Presidente del Sudafrica dal 1994 al 1999, premio Nobel per la pace nel 1993, Nelson Mandela - il cui nome completo è Nelson Rolihlahla (“attaccabrighe” in lingua xhosa) - ci lasciava esattamente 8 anni fa. Ai suoi funerali parteciperà probabilmente il più alto numero di personalità mai visto nella storia.

“Madiba - scriveva  Repubblica - soprannome che deriva dal suo clan di appartenenza, si è spento serenamente nella sua abitazione a Johannesburg, attorniato dai suoi familiari. Tutto il Sudafrica ha seguito con il fiato sospeso i suoi ultimi mesi, punteggiati da quattro ricoveri in ospedale dovuti a infezioni polmonari, conseguenze della turbercolosi contratta nei lunghi anni di prigione a Robben Island. Appena appresa la notizia una folla, fra cui tanti giovani si è radunata sotto la sua casa: molti in lacrime, qualcuno sorridendo nel ricordo di un uomo venerato ormai nel continente africano quasi come un santo”.

“Non posso immaginare la mia vita senza l’esempio di Nelson Mandela” - affermava nell’occasione Barack Obama turbato fino quasi alle lacrime - Io sono stato una delle milioni di persone ispirate da Mandela. Mi ha dato l’idea di cosa si può raggiungere quando si è guidati dalla speranza”. 

“Sono stato ispirato da Mandela”, raccontava l’allora segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon: “Mi disse che erano state centinaia di migliaia di persone ad aver abbattuto l’apartheid, non lui solo. Fui colpito da queste parole. Come è possibile, mi chiesi, che un uomo non si attribuisca i meriti che tutti gli attribuiscono? Dobbiamo imparare da Nelson Mandela per fare in modo che questo mondo sia migliore”. 

Lo stesso Dalai Lama dirà di “aver perduto un caro amico, un uomo coraggioso, di una integrità incontestabile”.

Nelson Mandela è una delle due persone di origini non indiane (l’altra è Madre Teresa) ad aver ottenuto il Bharat Ratna, il più alto riconoscimento civile indiano nel 1990. Ha inoltre ricevuto l’Order of St. John dalla Regina Elisabetta II e la Presidential Medal of Freedom da George W. Bush. 

Ruud Gullit, allora calciatore del Milan, gli dedicherà il pallone d’oro assegnatogli nel 1987. 

“Free Nelson Mandela” sarà l’urlo di ogni piazza e di ogni manifestazione durante gli anni della prigionia. 

Un mantra inarrestabile, una preghiera laica che diventerà l’11 giugno 1988 al Wembley Stadium di Londra un mega-concerto pop rock dalla durata di undici ore organizzato per chiedere la sua scarcerazione nel giorno del suo settantesimo compleanno.

“Ho lottato contro il dominio bianco e contro il dominio nero - dichiarava in un’appassionata arringa durante il suo processo nel 1964 davanti alla Corte suprema di Pretoria - Ho coltivato l’ideale di una società democratica e libera nella quale tutti potessero vivere uniti in armonia e con pari opportunità. È un ideale per il quale spero di poter vivere e che spero di ottenere. Ma se necessario, è un ideale per il quale sono pronto a morire”.

Condannato all’ergastolo, Nelson Mandela tornerà libero, quasi settantaduenne, solo l’11 febbraio 1990. 

A 72 anni, dopo 27 di reclusione, è tra i più anziani prigionieri politici del mondo.

“Mi preoccupava molto la falsa immagine di me stesso che avevo proiettato - scriveva lui stesso in uno dei suoi appunti - Nel mondo ero considerato una sorta di santo ma non lo sono mai stato, nemmeno se per santo si intende un peccatore che continua a provarci”.