Frequente fino a qualche anno fa solo nelle zone di confine, il distacco transnazionale in edilizia è ormai molto diffuso in tutta Italia. E rischia sempre più spesso di generare concorrenza sleale per le imprese serie e diritti negati per i lavoratori. Regolamentato dalle Direttive dell’Unione europea e recepite dall’Italia, il distacco prevede l’applicazione del contratto nazionale del settore del paese in cui si lavora, ma molto spesso la norma viene aggirata con l’uso di intermediazioni illegali.

Da una verifica a campione su alcune province italiane, svolta dai sindacati dell'edilizianel 2021 , in media risultava regolarmente iscritto alla Cassa edile di competenza meno del 50% dei lavoratori distaccati. Questo vuol dire che molto probabilmente nei cantieri italiani lavoravano centinaia di operai in distacco internazionale, sfruttati e ricattati, sottopagati e privati dei versamenti previdenziali, senza diritti né tutele.

Il Friuli Venezia Giulia, su questo fronte, resta uno dei territori maggiormente a rischio. Tanto che un paio di anni fa a Trieste si è anche assistito a una sparatoria fra lavoratori edili di imprese provenienti dall'estero. “La situazione negli ultimi anni è peggiorata – conferma Massimo Marega, segretario generale della Fillea regionale -. È di certo un fenomeno presente sull'intero territorio nazionale, ma in una zona confine come la nostra è molto più evidente”. Rispetto ai dati del 2021, tra l'altro, il dumping potrebbe essere anche peggiorato, a causa “dei bonus edilizi che hanno determinato un accrescimento dimensionale di imprese che storicamente non erano presenti sul nostro territorio”. “Abbiamo osservato – continua Marega - moltissimi lavoratori arrivare da oltre confine, e non essere denunciati in cassa edile. Quindi molte aziende non rispettano le direttive europee sul distacco. Per questo stiamo predisponendo un nuovo monitoraggio”.

Massimo Marega, segretario generale Fillea Fvg 

Il fenomeno del distacco di lavoratori da imprese straniere, però, aumenta di mese in mese su tutto il territorio italiano. Ne è convinto Marco Benati, della Fillea nazionale: “Questa modalità di lavoro è diffusissima nel Nord Europa e sta diventando la regola anche all'interno del nostro mercato delle costruzioni. C'è una grossa differenza tra i dati di lavoratori registrati dal ministero e quelli presenti nelle casse edili, quindi è chiaro che la maggior parte dei lavoratori non lavora in regola”. Un risultato importante è stato ottenuto nel febbraio scorso, grazie all'obbligo di denuncia mensile di ogni operaio “con l'indicazione esplicita di distacco o da imprese italiane o straniere”. “Noi ci stiamo impegnando a informare e formare sul distacco transnazionale nelle costruzioni – conclude Benati - abbiamo anche realizzato una guida, e stiamo formando i nostri quadri in tutto il territorio nazionale. Perché la sfida è veramente decisiva. Vogliamo mettere sotto i riflettori la questione, perché gli stessi diritti e lo stesso contratto devono valere per tutti i lavoratori”.

Marco Benati, Fillea Cgil nazionale

Su questo tema, tra l'altro, i sindacati europei hanno ottenuto un'importante vittoria. In Slovenia da molti anni il governo elargiva sgravi fiscali alle aziende che distaccano i lavoratori, determinando così un dumping diffuso e abbassando di molto la protezione sociale dei dipendenti. La Federazione europea dei sindacati delle costruzioni (Efbww), a partire dal 2019 ha denunciato più volte questa situazione alla Commissione Europea, che ha infine costretto il governo di Lubiana a correggere la rotta. Dal primo gennaio 2024 questi sgravi per le imprese saranno annullati. “È una grande conquista - commenta il segretario generale della Efbww Tom Deleu -. Molti stati membri hanno sviluppato un modello di business in cui il distacco è effettivamente diventato un modo per esportare lavoratori a basso costo. Dopo molti anni di pressioni sulla Commissione europea e sul governo sloveno abbiamo vinto una prima battaglia. Ma la guerra non è non è finita, perché il dumping e lo sfruttamento sono molto diffusi in altri Paesi. Quindi non ci fermeremo.”

Tom Deleu, Segretario generale Efbww