Le multinazionali che licenziano e il rapporto Inail. Il coronavirus e le sue varianti che hanno aumentare contagi e preoccupazioni. E anche le contrapposizioni tra chi vorrebbe l’obbligo di vaccinazione per insegnati e personale sanitario e una stretta sul green pass e chi, invece, si appella alla libertà individuale di giovani e ristoratori. E le Borse, che forse prima di altri, avvertono sul rischio che la Delta dispiega sull’economia e sul mondo.

20 anni fa a Genova il movimento stroncato dalla repressione e dalla violenza, pose all’attenzione di chi seppe ascoltare i temi che oggi sono all’ardine del giorno: riduzione delle diseguaglianze, giustizia sociale e ambientale, transizione ecologica per un mondo sostenibile. Lo speciale di Collettiva.it è dedicato all’anniversario di quel G8 pensando all’oggi e al futuro.

Genova 2001, una lezione ancora attuale è il commento di Maurizio Landini, segretario generale della Cgil

Vent’anni in tre giorni è il titolo del longform curato da Carlo Ruggero

Prime pagine

Quella di oggi è la giornata della doppia apertura, comincia Il Sole 24 Ore che sceglie la pandemia e dice: Più contagi e variante Delta: lunedì di paura nelle Borse. Petroli torna sotto i 70$”. In taglio centrale recita: “Sanità, 17 mila posti per giovani medici”.
Il titolo principale del Corriere della Sera: Un green pass a due livelli” e nell’occhiello si dice: “Le misure allo studio. Tonfo delle borse per la variante Delta. Meloni: io mi vaccinerò”. In contro apertura, sempre il quotidiano di via Solferino cambia argomento: Giustizia, faccia a faccia tra Draghi e Conte. Da palazzo Chigi no a bandierine di partito”.
Scelta netta per La Repubblica: Vaccino dell’obbligo” e nel sommario: “Allarme per i ritardi nelle somministrazioni al personale scolastico in quattro regioni. Bonaccini: bisogna imporle. Letta chiede al governo ‘iniziative stringenti’. Il ministro Bianchi: la decisione sarà collegiale. Ma Salvini è contrario”.
Anche Il Messaggero si sdoppia: “Il Green pass diventa regionale” e a centro pagina lo strillo dell’intervista al ministro Cingolani: “La transizione sia graduale a rischio molti posti di lavoro”.
La Stampa compie una scelta netta: “Il virus affossa le Borse. Lite sui vaccini a scuola”. Come netto è Avvenire: “Sfida sui vaccini”.
Cambio scenario per Il Fatto Quotidiano e per Il Manifesto. Il primo titola: “Giustizia, Conte non è solo: allarme dal Colle”, il secondo: “Sorvegliati speciali” e nel sommario la spiegazione: “Un’inchiesta giornalistica internazionale ha rivelato il controllo sistematico via smatphone di ogni attività di giornalisti e oppositori da parte di alcuni stati, grazie a Pegasus, uno spyware della israeliana Nso. Dal Marocco all’Ungheria, spiate almeno 50 mila persone.

Il Manifesto è l’unico quotidiano che in contro apertura si occupa di lavoro e delle manifestazioni di ieri: “Firenze dice no ai licenziamenti”.

Le interviste

Curiosa coincidenza, Il Sole 24 Ore e Il Messaggero offrono ai propri lettori punti di vista critici rispetto al piano per il green deal europeo. Il quotidiano romano ospita il ministro della Roberto Cingolani, quello degli industriali Aurelio Regina, delegato all’energia di Confindustria che afferma: “Il pacchetto ambiente della Ue inciderà profondamente sull’assetto produttivo, occorrono soluzioni tecnologiche per un passaggio con tempi e modalità adeguati”. E aggiunge: “Chiediamo al premier Draghi di essere convocati e confidiamo grande attenzione al dossier, prendendone la leaderschip. Dovremo scalare una montagna, c’è in gioco il manifatturiero italiano. Il ministro Roberto Cingolani ha affermato più volte che la transizione energetica non sarà una cena di gala, noi non vorremmo che fosse il funerale dell’industria italiana ed europea. Occorre una riflessione politica a livello di governo, vanno messe in campo misure di sostegno anche per l’industria trascurata dal Pnrr. Il nostro governo deve essere più presente a Bruxelles e presidiare lo sviluppo della normativa del Green deal valutando attentamente gli interessi del Paese, per evitare che si verifichino squilibri tra i paesi membri”.

Le difficoltà sul Green deal sono inevitabili, sono convinto che alla fine si troverà una buona sintesi”. Questo è l’incipit della conversazione con il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani pubblicata a pagina 8 de Il Messaggero. E prosegue: “Certo, le scadenze sulla decarbonizzazione e sull’azzeramento delle emissioni da CO2 tra il 2030 e il 2050 pongono dei problemi. Sono a rischio posti di lavoro. Dobbiamo evitare bagni di sangue”. Nell’approfondire la riflessione, Cingolani sostiene: “Quanto prima riusciremo ad aumentare la produzione delle rinnovabili tanto prima riusciremo a liberarci dei costi della CO2 prodotta. Ma non basta dire lo vogliamo: i cittadini non devono arrivare al punto da considerare antipatica la transizione ecologica perché sta creando problemi. Tutti devono capire che è importante farla, che non è ritardabile ma anche che ci devono mettere qualcosa di proprio perché si faccia il più presto possibile”. Infine sul Pnrr il ministro afferma: “Siamo già molto avanti, abbiamo una lista di una ventina di interventi che possono partire entro agosto. Riguarderanno tra gli altri le isole minori, il Po, le aste per le rinnovabili che sono una delle cose più urgenti. E sono pronti anche i primi bandi per l’economia circolare e la costruzione di nuovi impianti. Alcune cose le faremo direttamente noi, altre con le Regioni”.

A pag. 15 de Il Messaggero è possibile legge una conversazione con Elsa Fornero, appena chiamata nel Consiglio di indirizzo dell’economia istituito dal sottosegretario Tabacci a Palazzo Chigi. La riflessione non poteva che ruotare attorno al tema pensioni. Dice Fornero: “Ora un po’ di flessibilità si può recuperare, a differenza del 2011, quando c’era la pressione di una crisi finanziaria. I tempi sono diversi, non ci sono priorità per tutte le stagioni. Ma la flessibilità non deve andare a scapito delle giovani generazioni, quelle che hanno meno voce in capitolo. Bisogna chiedersi chi paga”.

La pandemia ha scavato nelle differenze di genere, aggravando diseguaglianze e tensioni che rischiano di portarci indietro di anni nelle conquiste fatte per l'emancipazione femminile. E soprattutto di indebolire gli sforzi dei governi per la ricostruzione post-Covid: per questo serve un "New Deal di genere", dice Anita Bhatia, segretaria aggiunto del segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, e vicedirettore esecutivo dello UN Women, il gruppo dell'Onu che si occupa di empowerment femminile, a pag. 17 de La Repubblica. Dice Bhatia: “"Molti lavori sono stati persi nei settori dove sono impiegate soprattutto le donne, come il turismo, la vendita al dettaglio, la manifattura. Allo stesso tempo la maggior parte delle persone che facevano il lavoro in prima linea durante la crisi sanitaria erano donne: il 72 per cento delle infermiere nel mondo, ad esempio. Le donne sono state colpite non solo sul reddito, ma anche nell'accesso a servizi sanitari di base, come l'interruzione di gravidanza e i servizi per la salute sessuale e riproduttiva, perché la maggioranza dei governi ha dovuto concentrare le risorse sul Covid. Il terzo choc è stato l'aumento della violenza contro le donne, una vera emergenza tanto che Paesi come la Francia hanno dovuto affittare stanze d'albergo per sottrarre le vittime dagli
abusi domestici". Rispondendo ad una domansa sulla sufficienza o meno della risposta dei governi, la segretaria aggiunta dell’Onu risponde: “"Non ancora. Abbiamo analizzato i pacchetti di stimolo fiscale dei governi in risposta alla pandemia, pochi di questi si concentrano su specifici obiettivi di miglioramento della condizione delle donne. C'è più consapevolezza sul fenomeno della violenza, e questo è positivo, 149 Paesi hanno sottoscritto l'appello dell'Onu ad agire contro la violenza di genere, ma quello di cui abbiamo bisogno ora è un'attenzione speciale per far si che le donne tornino davvero al lavoro e che ci siano le condizioni per lavorare: questo significa che hanno bisogno di supporto anche nel lavoro di cura che fanno, tre volte in più rispetto agli uomini, ma un lavoro non pagato. Se vogliamo imparare la lezione della pandemia dobbiamo concentrarci sull'empowerment economico femminile, dichiarare la violenza sulle donne una crisi di salute pubblica e concentrarci sull'uguaglianza di genere come unico strumento per migliorare per il mondo". Infine Bhatia illustra la sua proposta di bond gender: “"Negli ultimi anni molti governi hanno fatto bond tematici speciali, l'Italia di recente ha fatto un bond verde, per l'ambiente: i Paesi che hanno piani di prestito in essere possono prendere in prestito fondi per specifiche tematiche sociali. UN Women sta lavorando con l'associazione International Capital Market per sviluppare i principi per un gender bond. Lo hanno fatto finora alcune compagnie private, ma nessun governo: stiamo lavorando con alcuni per far sì che ci sia un primo gender bond sovrano".

Diverse, infine le interviste sull’obbligatorietà dei vaccini e sulla giustizia. Sempre su La Repubblica Giovanni Maria Flik sostiene che l’obbligo vaccinale vada previsto pure per gli studenti.
Sulla necessità dell’immunizzazione anche per i ragazzi e le ragazze interviene Silvio Brusaferri sul Corriere della Sera.
Mentre la preside Cristina Costarelli, a pag. 4 de La Stampa, afferma: Non è possibile garantire la presenza a scuola a tutti da subito”.

Infine sul Corriere della Sera è pubblicata una intervista al ceo di Whirlpool che afferma Luigi La Morgia: “Resteremo primo produttore in Italia. Su Napoli non si torna indietro. Aiuteremo la ricollocazione”.

Editoriali e commenti

Scrivono Tito Boeri e Roberto Perotti a pag. 4 de La Repubblica: “…..Una delle lezioni della pandemia è la forza e la pervasività delle esternalità negative. La decisione di concentrare i vaccini quasi esclusivamente tra i Paesi ricchi si è ritorta contro di loro, perché ha favorito la nascita di varianti nei Paesi più poveri che rischiano di devastare anche i Paesi più ricchi. Se si fa un rapido calcolo del costo di una dose di vaccino e dei danni economici (per non parlare più in generale dei danni umani) della variante Delta nei Paesi ricchi, è probabile che a questi ultimi converrebbe fornire i vaccini gratis e al più presto a tutta la popolazione mondiale.

Più vicino a casa nostra, la libertà di un individuo di non vaccinarsi ha ovvie esternalità negative sul resto della popolazione, perché crea enormi costi alla società per curare i no-vax che si ammalano e perché impedisce il ritorno a una vita sociale normale. Una ulteriore importante complicazione della pandemia sta nel fatto che mentre un individuo che fuma è immediatamente riconoscibile e, al limite, si può scegliere di allontanarsene, un individuo non vaccinato non è esternamente riconoscibile e la comunità non ha i mezzi per evitarne l’esternalità negativa.

D’altra parte, una campagna di vaccinazione forzata è impensabile: sarebbe immorale, incostituzionale, e inattuabile in pratica. Anche qui, la soluzione non può che essere pragmatica: ci sono esternalità negative più forti di altre, su cui la società ha il diritto di intervenire. I due casi ovvi sono scuola e ospedali. I risultati delle prove Invalsi resi pubblici nei giorni scorsi ci hanno dato una misura dei danni causati dalla chiusura delle scuole: è come se in alcune materie si fosse cancellato un intero ciclo scolastico.

Se vogliamo che le scuole riaprano tutte in presenza a inizio settembre non rimane che impedire l’accesso fisico alle classi a chi, studente o insegnante, non si è vaccinato, non è guarito dal coronavirus o non ha un test negativo rinnovato quotidianamente. Gli insegnanti che non rispettano queste condizioni verranno temporaneamente sospesi e potranno più in là svolgere attività didattiche di recupero in remoto, con una retribuzione inferiore a chi opera in presenza. Gli studenti delle scuole secondarie che non volessero vaccinarsi potranno seguire le attività a distanza che le scuole continueranno ad offrire.

Non è necessario soffermarsi sul caso dei medici no-vax, e sulle enormi esternalità negative che generano a contatto con pazienti già fragili. Oltretutto, qui il problema della non riconoscibilità è enorme. Se sono ricoverato d’urgenza in ospedale come posso sapere se il medico che mi visita o mi opera è no-vax? Anche in questo caso la società ha il diritto di proibire a un medico no-vax di esercitare la sua professione, se non in privato previa adeguata informazione al paziente.

Poi ci sono i casi solo apparentemente meno eclatanti. Con buona pace di Salvini, studi e simulazioni (ma basterebbe il buon senso) mostrano che i ristoranti chiusi sono tra gli ambienti più pericolosi per la trasmissione del virus. E, come negli ospedali, non ho modo di difendermene da solo, perché nessuno sa chi tra i clienti sia vaccinato e chi no.

Ovviamente tutto questo coinvolge il ruolo della privacy. Non informare che non mi sono vaccinato esercita una enorme esternalità negativa se sono un medico, un insegnante, o se mi siedo in un ristorante affollato. Dove finisce il mio diritto di non far sapere che non mi sono vaccinato? Anche qui è una questione pragmatica su cui decide la società, non un assoluto costituzionale che prevale sempre e ovunque. Il Garante della privacy è un agente della società, non un sovrano assoluto. La società, tramite il legislatore, ha diritto di dire al garante cosa deve garantire.

Non possiamo imporre alle persone di vaccinarsi. Ma, come abbiamo fatto con il fumo, possiamo e dobbiamo disincentivare le esternalità negative di chi si mette nella condizione di danneggiare gli altri”.

Interessante, poi, Pietro Garibaldi a pag. 23 de La Stampa, sostiene: Il governo dimentica i giovani” e afferma: “…..Il dibattito tra politici e sindacati in questi giorni è tutto concentrato su due interventi poco importanti, ma che poco hanno a che fare con le prospettive occupazionali di giovani diplomati e laureati. Da un lato ci occupiamo di blocco dei licenziamenti, tema delicatissimo sotto ogni dimensione, ma che riguarda solo le prospettive occupazionali solo dei lavoratori che un posto di lavoro lo hanno. Dall’altro lato, parliamo intensamente di riforma degli ammortizzatori, con il ministro Orlando che ha annunciato una riforma complessiva che appare per ora confusa e priva delle risorse necessarie. Di nuovo, l’eventuale estensione della cassa integrazione alle piccole imprese e una forma di copertura per i lavoratori autonomi riguarderebbe comunque la situazione di un lavoro lo aveva e purtroppo lo ha perso, e non chi lo cerca per la prima volta”.
Quel che appare almeno curioso nel legger questo scritto è la contrapposizione che si fa tra chi cerca lavoro per la prima volta e chi rischia di perderlo.
Non è ben chiaro perché per occuparsi dei primi bisognerebbe trascurare i secondi. Magari una riforma deli ammortizzatori in senso universalistico tutelerebbe anche proprio quei giovani che della precarietà vedono il tratto caratteristico della propria esistenza. In ogni caso è davvero incomprensibile il continuare a contrapporre lavoratori e lavoratrici: i non tutelati “contro” quelli che un pizzico assai piccolo di tutele potrebbero averlo. Forse occorrerebbe tutti impegnarsi per la costruzione di una buona e dignitosa occupazione per tutti e tutte.

Infine, molto bello e interessante lo scritto di Giorgia Serughetti a pag.3 di Domani: “…..mettere in conflitto diverse classi diritti significa arrendersi all’idea che non possano essere perseguiti contemporaneamente. La sfida, invece, è precisamente questa. Ma c’è di più. Dovremmo chiederci: una sinistra all’altezza del nostro tempo può contrapporre in modo schematico le istanze delle donne o delle minoranze razziali   etniche, a quelle dei lavoratori? Può ignorare il fatto che la classe lavoratrice è largamente composta proprio da donne, e da lavoratori e lavoratrici migranti e appartenenti a minoranze razziali? E che le persone omosessuali o trans subiscono discriminazioni che hanno ricadute gravi sul piano sociale?
chi critica le battaglie per i diritti dei migranti o minoranze sessuali come un cedimento alle istanze di ‘pochi’, e un abbandono di quelle di ‘molti’ mostra, in realtà di aderire a una visione vecchia, o parziale, delle classi lavoratrici…”.

Economia lavoro e sindacato

Ieri è stata la giornata dello sciopero generale, a Firenze, in difesa del 442 lavoratori e lavoratrici della Gkn, oggi si ferma l’Iva. Su Collettiva.it la cronaca della mobilitazione di ieri: Un grido dalla piazza “siamo tutti Gkn e le ragioni dello sciopero di Acciaieria Italia: Ilva in attivo, lavoratori in cassa: è sciopero di Marco Togna

Sulle ragioni dello sciopero all’ex Ilva segnaliamo una intervista di Nando Liuzzi a Gianni Venturi, segretario nazionale della Fiom, pubblicata su Il Diario del Lavoro Ecco perché Acciaieria Italia sciopera

Su diversi quotidiani la cronaca della giornata di ieri e l’annuncio dei nuovi licenziamenti. Cristina Casadei su Il Sole 24 Ore scrive. “Timken chiude a Brescia, 11 posti di lavoro a rischio”. Sul Corriere della Sera Marco Gasperetti e Claudia Voltattorini: L’auto soffre: da Gkn a Tunke e le multinazionali licenziano”.
Stessa analisi per Rosaria Amato di La Repubblica: “Dopo Gkn ka Timken di Brescia, nuovo licenziamento collettivo”.
Stesso tema per Paolo Baroni su La Stampa: “Un’altra multinazionale in fuga Timken chiude e licenzia gli operai”. E su Il Fatto Quotidiano si sottolinea che dall’ “avviso comune” sono già 1051 le persone licenziate.

In realtà praticamente tutti i quotidiani affrontano la questione dei licenziamenti in diverse aziende metalmeccaniche del settore dell’auto.

Scrive Marco Patucchi su La Repubblica: “Gli ultimi due casi sono di giovedì scorso. Come sempre prima della tregua dei fine settimana. Tregua, sì, perché come le ha definite Bruno Giordano, il magistrato da poco nominato alla guida dell'Ispettorato nazionale del lavoro, quelle morti sono un "crimine di pace". Bujar Hysa, 63 anni, albanese ma da una vita in Italia, operaio di una cooperativa di facchinaggio, è stato travolto da un coil di acciaio nello stabilimento Marcegaglia del porto di Ravenna. Poche ore dopo, sempre nel mare ravennate, l'esplosione della tubatura nella sala macchine di un cargo ha ucciso un marinaio egiziano. Le cronache parlano dei dubbi giurisdizionali perché la nave batte bandiera panamense, ma nessuno ha ancora detto almeno come si chiamava quel lavoratore”.
L’occasione dello scritto è la presentazione del Rapporto annuale dell’Inail sugli incidenti sul lavoro.
Scrive ancora Patucchi: “La relazione dell'Inail fotografa il 2020, l'anno della pandemia, ma i dati aggiornati a maggio scorso ci dicono che i pro (minore attività produttiva) e i contro (i decessi e le malattie per il virus) del Covid si sono compensati e insieme alla auspicata normalità delle nostre vite, anche gli infortuni sul lavoro si stanno riadeguando al ritmo di sempre. Insopportabile. Nell'intero scorso anno le denunce per infortuni sono state 375.238 contro le 415.725 del 2019, i decessi 799 contro i 705 dell'anno precedente. Nei primi cinque mesi di quest'anno, le denunce per infortunio sono già arrivate a quota 219.262 (erano 207.472 nello stesso periodo del 2020), le morti a 434 (432): significa che se la tendenza media dovesse confermarsi, a fine anno avremo quasi mille decessi e più di mezzo milione di infortuni”.

Diversi i quotidiani che resocontano la presentazione del Rapporto. “La Strage sul lavoro” è il titolo dell’articolo di Gabriele Stefani pubblicato a pag. 13 de La Stampa.

Taglio diverse sceglie Il Manifesto per dar conto del Rapporto dell’Inail: Irregolari l’86% delle aziende. Scrive Mario Pierro: “L’ottantasei per cento delle 7.486 imprese controllate dagli ispettori Inail nel 2020 sono risultate irregolari per quanto riguarda la protezione della sicurezza o dei contratti dei lavoratori. Per capire le ragioni degli omicidi sul lavoro che solo lo scorso anno hanno colpito 1538 persone, con un incremento record del 27,6% rispetto al 2019 bisogna partire da questo dato che attesta l’irregolarità o l’attività in grigio e in nero svolta nelle aziende. Ogni morte ha una causa, e questa discende direttamente dalla mancanza di tutele, non solo fisiche dei lavoratori.
Alla ricerca delle cause di questo sistema omicida va aggiunta anche il progressivo assottigliamento degli ispettori”.

“È pronto al varo il piano per la riforma degli ammortizzatori sociali messo a punto dal ministro Orlando. Nell’ultimo documento emergono una serie di novità sui sussidi che sostituiranno gli interventi emergenziali e il sistema esistente, ampliando a Pmi, precari e autonomi una serie di tutele. Tra le tante spicca l’aumento del massimale dei trattamenti di integrazione salariale, per tutti a quasi 1200 euro”. Lo scrivono Francesco Bisozzi e Umberto Mancini a pag.9 de Il Messaggero.

E poi la pandemia che non è finita. A tener banco sono da un lato gli aumenti dei contagi e la preoccupazione per la riapertura delle scuole a settembre. Dall’altro cosa fare sull’obbligatorietà dei vaccini. Scrive Nicolò Carratelli a pag. 4 de La Stampa: “Sul mai più didattica a distanza sono tutti d’accordo. Sulla necessità dell’obbligo vaccinale per il personale scolastico, che potrebbe favorire un ritorno in classe più sicuro, la compattezza della maggioranza si sgretola” e nel pezzo la diversità di posizioni emerge con forza. Occorre ricordare, però, che solo oltre 200mila i lavoratori e le lavoratrici della scuola ancora non immunizzati.

E, infine, le Borse affondate dalla variante Delta. Quando si dice che per ripartire occorre mettere all’angolo il virus. Ne scrivono, tra gli altri, Il Sole 24 Ore: “Più contagi e variante Delta: lunedì di paura nelle Borse”, e il Corriere della Sera. “Variante Delta, petrolio giù e Borse ad alta tensione”.

L’Agenda degli appuntamenti

Per il quadro completo di tutti gli appuntamenti Cgil, vedi l’Agenda di Collettiva.