Nel luglio 2018 il Fondo monetario internazionale svelava i dettagli dell'accordo di prestito siglato con l'Argentina, un programma da oltre 56 miliardi di dollari, che prometteva di assicurare “la sostenibilità del debito, la riduzione dell'inflazione, e una spinta alla crescita e alla creazione di lavoro, riducendo la povertà”. Quello proposto dal Fmi era un programma ortodosso, con un consistente aggiustamento fiscale che avrebbe dovuto restituire fiducia ai mercati e risolvere i guai economici del Paese. Un anno dopo però, la situazione non è quella prevista dal Fondo: l'economia argentina è ancora in recessione, la disoccupazione cresce, l'inflazione non si è stabilizzata, la sostenibilità del debito è peggiorata e la povertà è esplosa. Il tasso di povertà è passato dal 27.3% di prima dell'accordo al 32% di fine 2018.


“L'Argentina è l'ennesimo esempio di un intervento del Fondo monetario internazionale che sottostima l'impatto dell'austerità e i danni che queste politiche producono sia per l'economia che per le persone che lavorano”, è il commento di Sharan Burrow, la segretaria generale della Csi, la confederazione mondiale dei sindacati.

“E anche se l'accordo conteneva un piano di spesa vincolante per alcuni programmi di assistenza sociale – insiste Burrow – il livello di spesa fissato si è rivelato assolutamente inadeguato a proteggere realmente le fasce più deboli della popolazione dal disagio economico. Infatti, nonostante questi standard minimi, la spesa complessiva in protezione sociale è diminuita in maniera sifnificativa.

“La retorica del Fondo monetario internazionale sull'importanza della spesa sociale e degli obiettivi di sviluppo sostenibile dovrebbe essere tradotta in fatti – conclude Sharan Burrow –, al contrario i programmi di prestito attualmente continuano a promuovere le stesse dannose politiche di auserità del passato”.