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Mondi digitali

Un Patto sociale per i Big Data

Massimo Mensi
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La pandemia ha diviso la società in due mondi, quello digitale in piena espansione e tutto il resto che rischia di rimanere escluso dallo sviluppo delle conoscenze. E' giunto il momento di nuove politiche pubbliche che evitino la frattura e diano diritti anche ai digital workers. I dati possono essere usati per creare valore sociale e nuove forme di cooperazione

L'emergenza pandemica tra i suoi tanti effetti negativi ha dimostrato di funzionare come un reagente chimico e ci ha mostrato quali lavori resisteranno in futuro e quali rischiano di essere spazzati via.  Come hanno fatto notare alcuni osservatori, c'è il rischio che, non solo un mercato del lavoro, ma un'intera società futura, rimanga divisa in due diverse parti separate: un mondo, quello digitale, con prospettive, opportunità e conoscenze. Un altro mondo, quello analogico, che rischia di essere emarginato e privato di ogni prospettiva.    

I cittadini del mondo digitale hanno potuto continuare a lavorare durante questo ultimo drammatico anno e in condizioni di sicurezza, magari restando a casa, serviti di infrastrutture, dispositivi e conoscenze. Al contrario, chi è rimasto all'interno dell'economia analogica o lavora in settori che richiedono la presenza fisica, come ad esempio gli operatori sanitari o dei servizi, non ha goduto delle stesse opportunità e nella maggior parte dei casi ha potuto continuare a lavorare solo esponendosi al rischio del Covid 19.  Per essere in grado di affrontare un mondo digitale, si ha bisogno di conoscenza e competenza, di un'istruzione e processi di apprendimento che non possono rispondere alla sola esigenza momentanea. Sono sempre più vitali politiche di transizione che rendano reale e concreta la volontà di non lasciare nessuno indietro ed evitare di riprodurre i fallimenti dei modelli “vecchi” analogici e del passato. Il fattore tecnologico non può essere un elemento riproduttivo e amplificante delle disuguaglianze. I modelli di business sono sostenibili se mettiamo al centro l'individuo in tutte le dimensioni:  lavoratore - persona - consumatore, in poche parole, un modello socialmente sostenibile di moderna società democratica. Finora la digitalizzazione e le tecnologie si sono evolute più velocemente delle leggi e delle politiche nazionali e internazionali e in questo spazio, si sono creati dei vuoti dove i grandi attori digitali privati hanno operato in modo oligopolistico e definito le nuove regole del gioco.

È giunto il momento di attuare politiche pubbliche, che Governi e Parlamenti diano forma a questo nuovo mondo, nell'interesse generale e con un approccio inclusivo e cooperativo. Sono politiche urgenti perché non possiamo escludere dai diritti e dalla loro dignità, i cosiddetti “lavoratori digitali” solo a causa della complessità che si incorre nella definizione del loro status o per l'assenza di un quadro giuridico rispettoso della natura universale dei diritti che meritano.  Il dialogo sociale e la contrattazione collettiva possono ancora una volta dare le risposte e le soluzioni in questa realtà così dinamica. I rider, le lavoratrici e i lavoratori di Amazon, così come la forza lavoro delle piattaforme digitali, freelance e non, indipendentemente dalle loro competenze e mansioni, sono i “gli” invisibili governati, indirizzati e controllati da altrettanto invisibili algoritmi. Ecco che assume ancora più forza la necessità di un Patto sociale per i Big Data, volontà richiamata anche dal recente rapporto della Banca Mondiale del 2021; un patto per stabilire una carta universale dei diritti per chi vive e lavora nella società digitale, al di là dei confini politici e geografici: Il digitale non ha limiti spaziali.    

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L'Unione europea si pone per la prima volta il problema di introdurre una regolazione del grande mondo del digitale. Positivo che si parli della difesa dei diritti dei consumatori, ma il lavoro non può rimanere fuori dalle norme. Gli algoritmi determinano prima di tutto le prestazioni lavorative. Il modello deve essere anche oggetto di contrattazione

Essa potrebbe consentire l'uso e il riutilizzo dei dati per creare valore economico e sociale, promuovere opportunità eque di beneficiare dei dati, e promuovere la fiducia dei cittadini/lavoratori/consumatori che i loro diritti e le loro vite non saranno danneggiati dall'uso improprio dei dati che forniscono. Un primo passo importante è stato fatto a livello europeo con il Dga, il Data Governance Act, atto col quale l’Unione ha deciso di costruire un proprio modello di governance dei dati, alternativo a quello delle grandi multinazionali dell’high tech e fondato su principi della propria tradizione, che è caratteristica  e forse un limite per quanto affermato prima: il digitale non ha perimetri geografici. Parafrasando Goethe, che affermava "Si è detto che i dati governano il mondo. Forse è così. Ma sono sicuro che i dati ci mostreranno se è governato bene o no".