A Herat, una delle città più aperte dell’Afghanistan, controllata dal contingente italiano prima che i talebani riprendessero il potere, le ragazze sono tornate a scuola. Ma ora indossano l’hijab e una tunica islamica nera. Lo racconta un video dell’agenzia Afp, ripreso dall’Agi, che mostra le studentesse mentre entrano in un istituto e conversano nei corridoi e nel cortile. Il futuro di queste ragazze è più che mai incerto. Potranno continuare a frequentare la scuola? E, se sì, per studiare quali materie? L’Agi ricorda che, con la Sharia imposta dai talebani negli anni Novanta del secolo scorso, la maggior parte delle donne e delle ragazze smise di accedere all'istruzione o al mondo del lavoro: “Le donne dovevano inoltre coprirsi totalmente in pubblico e quelle ritenute colpevoli di adulterio venivano uccise con lapidazione”.

Education International (EI), la sigla internazionale che rappresenta i sindacati dell’istruzione, ha lanciato un appello per la tutela del mondo scolastico in Afghanistan. “Siamo molto preoccupati per la sicurezza degli educatori e per la parità di accesso all'istruzione per tutti, specialmente per le ragazze”, affermano i responsabili di EI, esprimendo “pieno sostegno” ai sindacati degli insegnanti afghani Ntec e Atsa.

“Le scuole sono centri di apprendimento, ispirazione e crescita e non devono mai essere obiettivi di terrorismo e violenza”, sottolinea EI. Il sindacato chiede il rispetto e l’attuazione della Dichiarazione internazionale sull’educazione, che difende le scuole quali “santuari sicuri” ed “esprime la richiesta collettiva degli insegnanti e dei loro sindacati in tutto il mondo che l'istruzione sia protetta in tempi di conflitto, e che le scuole siano rispettate come zone di pace dove bambini, giovani e adulti possano costruire comunità sane”.

Una volontaria della Casa delle donne di Milano, Nicoletta, rimasta in contatto con una studentessa di Kabul, ha raccontato all’agenzia Agi i piccoli gesti di resistenza ai talebani adottati da alcune studentesse dell’università di Kabul. Dopo l’occupazione della capitale, dei palazzi del governo, della stessa università, da parte degli studenti coranici, le ragazze hanno iniziato a distribuire “casa per casa i burqa alle donne, quelli delle loro nonne perché da anni non li indossano, e gli assorbenti, perché a Kabul uscire di casa per una donna è diventato impossibile”.

Ma queste ragazze si stanno impegnando anche “per tutelare le studentesse più esposte che dalla capitale hanno fatto rientro in famiglie che vivono alla periferia del Paese”. Qui, riferisce l’Agi citando le parole dell’attivista italiana, “lontano dal finto buonismo dei talebani a Kabul, si stanno consumando le peggiori atrocità. Le ragazze che stanno fuori città riferiscono di stupri” e “controlli ginecologici per accertare la verginità”. 

In tutto il Paese è già in vigore l'ordinanza che vieta di uscire di casa alle donne non accompagnate da un uomo di famiglia. 

L’appello lanciato da Education International è dunque tragicamente attuale, e si chiude con un monito ai “governi di tutto il mondo”: “Hanno la responsabilità di fare tutto ciò che è in loro potere per proteggere il diritto delle ragazze ad andare a scuola e a crescere libere da pregiudizi, molestie e violenza. Proteggere il diritto delle ragazze ad andare a scuola è un passo fondamentale per garantire un'istruzione di qualità per tutti”.