Il prossimo 19 febbraio Cgil Cgil e Uil saranno in Parlamento per essere ascoltati sulle proposte di riforma fiscale elaborate unitariamente. Primo capitolo da affrontare, per le organizzazioni sindacali e non solo, quello dell’evasione. Audizione prevista dal calendario dei lavori su Nex Generation Eu e il Piano nazionale di ripresa e resilienza, perché l’Europa prevede abilitanti al Piano quattro riforme: giustizia, pubblica amministrazione, concorrenza e appunto il fisco. Non sarà un caso, allora, che il più europeista dei possibili presidenti del consiglio abbia indicato, a detta di chi ha ascoltato Draghi durante le consultazioni con le forze politiche, tra i punti programmatici prioritari proprio la riforma fiscale.

Riforma che dovrebbe andare nel solco di una minore pressione sul lavoro e di una maggiore progressività. Cosi come, per altro, previsto dall’articolo 53 della Costituzione: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Nella piattaforma unitaria delle tre confederazioni si chiede equità e progressività.

Il primo e più profondo vulnus a equità e progressività è la mole di evasione fiscale che contraddistingue il nostro Paese. Secondo l’ultimo Rapporto sulla economia non osservata mancano all’appello 110 miliardi, un po’ più della metà di quanto il Recovery Fund destina all’Italia. Ma a determinare l’effetto iniquo sul sistema è la “composizione” dell’evasione. Sempre secondo il Rapporto allegato alla NaDef 2020 e aggiornato a seguito della revisione dei conti nazionali apportata dall’Istat recentemente pubblicato, la propensione al tax gap – in ambito Irpef – è stata pari (nel 2018 anno della rilevazione) al 2,8 per cento per i redditi da lavoro dipendente (4,4 mld di euro) e al 67,6 per cento per i redditi da lavoro autonomo e di impresa (32,7 mld di euro). Vi è poi l’evasione dell’Iva (24%) e di altri tributi e accise.

Come è intuibile, l’evasione del lavoro dipendente è determinato dai dipendenti irregolari, il Rapporto, infatti, non si occupa soltanto di evasione fiscale ma anche di quella contributiva. E se la lotta all’evasione qualche frutto lo ha portato, quella contributiva è aumentata. “L’evasione tributaria e contributiva è diminuita nel 2018 di 3,1 miliardi di euro (-2,9% rispetto al 2017), la riduzione dell’evasione tributaria è pari a 3,7 miliardi (-3,9% rispetto al 2017), mentre l’evasione contributiva presenta un aumento pari a 578 milioni (+4,9% rispetto al 2017). In particolare, si registra una riduzione dell’evasione Iva di 3,7 miliardi di euro e dell’evasione Ires di circa 104 milioni di euro, nel caso dell’Irap si registra una leggera revisione al ribasso (32 milioni di euro). Per quanto concerne l’Irpef, si osserva un incremento del tax gap di circa 709 milioni di euro, di cui 111 milioni per i lavoratori dipendenti irregolari e 598 milioni per lavoratori autonomi e le imprese. Infine, si registra una diminuzione del gap da locazioni di 33 milioni rispetto al 2017”.

La seconda ragione che determina iniquità e poca progressività nell’attuale sistema probabilmente deriva da lontano. A metà degli anni '60 la Commissione per lo studio della riforma tributaria elaborò un progetto che poi fu alla fase della riforma degli anni '70. La Commissione suggerì l’introduzione dell’imposta personale sul reddito delle persone fisiche (Irpef), ma rispetto all’idea originaria, quella che venne adottata fu assai diversa. Secondo Guido Carlino, presidente della Corte dei Conti (in audizione in Parlamento): “Relativamente all’Irpef, l’obiettivo originario di una tassazione applicata al complesso dei redditi personali fu disatteso, dato che alcuni redditi furono da subito esclusi dalla progressività. Ma piuttosto che porre rimedio a questa iniziale debolezza, il tempo ne ha accentuato la tendenza, attraverso la proliferazione di trattamenti tributari differenziati per diverse categorie di reddito”. Ha aggiunto Carlino: “L’esito di questo processo è costituito da una significativa concentrazione del prelievo Irpef su poche categorie di reddito, una caratteristica che fu evidente già pochi anni dopo l’entrata in vigore della riforma”. Con buona pace, appunto, di equità e progressività.

Se possibile, con il passar del tempo, con la continua mutazione della composizione del mercato del lavoro e della diminuzione del reddito da lavoro, questo fenomeno negativo si è accentuato. Meno dipendenti e più autonomi e partite Iva, meno reddito da lavoro e più rendita hanno ridotto ancor di più la platea di chi paga le tasse sui redditi da lavoro dipendente. Secondo la Commissione europea nel 1970 era il 62% nel 2020 il 52,2. 

Se questi sono i dati, lotta all’evasione e riforma del fisco non possono che essere tra le priorità del nuovo governo. Maurizio Landini segretario generale della Cgil, nell’incontro con il presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi lo ha ribadito. Non rimane che attendere la nascita del nuovo esecutivo e la prosecuzione del dialogo aperto con le parti sociali.

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