"Il problema che ha di fronte il Paese, da almeno vent'anni, è la mancanza di una politica industriale. La crisi ha radici profonde soprattutto sulla capacità di innovare e investire. Renzi si era proposto con la parola d'ordine del cambiare verso, ma finora non l'ha fatto". È il parere di Fabrizio Solari, segretario confederale della Cgil, intervenuto stamattina a 'Italia parla', la rubrica quotidiana di Radioarticolo1 (ascolta il podcast).

"L'attuale Governo – per il dirigente sindacale –, all'atto del suo insediamento, ha posto tre assi d'intervento. il primo, da noi condiviso, l'esigenza che l'Europa, l'unico continente non ancora uscito dalla crisi, cambi politica. Il secondo, far ripartire il mercato interno e la domanda e il terzo le riforme strutturali: giustizia, infrastrutture, istituzioni, legge elettorale. Sono passati dieci mesi, ma quel che ne è uscito è un'altra cosa. Sull'Europa non abbiamo fatto passi avanti, anzi, da Bruxelles pende sull'Italia la minaccia di una manovra aggiuntiva. Sulle questioni riguardanti sviluppo e ripresa dei consumi, siamo al punto di partenza, perché se tu dai 80 euro e insieme somministri una medicina dove il lavoro manca ed è più facile perderlo, visto l'orientamento su cui si muove il Jobs act, le famiglie pensano solo a risparmiare e temono per il futuro. In tali condizioni, è ovvio che non si muove nulla, ma è esattamente questa la critica che facciamo assieme all'assenza di politica industriale". 

"Negli ultimi anni – prosegue Solari –, abbiamo cercato di risolvere i tantissimi stati di crisi: Terni, Piombino, Pordenone, sono solo alcuni dei tanti luoghi in cui il sindacato ha avuto una funzione non solo positiva, ma soprattutto ha raggiunto intese. Se Renzi provasse a ragionare, forse potrebbe persino intuire che la scelta della collaborazione con il sindacato nel trovare le soluzioni a situazioni particolarmente complicate è la migliore. Dal punto di vista della direzione politica che il governo ha assunto, invece, stiamo andando in un altro senso. Per questo, lo sciopero generale è la risposta necessaria, in un Paese in cui aumenta la differenza tra ricchi e poveri, dove la dote finanziaria detenuta dalle famiglie è la più alta di sempre, 4.000 miliardi, il doppio del debito pubblico; peccato che questo enorme tesoro, cresciuto anche negli anni della crisi, è assolutamente squilibrato, il 10% delle famiglie ne possiede la metà: se non si opera su tali elementi di fondo, la ripresa non ci sarà mai". 

"Renzi ha un'allergìa di fondo solo verso il sindacato – osserva ancora l'esponente Cgil –, perché con gli imprenditori ha un rapporto diretto, non mediato neppure da Confindustria. Concordo sulla distinzione dei ruoli, che il sindacato debba fare il sindacato, che le leggi le faccia il Parlamento, che il governo abbia il dovere di fare le scelte utili per il Paese. Ma il punto non è questo; è se ci sia il rispetto di tutte le rappresentanze democratiche esistenti. Per quanto ci riguarda, la nostra storia lo dimostra, ci siamo sempre occupati, ogniqualvolta ce n'è stato bisogno, dei destini nazionali, non solo degli interessi che rappresentiamo legittimamente. in questa fase poi, c'è un problema specifico: siamo immersi in una crisi profonda ed è assolutamente indispensabile fare il possibile per cambiare verso per davvero, perché se non si crea lavoro non ci sarà futuro per il Paese".

Passando alle singole vertenze, Solari ha parlato innanzitutto di Terni, diventata un po' la città simbolo della crisi degli ultimi anni, ma anche della possibilità di dare nuove speranze al futuro: "Per quella città, Ast è stata una vertenza complicata e difficile, che ha lasciato sul terreno diverse cose, a partire dal fatto che pur senza licenziamenti lì l'occupazione si è ridotta. A Terni siamo partiti da un punto fermo: i due forni devono rimanere accesi e la capacità produttiva di quello stabilimento non deve essere tagliata. Dopodichè, c'è tutto il resto da fare, con un piano di intervento di quattro anni che dovremo verificare giorno per giorno. Non c'è dubbio, però, che quella è la scelta giusta, perché arrendersi all'ineluttabilità di perdere lavoro e chiudere stabilimenti è esattamente il male dell'Italia. Abbiamo chiuso il 25% degli insediamenti produttivi negli ultimi anni, così non si va da nessuna parte".

Il segretario confederale si è poi soffermato sul caso Ilva. "Quello che sarebbe assolutamente indispensabile per il polo siderurgico di Taranto è ovviamente mantenere il sito produttivo e quindi il lavoro, sciogliendo tutti i nodi ambientali che ne hanno caratterizzato la profonda crisi. Ciò è fattibile con il capitalismo nostrano? Temo di no, e da questo punto di vista sono d'accordo con quanto dice il Governo circa la possibilità di un intervento pubblico per salvare l'azienda. Dopodichè, quale sarà la proprietà lo vedremo. Com'è stato evidente anche nella vicenda Alitalia, dove si sono dovute scomodare Poste italiane per favorire un investimento in quell'azienda, forse uno strumento d'intervento organico nell'economia da parte del pubblico magari ci dovrebbe essere e sarebbe bene pensarci". 

"Sul nuovo piano di dismissioni di quote di partecipazione statale per grandi gruppi come Fs, ma anche all'intervento ipotizzato sulle municipalizzate, le aziende di servizi pubblici locali, per larga parte in mano ai comuni, il tratto fondamentale della politica nazionale è 'vivi giorno per giorno', per cui si pensa alla privatizzazione di quel poco che è rimasto in mano pubblica – ha concluso Solari –. Anziché a un'opera di razionalizzazione, si punta sostanzialmente a fare cassa, ma prima o poi bisognerà pur discutere del domani e non solo dell'oggi".