Tra le pioniere della parificazione tra sport maschili e femminili, Alfonsina - ciclista professionista dal 1907 al 1936 -  è stata la prima donna a competere in gare maschili come il Giro di Lombardia e il Giro d’Italia. Giovanissima, Alfonsina comincia a partecipare a diverse gare di nascosto dai suoi genitori, ai quali mentiva dicendo di recarsi alla messa domenicale. La mamma le vieterà di continuare a gareggiare, dicendole che per continuare a correre avrebbe dovuto sposarsi e andare via di casa.

Così a ventiquattro anni Alfonsina sposa a Milano il meccanico cesellatore Luigi Strada, che non osteggia la sua passione anzi la incoraggia regalandole addirittura il giorno delle nozze una bicicletta da corsa nuova. Dopo aver preso parte a due Giri di Lombardia, nel 1924, tra mille polemiche, la ciclista si iscrive al Giro d’Italia.

“In sole due tappe - scriveva Silvio Zambaldi su La Gazzetta dello Sport del 14 maggio 1924 - la popolarità di questa donnina si è fatta più grande di quella di tutti i campioni assenti messi insieme. Lungo tutto il percorso della Genova-Firenze non si è sentito che chiedere: - C’è Alfonsina? Viene? Passa? Arriva? A mortificazione dei valorosi che si contendono la vittoria finale, è proprio così. È inutile, tira più un capello di donna che cento pedalate di Girardengo e di Brunero. (…) D’altronde a quale scopo, per quale vanità sforzarsi d’arrivare un paio d’ore prima? Alfonsina non contende la palma a nessuno, vuole solo dimostrare che anche il sesso debole può compiere quello che compie il sesso forte. Che sia un’avanguardista del femminismo che dà prova della sua capacità di reclamare più forte il diritto al voto amministrativo e politico?”. Alfonsina arriva fuori tempo massimo (quattro ore dopo il vincitore) durante la tappa L’Aquila-Perugia e viene esclusa dalla classifica del Giro.

Potrà prendere parte a tutte le restanti tappe, ma i suoi tempi non saranno stati conteggiati ai fini della classifica. Dei novanta ciclisti partiti da Milano all’inizio del Giro, solo in trenta completeranno la corsa e fra essi Alfonsina Morini Strada.

“Il diavolo in gonnella” è accolta con fiori e striscioni d’incoraggiamento e qualcuno la attende a ogni fine tappa. Alla fine della Firenze - Roma riceve in omaggio una nuova divisa da ciclista e un paio di orecchini. Un ufficiale a cavallo, inviato da re Vittorio Emanuele III, le consegna una busta con 5.000 lire.

Lo scrittore e regista Gianni Celati la descrive così nel suo breve racconto Narratori delle pianure: “Una foto d’epoca la mostra china sul manubrio d’una bici da corsa, con mutandoni fino al ginocchio, mentre passa su una strada di campagna applaudita da una fila di tifosi, i quali sono tutti scalzi. Ha un volto rotondo con grosse ossa occipitali, occhi piccoli e fronte molto larga, capelli corti tirati all’indietro; ha grossi polpacci, braccia robuste, spalle quadrate; ha un sorriso a mezzaluna tagliato ai lati dal rilievo delle guance”.

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Affermava la sportiva in una intervista rilasciata al Guerin Sportivo: “Sono una donna, è vero. E può darsi che non sia molto estetica e graziosa una donna che corre in bicicletta. Vede come sono ridotta? Non sono mai stata bella; ora sono… un mostro. Ma che dovevo fare? La puttana? Ho un marito al manicomio che devo aiutare; ho una bimba al collegio che mi costa 10 lire al giorno. Ad Aquila avevo raggranellato 500 lire che spedii subito e che mi servirono per mettere a posto tante cose. Ho le gambe buone, i pubblici di tutta Italia (specie le donne e le madri) mi trattano con entusiasmo. Non sono pentita. Ho avuto delle amarezze, qualcuno mi ha schernita; ma io sono soddisfatta e so di avere fatto bene“.

Negli anni successivi le verrà negata la possibilità di iscriversi al Giro. Lei però vi partecipa ugualmente per lunghi tratti conquistando l’amicizia, la stima e l’ammirazione di numerosi giornalisti, sportivi e appassionati di ciclismo.

A fine carriera aprirà un negozio di biciclette, continuando a pedalare fino a quando sarà troppo stanca ed il primo amore sarà sostituito da una nuova passione: una moto Guzzi 500 cmc sulla quale, a 68 anni, morirà. Così le cronache del tempo raccontano la sua scomparsa: “Era partita da casa molto presto con la sua moto per assistere alla famosa 'Tre Valli Varesine' ed era rientrata a sera. Alla portiera di casa aveva detto 'Come mi sono divertita, signora. Proprio una bella giornata. Ora porto la moto in negozio e torno in bicicletta'. Uscì. La portiera sentì che cercava di avviare la moto ma non vi riusciva. Si affacciò sulla strada per vedere: Alfonsina spingeva con forza, con rabbia sulla leva di avviamento. D’un tratto la moto le sfuggì di mano, e lei le cadde sopra come volesse abbracciarla. La soccorsero, la caricarono su una macchina per portarla all’ospedale, ma quando arrivarono era già morta per una crisi cardiaca". Alfonsina entrerà di diritto nella storia.

A lei saranno intitolate strade, parchi, libri, spettacoli teatrali e canzoni come Bellezze in bicicletta cantata dal Quartetto Cetra e Mina. “Il diavolo” diventa “regina” e nel 2010 i Têtes de Bois le dedicheranno Alfonsina e la bici, una bella canzone accompagnata da video bellissimo, interpretato nientemeno che da Margherita Hack. Una pioniera per ricordare un’altra pioniera. L’omaggio di una donna meravigliosa a una donna meravigliosa. Due donne speciali alle quali non ragazze - giovani e meno giovani - dobbiamo tantissimo.