Il recente attacco hacker al profilo Twitter del Mite aveva come soggetto Vitalik Buterin, programmatore e fondatore della blockchain Ethereum, considerata una delle più performanti al mondo, sulla quale transitano diverse criptovalute (la più famosa e nativa è Ether, seconda per capitalizzazione dopo Bitcoin) oltre a diversi servizi. Chiaramente non è stato il plurimiliardario russo-canadese ad aver hackerato il profilo Twitter del ministero, ma a seguito dell’attacco anche il grande pubblico è venuto a conoscenza della nuova modalità di validazione della blockchain, Merge.

Merge è un progetto pluriennale, che nasce già nel 2015, agli albori di Ethereum, ideato in un whitepaper dello stesso Buterin che teorizzava il passaggio dalle Blockchain proof of work verso il proof of stake. Che significa? Significa modificare il meccanismo di consenso, di validazione delle transazioni, ed il progetto porta Ethereum a non avere più bisogno di miners (minatori) che con potenti computer, in particolare schede grafiche, consentono di validare le transazioni risolvendo calcoli matematici; saranno invece i singoli proprietari di Merge, i quali per essa hanno investito negli anni, ad avere on stake, ossia in palio, i nuovi Ethereum che remunerano l’esatta esecuzione delle transazioni.

Questa modalità di validazione richiede dunque ad ogni utente di dimostrare il possesso di una certa quantità di valuta utilizzata come una sorta di deposito cauzionale. Con questo progetto Buterin sostiene di avere fatto il primo passo per superare il suo famoso trilemma delle Blockchain tra sicurezza, scalabilità e decentralizzazione. 

Ad esempio Bitcoin è una blockchain molto sicura (mai perforata nella sua storia), decentralizzata, ma che rinuncia alla scalabilità (ovvero alla capacità si essere sempre più performante nel tempo). Le transazioni in Bitcoin vengono registrate con tempi lunghi, fino a decine di minuti. In questo senso non deve ingannare la velocità attraverso cui il singolo investitore riesce invece ad acquistare o vendere Bitcoin con la sua app, perché in quel caso è in genere la piattaforma stessa che muove i propri criptocapitali e non si opera, di norma, direttamente sulla blockchain Bitcoin. 

Ethereum in merito alla scalabilità aveva un problema di costi. Le transazioni sulla sua chain sono storicamente le più costose, e infatti la blockchain Ethereum è assai utilizzata per transazioni di alto valore, e la più utilizzata -assieme a Solana - per movimentare gli Nft. Merge è, appunto, il primo passo verso una maggiore scalabilità della blockchain Ethereum. Essa è l’estensione della Beacon chain, la prima proof of stake, ma nelle intenzioni di Buterin il futuro sarà una nuova modalità multifase detta Sharding, che permetterà performance di scalabilità molto elevate.

In una blockchain (sistema sotteso alla transazione di asset digitali) perché un nuovo blocco sia inserito alla catena deve essere appunto controllato, approvato, validato e crittografato tramite il complesso procedimento matematico detto mining. La modalità proof of work  garantisce, tra le altre cose, che nessuno possa validare due diverse transazioni da un solo flusso proveniente da un unico portafoglio digitale (wallet), e in sostanza evita che si producano coin falsi. La complessità, il tempo e l’hardware necessario variano al fine di mantenere una quantità predefinita di criptovaluta circolante ed evitare fenomeni inflattivi o deflattivi incontrollabili.

Merge mantiene la sicurezza delle transazioni, ma anziché affidarle ad una molteplicità di nodi la accentra in un sistema mantenuto dagli utenti stessi che hanno deciso di investire in questa funzione. Sono infatti stati raccolti, fin dalla sua progettazione, delle quote di Ether che ora costituiscono una sorta di “numeri del lotto” per quanto riguarda la remunerazione della validazione.

Questa sostituzione, considerata rivoluzionaria, consentirà un risparmio energetico davvero importante. Si stima infatti che vi sarà un abbattimento di più del 99 per cento del consumo di energia, non essendo più necessario l'utilizzo di enorme potenza computazionale per il mining dei blocchi della catena.

Teniamo conto che, ad oggi, la sola Ethereum consuma 112 terawattora allanno di energia, pari al consumo di una piccola nazione europea, ma è operazione di onestà contestualizzare dicendo che anche il fintech (tecnologia finanziaria) del sistema bancario, o la produzione del bene più simile alle criptovalute, l’oro, ha un impatto simile, se non superiore, in relazione alle emissioni di CO2.

Non avere più necessità di un pc dalle prestazioni molto elevate per poter effettuare le validazioni prima degli altri miners, vista l’assegnazione casuale, apre, in qualche modo, ad una diversa composizione dei possibili investitori/miners. Non più, quindi, solo proprietari di quei supercomputer in cui lavorano molteplici Gpu (ovvero schede video che, dopo il bear market, caratterizzato da una diminuzione dei prezzi delle attività finanziarie accompagnata da aspettative pessimistiche, che dura da maggio, con l’avvio di questa nova tecnologia “rischieranno” davvero di tornare a prezzi normali).

Questo è in effetti uno degli obiettivi che gli inventori di Ethereum vorrebbero raggiungere, auspicando una maggiore partecipazione anche degli investitori istituzionali che, specie oltreoceano, già da tempo hanno iniziato a muoversi in questo mercato.

In un certo senso è però anche un incentivo a chi ha più quantità di valuta perché il nuovo algoritmo selezionerà random i “validatori” in base alla quantità di risorse possedute ed investite nel progetto. Teniamo conto tuttavia che, oggi, per partecipare al processo, è necessario possedere almeno 32 Ether, circa 50 mila euro.