“Chiediamo una buona politica che non scarichi gli effetti della globalizzazione sugli ultimi, che guardi alle persone prima che agli interessi della finanza e dei mercati. Questo è quello che chiediamo al G7 di Bari”. È quanto afferma il segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo, a commento del vertice dei ministri dell’Economia che prende il via oggi nel capoluogo pugliese.

“Va affrontata la povertà e l’instabilità di quei Sud del Mondo che spinge inevitabilmente sui paesi più sviluppati le criticità legate ai grandi e inevitabili flussi migratori – aggiunge Gesmundo -. Così come la condizione economica e sociale del Mezzogiorno d’Europa e d’Italia e il divario con il resto del Paese e del Continente continuano ad essere questioni irrisolte. A livello nazionale la Cgil ha sempre pensato che gli interventi per le regioni del Sud vadano collocati in una strategia politica nazionale ed europea, per un rilancio dei settori produttivi e dentro un rinnovato patto di cittadinanza. Invece abbiamo assistito a interventi spesso scollegati e a politiche di austerity che hanno prodotto un arretramento dello Stato sulle tutele sociali”.

Proprio la recessione si è fatta sentire con effetti più forti nel nostro Paese in quei territori che presentavano debolezze strutturali storiche. È il caso della Puglia, “che seppur hanno indirizzato la spesa dei fondi strutturali - anche grazie al tavolo del partenariato sociale - verso investimenti innovativi e a sostegno dell’occupazione, hanno solo potuto attutire in parte gli effetti recessivi. E gli indicatori statistici dei diversi istituti nazionali, dall’Istat allo Svimez, rendono plastica la condizione difficile che vive il sistema produttivo e l’uragano che si è abbattuto sul mondo del lavoro. Non può essere lo zero virgola in più di Pil o l’aumento di lavoro precario legato a particolari condizioni favorevoli per le imprese a segnare una svolta, o a consentire di recuperare gli oltre centomila posti di lavoro persi dal 2008 nella nostra regione”.

Per la Cgil “vanno seriamente analizzati gli elementi di debolezza, a partire da un’analisi critica delle politiche messe in campo in questi anni. Provare a rendere competitivo sui mercati il sistema delle imprese comprimendo diritti e salari è risultato fallimentare. Chi sceglie di non investire al Sud lo fa non per il costo del lavoro ma perché mancano aree e servizi attrezzati, perché c’è un gap infrastrutturale, perché c’è una criminalità invasiva. Allo stesso vanno messi a valore ed esaltate tutte le potenzialità, dal comparto agroalimentare ai settori della meccatronica e nell’industria aerospaziale, dall’industria farmaceutica e biomedicale al turismo”.

Cosa manca allora perché queste energie positive si trasformino in sviluppo e occupazione? “Un disegno organico, maggiore attenzione alla qualità del lavoro, alla qualità della spesa delle risorse disponibili a partire dai fondi strutturali. Occorre investire in infrastrutture materiali e immateriali, sulla formazione, su ricerca e innovazione, su reti di solidarietà e politiche della salute, sulla messa in sicurezza del territorio e la piena valorizzazione delle risorse ambientali e culturali”.

Per il segretario della Cgil Puglia “si deve uscire dalla rassegnazione e dallo stereotipo che guarda al Sud come inemendabile. Ma serve la buona politica a partire dalle nazioni del G7, che non scarichi gli effetti della globalizzazione sugli ultimi, che guardi alle persone prima che agli interessi della finanza e dei mercati. Questo è quello che chiediamo al G7 di Bari al quale parteciperanno i ministri dell’Economia, questa è l’stanza che speriamo possa rappresentare il nostro Governo e il nostro ministro al vertice, che nello scegliere Bari riconosce alla Puglia e al suo capoluogo un ruolo importante nello scenario del Mezzogiorno d’Italia e dell’Europa”.