Una manovra di rinvii, annunciata per la crescita, un po’ in continuità e un po’ da scoprire. Le aspettative sul G20, tra clima impazzito e necessità di vaccinare il resto del mondo: ma come? Un po’ di carità o la sospensione dei brevetti? Intanto la società civile rivendica diritti. E anche in Italia, lentamente, la curva dei contagi risale.

Prime pagine
Molto simili le aperture dei quotidiani oggi in edicola. La notizia del giorno, come è inevitabile che sia, è la manovra di bilancio approvata ieri dal Consiglio dei ministri. “Draghi: Una manovra per la crescita. Via a Quota102, tagli fiscali e superbonus”. Così recita Il Sole 24 Ore. Il Corriere della Sera, invece, titola: “Tagli alle tasse per 12 miliardi”. Nel sommario: “Draghi illustra la manovra: pensioni, Quota 102 per un anno. Sindacati pronti alla mobilitazione”.

“Tasse, 12 miliardi di tagli per tornare a crescere” questo il titolo de La Repubblica che spiega: “Varata la manovra: trenta miliardi l’anno per tre anni. Scontro in Consiglio dei Ministri sul Rdc e bonus ai diciottenni. Il premier: 'Crescita oltre il 6%, non mi aspetto sciopero dai sindacati'. Nodo balneari, rinviato al ddl Concorrenza”.

“Reddito, l’ora dei controlli. Taglio delle tasse sul lavoro”, questa la scelta de Il Messaggero e La Stampa: “Draghi: giù le tasse per 12 miliardi”. Taglio diverso quello adottato da Il Fatto Quotidiano: “Reddito a Confindustria e aumenti a sindaci & C.” Infine –  con foto notizia di Letta e Renzi che non si guardano – su Il Manifesto campeggia il titolo: “La rotta del colle”. Nel sommario: “Sconfitto sul disegno di legge Zan, il Pd si scopre in minoranza nella corsa per il Quirinale. Letta certifica la rottura a tutto campo con Renzi, che già tratta con Salvini. Destra unita al nastro di partenza. Nelle piazze di Milano e Roma intanto esplode la protesta".

Le interviste
Carlo Cottarelli
, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università cattolica, conversa con La Stampa e riflette sulla manovra: “La visione è quella di un rientro graduale dopo l’enorme sostegno dato alla finanza pubblica. L’economia si sta riprendendo e si vuole scongiurare il rischio di togliere troppo presto questo supporto”. Sulle tasse afferma: “È il primo stadio della riforma fiscale, di cui ancora non si sa molto. Questi 8 miliardi verranno utilizzati per abbassare l’Irpef, evitando i salti degli scaglioni, e per ridurre l’Irap, di cui tutti ormai vogliono l’abolizione. Dobbiamo esser chiari: quando si taglia il cuneo fiscale a beneficio dei lavoratori poi la ripartizione di questo taglio dipende dai contratti che vengono fatti dalle imprese. Qualcuno potrebbe dire che siccome c’è stato un calo delle tasse, allora l’aumento di stipendio sarà più basso. È la contrattazione tra le parti che determina chi beneficia di un taglio delle imposte. Nell’immediato, è ovvio, sono i lavoratori che ne beneficiano, però al prossimo round salariale sarà la contrattazione che determina come quei soldi verranno effettivamente distribuiti”. Sulle pensioni Cottarelli sostiene: “Si potrebbe dire che tra un anno si tornerà alla situazione pre Quota 100. In realtà, il governo vuole discutere un nuovo assetto e questo ha tranquillizzato i sindacati. È una legge di bilancio che rinvia diversi interventi a una discussione successiva per evitare scontri... Si prolunga di una anno l’incertezza. Vedremo che governo ci sarà: tutto ruota attorno a questa incertezza su quanto Draghi rimarrà a fare il presidente del Consiglio. Io credo sarebbe utile se rimanesse fino al 2023”.

Da un annuncio a un altro è il turno del ministro Colao che a pagina 9 del Corriere della Sera dice: Dal 15 novembre per avere un certificato anagrafico non servirà più andare allo sportello: basterà sedersi al computer e scaricarlo. Senza nemmeno pagare il bollo che in qualche caso arriva fino a 16 euro”. In sostanza il ministro dell’innovazione illustra a Daniele Manca quanto su questo versante già si è fatto è quanto si sta facendo: “Abbiamo già 24 milioni di carte di identità elettroniche. Non le sfuggirà che ci sono anche 25 milioni di italiani che usano lo Spid”. Per quando riguarda la sanità Colao risponde: “Abbiamo una situazione disomogenea: una parte del Paese è più avanti persino rispetto ad alcune nazioni europee, un’altra arranca. E il tema è fare in modo che regioni più lente accelerino per raggiungere quelle più avanti. Per questo insieme al ministro Speranza e alle Regioni abbiamo avviato due iniziative importanti: l’architettura per i dati sanitari e le piattaforme per la telemedicina. E vogliamo che tutte le regioni ne beneficino in due-tre anni”. Ma c’è l’incognita della rete, forse si parla del futuro?: “No – risponde ancora Colao – perché a gennaio partiranno le gare per collegare 6,2 milioni di case con la fibra. E qualche settimana dopo le gare per sostenere e accelerare il 5G”. La conclusione della conversazione sembra un bagno di ottimismo, la domanda è chiara, si parte verso? E la risposta è netta: “Verso un Paese più innovativo, non solo più moderno. Verso la possibilità di imparare, lavorare e vivere meglio, con più opportunità per tutti ovunque in Italia”.

Diverse, poi, le interviste che riflettono ancora sull’affossamento del Ddl Zan. Poco si parla del merito, molto delle “ragioni politiche” che hanno sortito questo risultato. Giovanna Casadio de La Repubblica intervista Simona Malpezzi, capo gruppo Dem al Senato: "La strada intrapresa è stata l'unica possibile: la fermezza dell'inizio ci ha consentito di calendarizzare il testo Zan prima in commissione, dove era sepolto, poi di liberarlo dal numero di audizioni e quindi di portarlo finalmente in aula dove non sarebbe mai arrivato. Non c'era da parte del centrodestra alcuna volontà di approvare una legge contro l'omotransfobia, tanto che si sono opposti a questi passaggi. Il Pd ha quindi aperto al confronto, ma è parso evidente che le destre non avrebbero mediato. Le immagini di esultanza sguaiata e scomposta, dopo il voto di mercoledì, hanno dimostrato che non avevano alcuna intenzione di dare al Paese una legge contro i crimini d'odio. Del resto le parole del leghista Roberto Calderoli sono state una dichiarazione d'intenti anche pregressi. Ha detto: "Meglio chiuderla qui, perché da questo Parlamento uscirebbe solo una porcata". Se questa era l'opinione tra le file del centrodestra, altro che mediazione!". Sollecitata da una domanda, la dirigente politica sostiene: “"Il rinvio non avrebbe portato a un diverso scenario. Tuttavia ci siamo detti disponibili anche al rinvio, se avessero tolto di mezzo la "tagliola". Questo avrebbe dato a noi la garanzia di mediazione sul ddl Zan". Infine su Italia Viva: "È stato molto brutto ascoltare gli interventi in aula dei senatori di Italia Viva. È stato brutto leggere i loro comunicati precedenti e successivi al voto sulla 'tagliola'. Sono dispiaciuta perché ho sempre visto Iv come forza politica che ha sostenuto il ddl Zan alla Camera, tanto che la ministra Elena Bonetti ha contribuito in prima persona a scrivere l'articolo 1. Mi spiace che al Senato i renziani abbiano cambiato idea. È da lì che il ddl Zan ha cominciato a indebolirsi, molto prima del voto dell'aula".

Sullo stesso argomento è possibile leggere Antonio Tajani a pag. 2 del Corriere della Sera; Maria Elena Boschi su Il Giornale; Paola Taverna su Il Fatto Quotidiano; Luigi Zanda su Il Foglio

Editoriali e Commenti
“Le dichiarazioni in favore delle donne e dei giovani – i più penalizzati dalla pandemia: disoccupazione, precarietà, inattività –, nella riflessione che accompagna il varo del Documento Programmatico di Bilancio per il 2022, si sprecano. Ma poi per quanto riguarda una maggiore tutela pensionistica ci si dedica piuttosto a costosi interventi “a pioggia” (le quote) e invece ben poco a misure di cui appunto possano beneficiare le donne e i giovani”. Così esordisce Laura Pennacchi su Il Manifesto. E prosegue l’economista: la prospettiva va dunque rovesciata: non “alimentare la crescita sperando che ne scaturisca lavoro”, ma “creare lavoro per attivare la crescita, cambiandone al tempo stesso qualità e natura”. Non ci si può limitare a ricorrere prevalentemente a misure incentivanti volte a stimolare indirettamente la generazione di lavoro (incentivi fiscali, decontribuzioni, bonus, trasferimenti monetari, riduzioni del cuneo fiscale, ecc.), ma occorre adottare “piani diretti di creazione di occupazione” facendo di “programmazione” e ”capacità progettuale” le vere parole chiave.

Per Pennacchi si potrebbe cominciare “condizionando” alla finalità della generazione di occupazione addizionale la mole di risorse che il Documento Programmatico prevede di erogare alle imprese in modo incondizionato: 4,1 miliardi di euro per il rifinanziamento del pacchetto 4.0, 2 miliardi per il caro bollette, almeno 3 miliardi per la riduzione dell’Irap, 1,9 miliardi di cancellazione del contributo unico per l’assegno al nucleo famigliare, ecc., e tutto ciò dopo che nei due anni pandemici 2020-2021, dei 180 miliardi di euro erogati per far fronte all’emergenza, 100 miliardi sono stati destinati alle imprese e alle famiglie e solo 40-50 al lavoro.

Il secondo profilo è strettamente connesso al precedente: data la relazione di “specchio” tra percorsi lavorativi e situazione pensionistica accentuata dal sistema di calcolo contributivo. Se si è lavorato per periodi limitati (magari per non respingere il desiderio di maternità/paternità che dovrebbe essere considerato una funzione sociale), con retribuzioni più basse, con ripetuti intervalli tra lavoro e non-lavoro, in condizioni di precarietà, al momento del ritiro la pensione che ne risulta non può che essere esigua, con il rischio per i più giovani che non raggiungano mai la soglia contributiva minima necessaria ad andare in pensione.

Per questo, nell’attesa che un Piano per la creazione di occupazione faccia maturare le condizioni per cambiamenti radicali, nell’immediato va istituita una “pensione di garanzia” per i giovani, una nuova forma di integrazione al minimo con un importo garantito variabile con la durata dell’attività e l’età del ritiro, che non costerebbe nulla nei prossimi anni e manifesterebbe un (limitato) aggravio sui conti pubblici solo a partire dal 2040 (quando la “gobba” della spesa pensionistica sarà stata quasi azzerata per l’entrata a pieno regime del sistema contributivo).

“La crisi demografica rischia di mettere una pietra definitiva sull’Italia” In questa affermazione c’è il senso di un lungo ma interessantissimo articolo del sociologo Alessandro Rosina pubblicato a pag. 21 de Il Sole 24 Ore:"Il futuro possibile è quello che l’Italia adotta misure efficaci a favore dei percorsi formativi e professionali delle nuove generazioni e politiche familiari sia allineate al meglio delle migliori esperienze europee, sia integrate con le politiche di sviluppo del paese nella nuova fase post pandemia... L’esperienza di altri paesi europei mostra, del resto, che dove migliora la valorizzazione di tali componendi nel mondo del lavoro, in combinazione con ben mirate e calibrate politiche abitative e familiari, si mettono i cittadini nelle condizioni di realizzare i propri progetti di vita migliorando le proprie condizioni di benessere e diventando parte attiva di processi di sviluppo sostenibile”.

A pag. 35 de La Repubblica, Francesco Manacorda “legge” positivamente la manovra appena varata: ma non è che l'Italia sta diventando per caso o per necessità un Paese normale? A sentire ieri sera la conferenza stampa di Mario Draghi e dei suoi ministri qualche sospetto poteva sorgere. Nessun proclama di aver sconfitto la povertà alla maniera dei 5 Stelle - e nemmeno un balcone per annunciare la lieta novella, a dire il vero - ma la secca constatazione che per quanto riguarda il Reddito di cittadinanza "è chiaro che il sistema precedente non ha funzionato" e che finora chi lo percepisce ha avuto "un incentivo ad accettare il lavoro in nero e non in bianco". Il fischio finale per Quota 100 - non esattamente un successo popolare: in circa due anni 11 miliardi di spesa pubblica e meno di 350 mila persone che ne hanno usufruito, costate oltre 30 mila euro a testa - che per la Lega sembrava la partita della vita. Al suo posto l'asciutta ma radicale informazione che "l'impegno del governo è tornare in pieno al contributivo", ossia al meccanismo in cui ciascuno riceve da pensionato quel che ha versato nella sua vita lavorativa. Sì al superbonus per il miglioramento energetico delle abitazioni, ma favorendo condomini e case popolari rispetto a ville e villette; stop al meccanismo del cashback, che favoriva chi poteva spendere di più. E poi un sistema di "riordino della spesa sociale con una riforma universalistica che vedrà tutti i lavoratori coperti" se dovessero perdere l'impiego e una promessa di taglio delle tasse che potrebbe far impallidire qualche ex premier che pure si presentavano in anni lontani "con il sole in tasca": "Dodici miliardi quest'anno e quasi quaranta miliardi nel triennio".

Parecchio economista nell'anima ("tecnicamente si tratta di un'imposta negativa al 100%", è il lapidario commento sul divieto di integrare il Reddito con un lavoro). Parecchio disponibile alla trattativa sui tagli alle tasse come sul percorso per le pensioni ("Non mi aspetto uno sciopero generale dei sindacati. Mi parrebbe comunque strano vista la disponibilità del governo a ragionare nelle prossime settimane"), non è dato sapere se per convinzione o necessità. Parecchio pragmatico, fino a ipotizzare una sorta di modello Ikea ("avere un formato standard per la costruzione delle scuole progettato da grandi architetti e che i Comuni potranno usare") nell'Italia dei cento campanili, ognuno ovviamente contento e convinto di essere diverso da quello vicino. Parecchio Draghi, insomma, nella manovra che ieri sera consegna all'Italia e - particolare non indifferente - all'Europa. Il tutto guidato da un principio che spiega lui stesso: "Crescita, equa e sostenibile, ma che sia crescita".

Pietro Garibaldo, pag. 29 de La Stampa, commenta la manovra. Sulle tasse sostiene: “L’attesa più importante di molti cittadini è quella legata alla riduzione delle tasse per circa 12 miliardi, attualmente accantonati in un fondo del quale non si conoscono ancora i beneficiari. Sulle pensioni afferma: “In termini previdenziali, per il 2022 si passa da Quota 100 a Quota 102. Si potrà quindi andare in pensione con 64 anni di età e 38 di contributi. Non è una riforma della previdenza, ma una misura tampone che rimanda di un anno il rischio di un rapido aumento dell’età pensionabile per le generazioni nate attorno al 1958”. Infine sugli ammortizzatori sociali: “Il Governo destina poi circa 3 miliardi di euro per la riforma degli ammortizzatori. Rispetto alle aspettative, si è forse partorito un topolino, poiché con 3 miliardi di euro difficilmente si potrà mettere ordine al complesso sistema degli ammortizzatori sociali che in Italia frastagliato e iniquo penalizzando i giovani precari”. Infine il Reddito di cittadinanza: “Il Governo ha poi annunciato una stretta sul Rdc. Il provvedimento introdotto dal primo Governo Conte ha contribuito a ridurre la povertà, ma sappiamo che anche generato fastidiosi abusi. In aggiunta, non è servito a facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Questo non deve stupire, poiché era quasi impossibile che con un sussidio di ultima istanza – quale è il Reddito di cittadinanza – si potesse risolvere lo storico problema della distanza tra domanda e offerta di lavoro”.

Infine, Carlo Galli (pag. 35 de La Repubblica) riflette sull’affossamento del Ddl Zan provando a ragionare al di là dei tatticismi politici, che pure hanno inciso e molto nella vicenda parlamentare: “Certo, con il brusco allontanamento del ddl Zan dal novero dei problemi urgenti, si sono viste le prove di ridefinizione del quadro politico in vista delle elezioni del Presidente della Repubblica, e anche delle politiche che prima o poi seguiranno; si è constatato il progressivo allontanamento di Renzi dal Pd e dal centrosinistra, oltre che la mancanza di compattezza del M5S; si è capito che la strada per arrivare al nuovo Capo dello Stato potrebbe essere tanto più lunga e tortuosa quanto più i partiti sono deboli e incerti, e le strategie dei loro leader contestabili. Ma si è anche assistito a un confronto fra ideologie: che a dispetto di quanto corrivamente si crede, non sono morte; semmai, si sono spostate dal terreno socio-economico a quello bio-politico.

L'intento di colpire specificamente l'omo-transfobia è declinato, nel ddl, in una chiave politica: ovvero vi si sottolinea che la vita, la dignità e i diritti delle persone tutelate sono di pubblico interesse, tanto che la loro lesione è un "crimine d'odio". Il ddl apre anche la porta, sia pure in via indiretta, all'ideologia gender, la cui essenza è politica. Infatti, il nucleo più radicale delle sue formulazioni è che la civiltà occidentale è socialmente e culturalmente strutturata e istituzionalizzata in senso duale, binario, cioè intorno a due soli generi (maschile e femminile), che sono anche identità esistenziali e comportamentali. A tale struttura binaria si oppone il diritto di libera scelta individuale del genere (e in alcuni casi anche del sesso, e sempre della sessualità e dell'affettività): si afferma così una fluidità indefinita delle identità, che dovrebbe frammentare la struttura binaria vigente.
Al di là del fatto che una parte del femminismo è ostile alle teorie gender perché, proiettate verso il superamento della logica binaria, rischiano di trascurare la presente disuguaglianza economica e sociale fra uomini e donne, alla (legittima) ideologia del ddl se ne è opposta un'altra - del centro-destra nella sua versione laica e moderata (distinta quindi dalle posizioni reazionarie e intolleranti, che sottotraccia sono pure rilevabili) - . Qui si considerano i problemi di genere come questioni individuali, come casi eccezionali rispetto alla normalità, e le persone coinvolte come soggetti da tutelare nei loro diritti, ma da non considerare come leva per mettere in discussione l'assetto della società. Sullo sfondo - discreta ma ferma, affidata alla Congregazione per la dottrina della fede - , c'è poi la posizione ufficiale della Chiesa fondata sulla Bibbia ("maschio e femmina li creò", dice la Genesi): l'essere umano naturale, nei due sessi e nei due generi, è immagine di Dio, e quindi portatore di una essenza e di una dignità immodificabili. A questa posizione la Chiesa ha richiamato i politici cattolici.

Insomma, uno scontro ideologico, e non da poco. Ma a questo lato si è dato poco peso, in aula e nei media, come se la tattica politica fosse più importante, e il conflitto delle idee fosse in sé temibile o disdicevole. Mentre è ovvio che tutto sta nella qualità delle idee, e nei modi del confronto: lo dimostra il livello, quasi sempre desolante, di un altro scontro ideologico bio-politico in atto, quello tra No Vax e No Pass, da una parte, ed establishment politico-scientifico, dall'altra. Semmai, ci sarebbe da chiedersi come mai sul lavoro - il fondamento costituzionale della Repubblica - e sul suo ruolo attuale (le pensioni, sulle quali il conflitto c'è già, sono altra cosa) tarda invece ad aprirsi un confronto politico e ideale: un confronto, s'intende, che sia nuovo, all'altezza dei tempi, ma che renda alla politica il suo antico spessore, la qualità di cui ha bisogno”.

Economia lavoro e sindacato
Scrive Andrea Colombo su Il Manifesto: “Più che illustrare una legge di bilancio ieri Mario Draghi ne ha elencato i titoli e gli obiettivi. Per il resto tutto è rinviato a date da destinarsi. Qualcosa si capirà presto, perché una scelta su cosa fare con gli 8 mld destinati all’intervento sul fisco (più 4 invece già allocati) andrà fatta entro i prossimi mesi. Qualcosa invece resterà incerta più a lungo, perché i tempi del dialogo sulle pensioni si prolungheranno ben oltre l’approvazione della legge di bilancio. In ogni caso è evidente che buona parte delle scelte davvero rilevanti, non solo su fisco e pensioni ma anche sul rimaneggiamento che promette di essere radicale del RdC sono state rinviate.

Non è questo il primo governo che punta sul rinvio. Conte, anzi, aveva portato quella strategia a livelli quasi patologici. Però è la prima volta che lo fa Mario Draghi. Così come è la prima volta che il premier Draghi svicola dai problemi negandone l’esistenza, altra abitudine non proprio lodevole della politica italiana. Sentir dire che “Non c’è stata nessuna rottura con i sindacati” proprio mentre la Fiom proclamava lo sciopero evoca ricordi anche recenti che somigliano poco al metodo diretto, a volte anche brusco, adoperato sin qui dal premier”...

Ma Alcune cose il premier in conferenza stampa le ha dette. Lo scrive Roberto Mania su La Repubblica: “Nel 2021 l’economia italiana crescerà oltre il 6 per cento, probabilmente ben oltre il 6 per cento”. E prosegue il giornalista: “ed è la crescita il primo asse strategico della manovra da circa 30 miliardi. Crescita attraverso la riduzione della pressione fiscale, crescita rispetto ad un massiccio ricorso a investimenti pubblici, crescita attraverso le politiche sociali che punta ad aumentare il tasso di occupazione soprattutto per giovani e donne e a ridurre le diseguaglianze aumentate per colpa della pandemia. Crescita per abbattere il rapporto debito/Pil che deve rimanere l’ossessione dell’Italia”. E sul tema di maggior discussione, Mania aggiunge: “Nella conferenza stampa Draghi precisa anche la posizione sulle pensioni. Anche questa è una novità: il premier dice che il Governo punta al ritorno pieno del contributivo. Quota 103 è il prezzo – anche se non lo dice così – pagato a Salvini. Poi ci sarà un confronto con i partiti e le parti sociali per ritornare al contributivo, alla flessibilità in uscita. Ciò vuol dire che non ci sarà un’età rigida per il pensionamento, ma si potrà decidere quando uscire da un età in poi”... Infine, scrive ancora Mania: “il governo in ogni caso, sempre con un negoziato con i partiti e le parti sociali, deciderà come distribuire il taglio delle tasse tra lavoratori e imprese”.

Quando si ragiona di pensioni, riteniamo, si debba sempre partire dai numeri. Quelli delle pensioni li ha dati l’Inps e li leggiamo da La Stampa: “Sono oltre 5,3 milioni i pensionati che nel 2020 hanno avuto un reddito da pensione complessivo inferiore a 1.000 euro. Lo si legge nell'Osservatorio Inps sulle pensioni e i beneficiari del sistema pensionistico secondo il quale il 33,4% dei pensionati complessivi è sotto questa soglia percependo solo il 12% dei 307,6 miliardi di euro erogati per le pensioni nell’anno. La maggioranza dei pensionati sotto i 1.000 euro sono donne (3,4 milioni). Nella fascia delle pensioni più alte, superiori a 4mila euro al mese ci sono 585mila pensionati (il 3,6% del totale) con redditi per oltre 40 miliardi complessivi (il 13,2% del totale). Preoccupa il fatto che le donne rappresentino la maggioranza dei pensionati, ma ricevano solo il 44% del reddito da pensione complessivo. In particolare le donne sono il 52% dei 16.041.202 pensionati e in media hanno percepito 16.233 euro a fronte dei 22.351 medi degli uomini con una differenza del 27%. Alle donne sono stati erogati nell’anno 134,9 miliardi di euro complessivi di pensione e a fronte dei 172,7 miliardi degli uomini. Nel complesso l'Inps ha erogato per pensioni nel 2020 307,69 miliardi di euro. Alla fine dello scorso anno, le prestazioni erano 22.717.120, per un ammontare medio complessivo di 13.544 euro. Rispetto al 2019, il numero di prestazioni è diminuito dello 0,4% e il corrispondente importo complessivo annuo è aumentato del 2,3%.

Una quota consistente della manovra riguarda le tasse. Ne scrive  Andrea Galliano su La Repubblica: “"Una crescita oltre il 6% e 12 miliardi destinati per ridurre le tasse". Queste le parole del presidente del Consiglio Mario Draghi durante la conferenza stampa sulla legge di bilancio, definita "espansiva". Una manovra in sintonia con il Def, la Nadef e il Pnrr. Si agisce sulla domanda, ma anche molto sull'offerta. Particolare attenzione a giovani e donne. "Dal problema del debito pubblico e delle prestazioni sociali inadeguate si esce attraverso la crescita", ha ribadito Draghi.

Nel triennio 2022-2024 verranno destinati quasi 40 miliardi per la riduzione delle imposte. Tra questi quattro per l'intervento sul cuneo fiscale e gli altri per gli incentivi fiscali. La legge di bilancio "prevede un riordino della spesa sociale. La riforma degli ammortizzatori sociali è profonda e attua il principio dell'universalismo", ha sottolineato il premier.
Il ministro dell'Economia Daniele Franco ha rimarcato che verranno aumentate di un miliardo le risorse per il reddito di cittadinanza. Ci sarà il taglio dell'Irpef e dell'Irap. Due miliardi destinati per contenere i costi dell'energia e verrà rifinanziata l'alta velocità. Previsti investimenti nelle regioni del Sud. Per la Cig e la pensione andranno 1,5 miliardi. Il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese riceverà 3 miliardi. Gli incentivi al Bonus 110% sono estesi per i condomini al 2023. Poi al 75% nel 2024. Ci sarà un bando per gli insegnanti di educazione motoria per il quarto e il quinto anno della scuola primaria e si aumentano le indennità dei sindaci. Prorogati gli incentivi per i giovani per l'acquisto della casa e istituito un fondo per gli affitti.

Per un’illustrazione della legge di bilancio si può leggere quanto scrive Roberto Ciccarelli su Il Manifesto: “Mentre la povertà assoluta è aumentata di un milione di persone solo nel 2022 il governo Draghi non allarga i criteri di accesso a questa misura di ultima istanza ma prepara il restringimento della platea di oltre 1 milione di «occupabili» distinguendoli dagli altri due che non lo sono. Dopo il primo eventuale rifiuto di un’offerta di lavoro ancora da definire in termini di «congruità» scatterà un taglio progressivo dell’importo, sembra di 5 euro. Il sussidio decadrà dopo un secondo rifiuto probabilmente causato da una proposta di lavoro lontana dalla zona di residenza. Il taglio riguarderebbe gli assegni oltre i 300 euro e risparmierebbe solo le famiglie con bimbi sotto i 3 anni o con disabili gravi o non autosufficienti.
Lo ha deciso  il consiglio dei ministri che ieri ha approvato i 185 articoli della legge di bilancio 2022 lo stanziamento di circa 30 miliardi di cui 23,4 in deficit dopo una riunione durata oltre tre ore. Su una delle questioni politiche più scottanti, insieme alle pensioni, in serata c’è stata una polemica tra il ministro della pubblica amministrazione Renato Brunetta e i Cinque Stelle. A parere di Brunetta i risparmi sul «reddito di cittadinanza» destinato ai poveri assoluti con un reddito Isee non superiore ai 9.350 euro annui andrebbero a finanziare la riduzione delle tasse per il ceto medio con un reddito tra 28 e 55 mila euro. Questo meccanismo di redistribuzione al contrario è stato descritto da Brunetta in un tweet come «una clausola di salvaguardia a sostegno della crescita». Smentita dei Cinque Stelle: «Deve studiare di più. Il suo tweet sui risparmi del reddito di cittadinanza è completamente sbagliato. Eventuali risparmi vanno infatti alle politiche attive sul lavoro». I fondi stanziati sono, in questo caso, oltre 4 miliardi complessivi.

Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha detto ieri in conferenza stampa che «a differenza che in precedenza, il precettore se rifiuta la proposta avrebbe perso al 100%». Certo, ma prima ciò sarebbe avvenuto dopo la terza, non dopo la seconda. E, in più, non c’era il "décalage" progressivo, strumento di pressione per accettare l’offerta che non si può rifiutare. Questo sistema, indipendente anche dalla volontà del beneficiario che non è responsabile di un’offerta di lavoro tutta da chiarire, ieri è stata presentata come "un incentivo" che però coincide con una punizione. L’ambivalenza fa parte di un sistema già sperimentato nei paesi in cui è in vigore il "workfare". È stata annunciata l’intenzione di operare controlli "ex ante" per "evitare abusi" e "non intralciare il funzionamento del mercato del lavoro". Ciò dovrebbe comportare tra l’altro che la presentazione della domanda del reddito coincida "con la dichiarazione immediata di disponibilità al lavoro trasmessa dall’Inps all’Anpal". Attualmente questa "disponibilità" è collegata alla sottoscrizione di un "patto per il lavoro»"dopo una profilazione realizzata dai centri per l’impiego e dai navigator”.

Per quanto riguarda gli altri capitoli del provvedimento: “Oltre alle pensioni la manovra contiene l’annunciata riforma degli ammortizzatori sociali con 4,5 miliardi di saldo netto nel 2022 e 3 miliardi di indebitamento. Prevista l’estensione degli ammortizzatori alle imprese sotto i 5 dipendenti. Dal primo gennaio 2022 la cig straordinaria potrà essere richiesta da tutti i datori di lavoro con più di 15 dipendenti a prescindere dal settore che non siano coperti dai Fondi di solidarietà bilaterale e ad esclusione del Fis. Sarà riformata anche la Naspi secondo lo schema già adottato per il reddito di cittadinanza.Allargata ai lavoratori discontinui subirà un taglio progressivo dal sesto mese e dall’ottavo per i 55enni”.

E poi:  “Intensa è la pioggia di bonus per i proprietari di casa: è stata confermata la proroga del «bonus facciate» sostenuto dal ministro della cultura Dario Franceschini (Pd) al 2022 ma con una percentuale ridotta dal 90% attuale al 60%. è stato inoltre prorogato il superbonus 110% caro ai Cinque Stelle fino al 2021, poi scatterà il décalage (francesismo del momento) al 70% nel 2024, al 65% nel 2025, come del resto annunciato dal ministro dell’Economia Daniele Franco. Per il 2022 esteso il bonus per unifamiliari e villette ma con un reddito Isee fissato a 25 mila euro e limitato alle prime case. Il pacchetto  bonus per l’edilizia prevede lo stanziamento di risorse per quasi 37 miliardi, di cui 15 per il Superbonus, ha spiegato Franco. ll tetto Isee per accedere al Superbonus per le ristrutturazioni al 110%, fissato a 25 mila euro, potrebbe salire, per accontentare le richieste del Movimento 5 Stelle che ne chiedeva la rimozione totale e che lamentano che l’incentivo sia al momento limitato alle prime case. Viene prevista una detrazione sull’affitto di casa del 20% fino a 2400 euro per i giovani tra i 21 e i 30 anni che hanno reddito entro i 15.493,71 euro. Lo sconto vale se si affitta un intero appartamento ma anche se si prende in locazione una stanza. Sono inoltre stati prorogati da giugno a dicembre 2022 gli incentivi fiscali per l’acquisto della casa per i giovani. Il governo ha poi stanziato due miliardi per far fronte al caro-bollette annunciato nei mesi scorsi. I fondi serviranno però solo per il primo trimestre e alla fine potrebbero tradursi in una riduzione delle aliquote Iva. Si arriva in tutto a 12 miliardi nel 2022. Tra le numerose misure c’è il rinvio della sugar e plastic tax al 1° gennaio 2023 che ha sollevato le critiche delle associazioni ambientaliste.

Se alziamo lo sguardo ci accorciamo che oggi è anche il giorno del G20. Al di là della cronaca su Roma blindata, cosa aspettarci da questo appuntamento? Ne scrivono Tommaso Ciriaco e Anna Lombardi su La Repubblica: "Innanzitutto avvicinando lungo l'asse transatlantico quell'accordo sul clima che la Cina continua ad ostacolare. E dunque rafforzando il rapporto-chiave con il presidente americano Joe Biden - arrivato in città all'alba - che non a caso, oggi, sarà il primo capo di Stato ad essere ricevuto da Draghi. Innanzitutto avvicinando lungo l'asse transatlantico quell'accordo sul clima che Cina e India continuano ad ostacolare.

Le resistenze dei giganti asiatici si scontano ancora nella bozza di 11 pagine della dichiarazione finale del vertice, visionata da Bloomberg. Alla vigilia del summit si dibatte ancora sulla data del 2050 come limite entro il quale raggiungere l'obiettivo di emissioni zero (Pechino punta almeno al 2060) e su quella del 2030 come termine per ridurre le emissioni di metano di almeno il 30 percento. Entrambe sono considerate condizioni indispensabili per contenere il surriscaldamento globale di un grado e mezzo che resta nel documento l'obiettivo irrinunciabile sulla scia degli Accordi di Parigi. I Venti si impegnerebbero anche a smettere di finanziare la costruzione di nuovi impianti a carbone all'estero a partire da fine anno e di stanziare 100 miliardi di dollari fino al 2025 per finanziare la transizione ecologica nei Paesi in via di sviluppo…… Manco a dirlo, i temi cruciali di ogni conversazione saranno Covid e vaccini, clima ed energia, l'accordo sul nucleare iraniano e la minimum tax. E sono davvero tanti i leader che affolleranno l'agenda di Draghi coi quali discutere di ricette economiche e interscambio, di Afghanistan e Mediterraneo, con l'obiettivo comune di uscire fuori dalle tante crisi globali di questo determinato momento storico.”.

Il G20 è stato preceduto da Labour20, all’incontro dei sindacati del maggiori paesi è dedicata l’apertura di oggi di Collettiva.it
Un messaggio forte e chiaro di Davide Orecchio e Leonardo Settimelli
L’intervento di Maurizio Landini
Il video intervento di Lula

Cambiamo argomento e torniamo alla pandemia. Scrive Carlotta De Leo a pag. 16 del Corriere della Sera: “Dopo due mesi di discesa della curva epidemica tornano a crescere i contagi, anche perché si fanno più tamponi. In leggera risalita i ricoveri. In calo le prime dosi”.

L’Agenda degli appuntamenti

Per il quadro completo di tutti gli appuntamenti Cgil, vedi l’Agenda di Collettiva.