I sindacati lo definiscono un terremoto quello in corso alla Novem Car Interior di Bagnatica, provincia di Bergamo, dove la metà del personale, circa 60 addetti su 115, rischiano il posto. Alcune linee produttive saranno trasferite in Slovenia, nel sito resteranno solo assemblaggio e spedizione.

I dettagli del forte impatto sull’occupazione nello stabilimento bergamasco sono stati comunicati ai sindacati il 21 gennaio, dopo che già nel 2020 alcuni esuberi erano stati gestiti con esodo volontario e cassa integrazione. Ora arrivano altri tagli per la delocalizzazione all’estero di parte della produzione: l’intenzione del gruppo è quella di trasferire nello stabilimento di Žalec in Slovenia i processi produttivi di carteggio-legno, lucidatura, verniciatura, fresatura e iniezione PUR.

"Contro questa decisione domani, 28 gennaio, scatta la protesta: Fillea Cgil e Filca Cisl di Bergamo - si legge nel comunicato - hanno proclamato 8 ore di sciopero con un presidio davanti ai cancelli dell’azienda, dalle 6 a mezzogiorno. Alle 10.00, sul posto, incontro con i giornalisti per una conferenza stampa".

“Siamo consapevoli della situazione di forte rallentamento che sta vivendo il settore dell’automotive in Europa, e, in modo particolare in Italia, una situazione poi aggravata dall’emergenza sanitaria da Covid-19. Ma questo non significa che permetteremo che una realtà come quella di Novem venga dimezzata nel numero di lavoratori, magari rischiando, fra 3-4 anni, di scomparire del tutto dal territorio provinciale”, hanno detto oggi Luciana Fratus della Fillea e Massimo Lamera di Filca provinciali. “Non condividiamo le scelte del Gruppo. Pensiamo, invece, che siano urgenti da parte aziendale iniziative utili a fare in modo che lo stabilimento bergamasco resti uno dei punti di eccellenza per qualità del lavoro all’interno della galassia Novem. Come abbiamo scritto in una lettera indirizzata al ceo del Gruppo, Günter Brenner, crediamo debbano essere fatti investimenti produttivi strutturali importanti e di ricerca e sviluppo, utilizzando risorse interne e anche pubbliche, magari attraverso il Recovery Fund. Per sostenere la crescita della produttività, il decreto rilancio del Governo ha già messo a disposizione delle imprese altri fondi per fronteggiare questo momento particolarmente complicato. In secondo luogo, crediamo sia strategica la scelta di convogliare presso lo stabilimento di Bergamo commesse di clienti diversi da Fca, come già in passato è stato fatto”.

Già lo scorso anno l’azienda aveva annunciato una trentina di esuberi e in 18 avevano scelto l’esodo volontario. Era stato avviato un contratto di solidarietà poi sospeso per l’utilizzo della cassa integrazione covid. “In quei mesi come organizzazioni sindacali e Rsu avevamo subito aperto un confronto con le istituzioni italiane affinché fossero riconosciuti ammortizzatori sociali in attesa di nuovi progetti da acquisire”, proseguono i due sindacalisti. “Inoltre, responsabilmente avevamo gestito con la dirigenza italiana una procedura di mobilità volontaria per dare un futuro più certo a chi sarebbe rimasto. Ora invece arrivano altri esuberi”.