Una persona è morta nel rogo di una baracca nel ghetto di Borgo Mezzanone, l'enorme accampamento in cui trovano rifugio migliaia di braccianti e che dista una decina di chilometri da Foggia. La vittima non è stata ancora identificata. L'allarme è scattato intorno alle 6 di mattina quando un incendio è scoppiato in un alloggio di fortuna. Quando i vigili del fuoco sono intervenuti hanno scoperto che nella baracca c'era il corpo di una persona completamente carbonizzato. Il fuoco ha distrutto anche tutti gli oggetti e il materiale utile alla identificazione dell'uomo.

Cgil nazionale: basta morti e ipocrisie
“La morte di Mohamed, il ragazzo senegalese di 37 anni bruciato questa mattina nell'incendio, così come quella di Adnan, il sarto pakistano ucciso a Caltanissetta mercoledì scorso per aver aiutato i suoi colleghi a denunciare la condizione di sfruttamento lavorativo, o, ancora, quella di Joban, il giovane bracciante indiano che ha deciso di togliersi la vita nell'Agro pontino perché non sopportava più la vita da schiavo che era costretto a condurre, sono l'evidenza di un dramma quotidiano che continua a ripetersi nel nostro Paese e che non può risolversi senza un cambiamento strutturale delle politiche sull'immigrazione e sul riconoscimento dei diritti delle persone”. È quanto dichiara il segretario confederale della Cgil Giuseppe Massafra. “Ogni giorno – prosegue – la cronaca ci consegna notizie di sfruttamento, di diritti negati, di illegalità diffusa. Ad oggi queste persone smettono di essere invisibili solo quando muoiono”. “Quante altre morti dobbiamo contare – chiede il dirigente sindacale – per capire definitivamente che serve regolarizzare la loro posizione fuori dal ricatto dei caporali e datori di lavoro, che occorre garantire loro un alloggio dignitoso che non sia una trappola mortale, che vanno garantite loro sicurezza e salute, i valori più importanti da preservare nella vita di ciascuno?” “Basta ipocrisie, a tutte le Istituzioni – conclude Massafra – diciamo che dobbiamo esprimere il coraggio che serve per cambiare la disciplina sull'immigrazione e fermare questa strage”.

Flai nazionale: "I ghetti vanno chiusi"
"Si tratta della quarta vittima morta in circostanze drammatiche, frutto di una condizione inaccettabile, come lo è vivere in alloggi di fortuna, in baraccopoli e ghetti. Al di là dell’indignazione e della rabbia per quanto accaduto, crediamo che si tratti di una ennesima morte annunciata di cui esistono i responsabili”. Lo dichiara Davide Fiatti, segretario nazionale Flai Cgil. “I ghetti vanno chiusi e trovate soluzioni abitative dignitose per i lavoratori stranieri, braccianti impegnati nelle campagne di raccolta nel nostro Paese e che hanno diritto a un salario secondo contratto e alla possibilità di vivere in condizioni di sicurezza. Borgo Mezzanone, come altri luoghi anzi non-luoghi, non sono degni di un paese civile e moderno, che non solo ha il dovere dell’accoglienza ma anche del rispetto delle persone. Persone di cui alcuni si accorgono solo quando mancano le braccia per lavorare nei campi, noi diciamo basta a tutto questo. Si applichi veramente la legge 199 - conclude Fiatti - e si mettano in atto tutte le misure, straordinarie e non, per evitare il ripetersi di simili situazioni”.

Cgil e Flai Puglia: “Trovare soluzioni abitative dignitose"
“L’ennesima tragedia a Borgo Mezzanone, l’ennesima vita di un lavoratore straniero persa nel rogo della propria baracca dopo che un simile evento si era verificato poco più di un mese fa, sono la fotografia di come il mercato delle braccia servente all’agricoltura prosegua prescindendo dall’impegno quotidiano delle associazioni, dei sindacati, da norme che dovrebbero spingere alla regolarizzazione e all’emersione. L’esistenza stessa del ghetto certifica il ruolo e il peso che ancora esercitano i caporali. È la ragione per cui abbiamo sempre denunciato come il fenomeno può essere vinto solo se aggredito complessivamente, intervento sull’intermediazione di manodopera, sull’accoglienza, sul servizio di trasporto”. È quanto affermano in una nota congiunta i segretari generali di Cgil Puglia, Pino Gesmundo, e Flai Cgil Puglia, Antonio Gagliardi, a seguito del rogo in cui ha perso la vita un ragazzo questa mattina nella baraccopoli che sorge a dieci chilometri da Foggia. “A chi in modo propagandistico e semplicistico invoca sgomberi, ricordiamo come Borgo Mezzanone o altri ghetti sono la dimostrazione che quella massa di lavoratori immigrati senza alloggio impiega pochissimi giorni a far sorgere altrove insediamenti simili. È evidente come sono insostenibili quelle condizioni, ma le istituzioni tutte – dal Governo alla Regione fino agli enti locali – da troppo tempo promettono soluzioni alternative. Siamo a ridosso dell’ennesima grande stagione di raccolta e le soluzioni messe in campo è evidente come sono insufficienti per dare risposte a tutti i lavoratori”.

Ma occorre non prendersi in giro, rilanciano Gesmundo e Gagliardi: “Chi conosce le dinamiche dei ghetti sa bene che se anche fossero attrezzate strutture per l’accoglienza, senza predisporre un servizio trasparente e possibilmente pubblico di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, varrebbe ancora il ricatto dei caporali. Chi cerca lavoro deve vivere nei ghetti per le economie che lì sviluppano, pagando il posto in baracca piuttosto che l’energia elettrica o consumando ai market e ai bar che lì sorgono. Stesso discorso senza un servizio di trasporto regolare. In questo senso va segnalato come ai tavoli della Rete del lavoro agricolo di qualità, istituiti – unica regione in Italia – in tutte le province della Puglia, non si è mai riusciti a fare passi in avanti per la melina delle associazioni datoriali, che dovrebbero segnalare esigenze e aziende per costruire una rete di trasporto mirata”. Datori di lavoro “che sono quelli che determinano queste condizioni di sfruttamento e di rischio per i lavoratori, perché nonostante gli strumenti che la normativa oggi offre continuano a ricorrere ai caporali, a sottopagare i braccianti, a non applicare i contratti, a farsi carico di vitto e alloggio come prevede la legge”. In tal senso per la Cgil e la Flai di Puglia “emergono alcuni dei limiti già segnalati della norma voluta dalla Ministra Bellanova per l’emersione e la regolarizzazione dei rapporti. Aver fissato il limite a ottobre 2019 quale scadenza del permesso di soggiorno - nonostante i disastri prodotti dai decreti sicurezza di Salvini - e a luglio per la regolarizzazione, non contemplando le esigenze legate alla vendemmia, così come i costi da sostenere che disincentivano in primis i datori di lavoro e ancora il non aver esteso ad altri settori la possibilità di regolarizzazione, sono alcuni degli aspetti che speriamo possano essere corretti con emendamenti nella discussione in aula del decreto”.

Come Cgil e Flai “continueremo a stare sui territori, a fare sindacato di strada, a tutelare e assistere tutti i lavoratori, stranieri e italiani vittime del caporalato, ad affiancarli in caso di denunce e a promuoverle direttamente, come successo a Foggia, come accaduto a Taranto, dove dalle nostre segnalazioni si è arrivati ieri a una condanna del Tribunale a 8 anni di carcere per un caporale che sfruttava braccianti rumeni. Alle istituzioni, in primis alle prefetture, chiediamo di convocare con urgenza i tavoli della Rete di qualità, al fine di organizzare al meglio i servizi per l’imminente stagione di grandi raccolte, sperando in un comportamento collaborativo da parte delle imprese. Ogni sforzo deve essere orientato a migliorare le condizioni di lavoro e di vita di queste persone che contribuiscono a fare dell’agricoltura pugliese uno dei settori fondamentali per la nostra regione, fuori da dinamiche irregolari e che alimentano economie illegali”.