Prime pagine
Ampio spazio al dibattito sulla riforma delle pensioni nelle prime pagine dei quotidiani di oggi. La Repubblica titola: “Pensioni, Draghi tira dritto. Sette giorni per l'intesa”; la Stampa sceglie: “Pensioni, il no dei sindacati. Quota 102 una presa in giro”; mentre il Manifesto opta per: “Mezza pensione”. Il Corriere della Sera apre invece con la conferenza stampa del premier Draghi: “Vaccini, l'Italia va veloce”, mentre il Fatto quotidiano con la cronaca giudiziaria: “Open pagava a Renzi viaggi, hotel e fotografo”. Il Sole24Ore sceglie: “Export al record dei 500 miliardi”; mentre il Messaggero titola infine: “Draghi alla Ue: allarme sul gas. Dal pane al latte, primi rincari”.

Interviste
Sul Sole24Ore, a pagina 8, Marco Mobili intervista la sottosegretaria all'Economia Maria Cecilia Guerra: “Se si deciderà di ridurre l'Irpef con provvedimenti successivi alla manovra come si legge nel Documento programmatico di bilancio, l'intervento dovrà tenere conto di più fattori – si legge -. «Non dovrà concentrarsi su un solo scaglione o una sola aliquota» dice la Guerra se si vuole evitare l'effetto trascinamento tipico di una imposta a scaglioni (che potrebbe invece essere evitato con un sistema a progressività continua cosiddetto "tedesco"). Non solo. «Concentrarsi su un singolo scaglione o intervenire sul livello delle aliquote centrali finirebbe per avvantaggiare soprattutto i contribuenti con redditi più alti, anche se nelle intenzioni si vorrebbe intervenire per ridurre le tasse ai redditi medio-bassi». Allo stesso tempo l'intervento dovrà tenere in considerazione dove si vuole arrivare con la riforma dell'intero sistema fiscale. Si dovrà ad esempio considerare che, con il nuovo assegno unico universale in vigore dal f gennaio, le detrazioni per figli a carico fino a 21 anni di età saranno eliminate. Insomma, «le due misure si dovranno parlare e la stessa riforma dell'assegno potrebbe rappresentare un primo intervento di riduzione del cuneo per i lavoratori autonomi e dipendenti»”.

Sul Corriere della sera, a pagina 11, Federico Fubini pone delle domande al presidente di Confindustria Carlo Bonomi, che dice: “Stanno dando l'assalto alla diligenza com'è successo in tutte le manovre finanziarie precedenti, in cui ognuno di solito dà battaglia per la sua bandierina – dice -. Cosa intende dire? Un partito dà battaglia per le pensioni, un altro per il reddito di cittadinanza, un terzo per qualcos'altro ancora. Non capiscono che ora bisogna concentrare le risorse su una visione d'insieme, che anteponga a tutto misure a maggior impatto sul Pil. Invece ho l'impressione che non venga permesso al governo Draghi di fare quello che il premier ha sempre detto che serve all'Italia: tecnologia, produttività e crescita. Noi siamo sicuri che il governo sappia bene ciò che va fatto, ma i partiti lo assediano. A suo avviso che tipo dl misura servirebbe? Un grande intervento coraggioso sul cuneo fiscale. L'Ocse ci sta dicendo che abbiamo il quinto livello più alto di oneri contributivi tra i Paesi avanzati che non entrano in busta paga, perché diventano prelievo. Ma un Intervento sul cuneo per 8 miliardi c'è, no? No. Si parla di 7-8 miliardi di riduzione del fisco. Ma non è chiaro su cosa. Non si parla invece di tagli al cuneo fiscale, che si calcola non sulle tasso ma sui contributi dovuti per ogni posto di lavoro. Di questi due terzi sono a carico delle imprese”.

Sulla Stampa, a pagina 5 compare invece un'intervista al presidente Ance Gabriele Buia sui bonus edilizi: “Siamo ancora appesi ad aspettare il testo di una norma che non c'è. D'inverno molti cantieri di efficientamento energetico devono rallentare, perché i materiali non si possono lavorare a meno di dieci gradi, per questo rischiamo di non chiudere in tempo per i bonus lavori del 110% nelle villette. E lo stesso vale per le facciate. Una proroga era necessaria, dopo tutte le lungaggini burocratiche degli inizi e viste le difficoltà a trovare materie prime e ponteggi”. E ancora: “Siamo consapevoli delle difficoltà delle casse pubbliche e del grande sforzo che è stato fatto con il Pnrr e con i bonus edilizi. Ma con questi bonus si è dato grande impulso all'economia, per lo Stato sono investimenti. E si raggiungono gli obiettivi di ecosostenibilità”.

Editoriali e commenti
Il fondo del Corriere della sera è affidato a Paolo Mieli, che scrive: “D'accordo, siamo una repubblica parlamentare e i governi li decidono capo dello Stato e Parlamento. Ma l'idea di non volere più coinvolgere, neanche marginalmente, il corpo elettorale nella scelta di chi ci dovrà guidare e di aver come unica missione quella di determinare i rapporti di forza tra i partiti, potrebbe rivelarsi poco adatta a combattere l'astensionismo e a riavvicinare gli elettori alla politica. A maggior ragione se a chi è destinato a guidare il futuro governo sarà risparmiato l'onere della propria candidatura. La sinistra e il centro hanno già commesso un peccato in questo senso nel 1994 quando tennero di riserva Carlo Azeglio Ciampi, non disponibile a candidarsi, e opposero al debuttante Silvio Berlusconi un improbabile (come capo del governo) Achille Occhetto. Berlusconi ebbe un clamoroso successo e fu in grado di dar vita ad un governo forse anche in virtù della sia pur indiretta investitura popolare. La sinistra, a quei tempi, capì la lezione e si riprese due anni dopo quando riuscì anch'essa ad offrire al proprio elettorato un candidato autentico per la guida di un esecutivo: Romano Prodi”.

La Repubblica, invece, a pagina 31, ospita un testo di Tahar Ben Jelloun sulla politica francese. “Non sono solo gli immigrati magrebini e africani a essere preoccupati per il fenomeno Zemmour in Francia - scrive -. Anche la classe politica è inquieta: il fatto che i sondaggi lo vedano per il momento proiettato verso il ballottaggio delle elezioni presidenziali, con il 15 per cento delle intenzioni di voto, è stato un fulmine a ciel sereno in una Francia che sta appena uscendo dalla crisi sanitaria. Zemmour ha eclissato Marine Le Pen e si è imposto nello spazio politico. Raramente questo Paese ha conosciuto un tale livello di mediocrità, di bassezza e di arroganza. Questo polemista ha salvato la catena televisiva controllata da Bolloré, la CNews, portandola a dei livelli di audience che non aveva mai conosciuto. Per deontologia professionale, ha sospeso la sua rubrica televisiva quotidiana, dove esponeva per un'ora le sue idee. Qual è il suo programma? Non ne ha. Ma ha idee precise su quello che farebbe se fosse eletto presidente. Per il momento non è candidato. Approfitta della pubblicazione del suo libro La France n'a pas dit son dernier mot (La Francia non ha detto la sua ultima parola) per portare avanti una campagna non ufficiale. Quest'ultimo libro se lo è pubblicato da solo perché il suo editore, Albin Michel, ha deciso di non pubblicare più le sue opere. Le sue idee sono semplici. Fortemente influenzato da Trump, Eric Zemmour non esita a lanciare appelli all'odio razziale, cosa che gli ha procurato diverse condanne.”

Il fondo del Manifesto è invece a firma di Alfonso Gianni, che scrive di politica ecoomica: “In sostanza si conferma il quadro delineato dalla Nadef. Di fronte al bivio, in sé non nuovo, se tirare il freno della spesa pubblica o al contrario giocare con coraggio la sfida di un incremento degli investimenti e dei consumi in campi innovativi, co- me richiederebbe la convers ione ecologica dell'economia, la scelta del governo va nella prima direzione. Poco tempo fa l'economista Nouriel Roubini, che seppe prevedere la grande recessione del 2008, aveva lanciato l'allarme sul perverso annodarsi di stagnazione e di aumento dell'inflazione, tristemente nota come stagflazione (di cui ci ha parlato su queste pagine anche Tonino Perna). Questo quadro dovrebbe consigliare una politica economica ben più coraggiosa. Invece, anziché confermare 1'11,8% di deficit su Pil previsto in aprile, la Nadefsi compiace di prospettare una riduzione al 9,4%, prevedendo sì una politica di bilancio espansiva fino al 2024, dopo di che si punterebbe però alla «riduzione del disavanzo strutturale e a ricondurre il rapporto debito/Pil al livello pre-crisi entro il 2030», come scrive il ministro Franco in premessa al documento governativo. Eppure solo per recuperare sull'ultimo ventennio perduto bisognerebbe avanzare dopo la fine dell'intervento del Pnrr nel 2026 del 3% ogni anno. Il rimbalzo non basta”.

Economia, welfare, sindacato
Sul Sole24Ore a pagina 9, Marco Rogari scrive di pensioni: “La coperta è corta. E senza nuove risorse sarà difficile per a partiti provare a correggere in modo significativo la rotta tracciata a via XX settembre. Anche se la maggioranza un risultato lo ha già ottenuto: il ritorno inversione integrale alle regole fissate dalla legge Fomero e dai provvedimenti precedenti, non sarà comunque immediato. E, dopo Salvini e il ministro Giorgetti, a farlo notare è anche Orlando: «Per ora il punto certo è che non si torna "d'emblée" alla Fomero». A chiedere di più però sono anche i sindacati. Per la Cgil Quota 102 e Quota 104 rappresentano «una vera e propria presa in giro per i lavoratori». Anche perché la platea potenziale interessata da queste misure non supererebbe i 50mila soggetti in due anni. La Uil, con Domenico Proietti, parla di «beffa» e aggiunge: «La platea interessata da questa geniale idea è di poche migliaia di persone che hanno già avuto la possibilità di andare in pensione con Quota l00». Per la Cisl quelle del Governo sono «ipotesi inaccettabili». Anche per questo motivo i sindacati chiedono al governo di essere convocati immediatamente. Ma il tempo stringe: al varo della manovra manca ormai non più di una settimana”.

Dello stesso tema, si occupa la Repubblica a pagina 2: “I sindacati oppongono un progetto presentato da tempo al governo – si legge - : uscite flessibili a partire dai 62 annidi età o dai 41 anni di contributi. Una vera e propria riforma, insomma, che si affiancherebbe alle modalità di uscita previste dalla legge Fornero. Mentre il piano del governo, secondo i primi calcoli dei sindacati, permetterebbe il pensionamento anticipato l'anno prossimo solo a poche migliaia di lavoratori, in ogni caso non più di 20 mila anche secondo i calcoli più ottimistici basati sulle stime Inps, e si tradurrebbe dunque solo in apparenza in un ritorno graduale alla legge Fornero. E infatti le risorse previste dal Documento Programmatico di Bilancio, inviato ieri a Bruxelles, sono piuttosto limitate, 602 milioni per il 2022, 452 milioni per il 2023 e 508,5 milioni per il 2024. L'orientamento del governo è del resto in linea con le indicazioni che anche ieri sono arrivate dall'Ocse, in audizione al Senato”.

Anche Marco Conti a pagina 5 del Messaggero si occupa di Superbonus e pensioni: “I problemi per il ministro dell'Economia Daniele Franco non finiscono però qui, perché nel mirino dei partiti entrano anche la miriade di 'bonus' che nella legge di Bilancio si vorrebbero contenere. Soprattutto quelli edilizi (ristrutturazione, ecobonus, sismabonus, facciate, arredi) divenuti sempre più costosi per lo Stato per l'aumento delle materie prime e dei ponteggi. Nelle intenzioni del governo c'è infatti anche la limitazione ai condomini escludendo quindi villette e case singole. Il M5S contesta il ridimensionamento e Stefano Patuanelli, ministro M5S alla Politiche Agricole, non esclude la possibilità che il governo possa ripensarci”.

Sempre di pensioni scrive , a pagina 2 della Stampa Francesco Grignetti: “Tutti i sindacati sono unanimi nel bocciare la proposta del ministro dell'Economia. Dice Maurizio Landini, segretario generale Cgil, ospite da Bruno Vespa: «Passare da Quota 100 a Quota 102 è un po' una presa in giro. Non è quello che serve al nostro Paese. Stiamo dicendo al governo, che con noi non ha ancora discusso, che appena il tavolo ci sarà, siamo pronti ad avanzare le proposte di riforma». Si riferisce alla possibilità di uscita da 62 anni, una pensione di garanzia per i giovani, un riconoscimento contributivo per le donne. I sindacati hanno chiesto un incontro urgente al premier e quasi sicuramente Mario Draghi li riceverà la settimana prossima, esauriti gli impegni internazionali. Non ha alcuna intenzione di sottrarsi al confronto, anzi. Del dialogo con i sindacati vuole fare sempre di più la cifra del suo passaggio per Palazzo Chigi”.

Sul Manifesto, a pagina 6, Riccardo Chiari si occupa invece della vertenza Mps: “Il nodo del contendere è naturalmente la richiesta di Unicredit di circa 7 miliardi — tutti soldi dei contribuenti - per prendersi carico del Monte. Non di tutto per giunta, ma soltanto dei suoi comparti più profittevoli. È ancora di più dei 5 miliardi pubblici ottenuti all'epoca da Intesa Sanpaolo dopo aver acquistato, a un euro, le due banche venete in stato comatoso. Di qui le distanze fra l'ad del colosso bancario, Andrea Orcel, e il titolare del Mef, Daniele Franco. Mentre i 20mila addetti superstiti di Mps, che nonostante la chiusura di centinaia di filiali e migliaia di prepensionamenti rimane comunque una delle banche più grandi del paese, assistono sempre più stupefatti a un tristissimo balletto che in ogni caso si chiuderà nel mese di giugno, deadline fissata dalla Ue per la cessione da parte del Tesoro della quota di maggioranza di Mps”.

Spazio infine alla vicenda dello scioglimento di Forza nuova. Sulla prima pagina di Domani Vanessa Ricciardi scrive: “A 11 giorni dall'assalto della Cgil da parte di un gruppo di No-pass guidati dai leader del partito neofascista Giuliano Castelino e Roberto Fiore, il Senato ha deciso di non decidere sullo scioglimento e il governo si è astenuto. Ieri sono approdate nell'assemblea del Senato le quattro mozioni per porre fine a Forza nuova presentate dal centrosinistra e la contromozione del centrodestra, che equiparava l'attacco dei neofascisti alle manifestazioni del G8 di Genova e ai No-tav. Le mozioni a sinistra sono diventate un ordine del giorno, mentre quella del centrodestra è stata riformulata tre volte così alla fine hanno chiesto tutti di valutare il da farsi secondo la Costituzione, e ognuno ha votato il proprio testa. Ciascuno è stato approvato perché l'altra parte non ha votato al momento di esprimersi, altrimenti nessuno avrebbe raggiunto la maggioranza. Mozioni e contromozione L'esecutivo ufficialmente ha passato la palla ai parlamentari”.

Oggi Collettiva apre con la riforma del  fisco. Per Gianna Fracassi, vicesegretaria generale della Cgil, serve un incontro urgente tra governo e sindacati. 

L’agenda degli appuntamenti
Per il quadro completo di tutti gli appuntamenti Cgil, vedi l’agenda di Collettiva.