria della Fp Cgil di Cremona, un ricordo di questa esperienza, le labbra, tirate al pensiero del virus – che in Lombardia resta più che un pensiero – si increspano in un sorriso di sincera gratitudine e stima. “È stata una testimonianza della grande dignità del popolo cubano”, ci dice con un filo di solennità che sfuma nell’emozione. E dal suo tono e dalle sue parole capiamo che quel gesto ha significato tanto per la competenza professionale offerta ai colleghi italiani, falcidiati dal contagio e piegati dai turni di quelle settimane di inferno, ma tanto anche per il supporto emotivo, non solo agli operatori, ma alla cittadinanza. Nel momento più nero della propria storia, quando il pallottoliere impazzito dei nuovi positivi e delle vittime, giorno dopo giorno, faceva impallidire il resto del mondo, quella pattuglia di donne e uomini coraggiosi sembrava dire ai cremaschi e ai lombardi che almeno una parte di quel resto del mondo era lì, non li abbandonava e lottava insieme a loro. Proprio il messaggio di speranza che serviva a quel piccolo quadrilatero di Lombardia e a tutta l’Italia.

Lo dice Sabrina Negri, che la commozione se la tiene dentro. Di storie, nella sua posizione, con la rappresentanza sindacale delle categorie più a rischio, medici, infermieri, operatori sanitari, ne avrà sentite tante. Di malati e persino di morti ne avrà conosciuti tanti, purtroppo. E avrà passato notti insonni a lavorare, spesso anche solo raccogliendo gli sfoghi di qualche operatore sanitario, di qualche delegato, sull’orlo di non farcela più. E l’arrivo dei volontari cubani, per lei e per tutti, sarà stato come un “arrivano i nostri”. Ma questa volta non eravamo al cinema. Questa era la vita vera.

E così, come erano arrivati, in punta di piedi, allo stesso modo, all’alba dell’8 giugno, se ne sono tornati a casa. Per dirla con le parole della sindaca, Stefania Bonaldi. Si erano acquartierati a Crema, nell’epicentro del sisma che ha sconvolto il mondo, con uno slogan indimenticabile: “Non offriamo ciò che ci avanza: condividiamo quello che abbiamo”. Ed è proprio così. Anche perché in quell’isola vessata da un embargo, el bloqueo, diventato vecchio, decennio dopo decennio, di avanzi non ce ne sono. Lavorando in silenzio, parlando solo con il proprio coraggio e la propria professionalità. Comportandosi come fratelli, prima ancora che come bravi medici e infermieri. Ci salutano oggi con un’intervista su Collettiva in cui, se possibile, il loro slogan diventa più esplicito: “il nostro Paese, bloccato, condivide quel che ha per salvare vite”. Una bella lezione di umanità in un mondo di lupi. Una lezione che, la segretaria generale della Fp Cgil Cremona, Sabrina Negri, ce lo dice con certezza, “sarà impossibile dimenticare”. Un inno alla vita e all’umanità in quel silenzio che metteva paura.