Uguaglianza non è omologazione, ma riequilibrio. In questa frase pronunciata da Susanna Camusso all’appuntamento conclusivo del progetto Rebalance, che si è svolto ieri, 24 ottobre, a Roma davanti a una platea di oltre 100 sindacaliste – e, purtroppo, pochi sindacalisti – di tutta Europa, è condensato il comun denominatore delle esperienze che sono state presentate e che sono raccolte nel report finale. I lavori di Rebalance, che è un progetto seguito dalla Ces – la Confederazione europea dei sindacati – nasce tra il 2018 e il 2019 con l’obiettivo di individuare le buone pratiche sindacali in materia di conciliazione vita-lavoro in 10 Paesi dell’Unione europea, hanno coinciso con l’adozione di una Direttiva europea che si prefigge l’obiettivo di migliorare la conciliazione negli Stati membri.

Ma, come hanno spiegato bene le dirigenti sindacali che sono intervenute raccontando gli obiettivi e le conquiste ottenute sul campo, al centro dei risultati portati a casa non ci sono nuove leggi, bensì la contrattazione, che solitamente non segue, ma anticipa la legislazione. Maggiore flessibilità, incremento delle giornate di congedo obbligatorio e/o facoltativo per i padri, diritto a passare da un contratto full time a uno part time e viceversa, congedi retribuiti, se non in toto in gran parte, in concomitanza con le festività scolastiche o con brevi malattie dei familiari, limiti ai trasferimenti di sede nel caso di figli under 10. Sono solo alcune delle buone pratiche presentate, che hanno però una conseguenza comune: ognuna di queste conquiste ha migliorato significativamente la qualità della vita delle lavoratrici, ma anche dei lavoratori, perché quando si parla di conciliazione ci si riferisce a persone e non solo a donne.

Rebalance, riequilibrio, che è una denominazione decisamente più corretta dell’equivalente italiano “conciliazione”, troppo connotata al femminile, vuole formare e dotare chi fa sindacato di strumenti, idee ed esempi concreti. Resta comunque il fatto che a fare attivamente contrattazione sono soprattutto i maschi e che di conseguenza i temi importanti per le lavoratrici spesso finiscono agli ultimi posti della lista dei risultati da conseguire. Ecco perché è necessario che ci siano più lavoratrici che facciano contrattazione, ma anche avere uomini formati sui temi delle politiche di genere.

Un passo importante e comune a tutti i Paesi membri adesso, anche attraverso un’azione di lobbing, è ottenere la legislazione necessaria a dare attuazione alla Direttiva europea sulla conciliazione, che prevede un minimo di 10 giorni per il congedo di paternità, retribuito al pari di quello di maternità; un congedo parentale per ciascuno dei due genitori di 4 mesi, due dei quali retribuiti; 5 giornate annue di “permesso” per prestatori di assistenza nel caso di familiari gravemente malati; il diritto dei genitori di richiedere modalità di lavoro flessibile. Un obiettivo strategico per riequilibrare il peso delle cure parentali e ridurre le disparità culturali ed economiche tra lavoratori e lavoratrici.