Succede che la carrellata quotidiana delle brutte notizie venga interrotta ogni tanto dalle buone notizie.. Oggi vogliamo registrare due fatti positivi che riguardano i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Cominciamo dalla prima. “Una bella notizia per la coesione del nostro Paese, quella che arriva dall’esito dell’indagine della procura di Milano. Le persone che di lavoro fanno i rider devono essere assunte e avere tutte le tutele contrattuali e di sicurezza che derivano dall’applicazione di un vero contratto nazionale di lavoro”. Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini non ha dubbi: la maxi inchiesta dei magistrati milanesi che ha verificato la posizione dei fattorini impiegati nelle piattaforme digitali e ha portato all’invio dei verbali a quattro società, in cui si impone l’assunzione di circa 60 mila collaboratori in tutta Italia, conferma quello che il sindacato sostiene da sempre. E cioè che i rider non sono lavoratori autonomi e occasionali e hanno diritto a condizioni dignitose e sicurezza non più rinviabili. Ne parla Patrizia Pallara su Collettiva.it  

“Del resto questi sono i nostri principi costituzionali - argomenta Landini - l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro e non sullo sfruttamento. Pertanto chiediamo che si riattivino i tavoli di confronto con le imprese e la loro associazione presso il ministero del Lavoro. Non c’è più tempo da perdere”. Nell’ambito dell’indagine, per la violazione di norme sulla salute e sicurezza, le contestazioni degli inquirenti hanno condotto anche ad ammende per 733 milioni di euro a carico di Just Eat, Uber Eats, Glovo e Deliveroo. Non solo. A quanto risulta, con il verbale di riqualificazione del rapporto di lavoro la magistratura milanese obbliga i colossi del food delivery ad applicare la normativa prevista e quindi ad assumere con contratto parasubordinato i 60mila autonomi entro 90 giorni. Con altri diritti e ben altre tutele. “L'esito dell’indagine non ci stupisce – afferma la segretaria confederale Cgil Tania Scacchetti - da tempo le nostre strutture sono in prima linea nella denuncia delle condizioni spesso al limite della sopportabilità che i rider sostengono quotidianamente”.

I rider corrono sui quotidiani
La notizia trova notevole spazio sui quotidiani di oggi non solo tra le notizie di cronaca, ma anche tra i commenti. Sull’Avvenire parla il giurista Michele Tiraboschi, intervistato da Francesco Riccardi a pagina 5. Spiega tra l’altro Tiraboschi: “In sostanza si è stabilito che non sono lavoratori autonomi perché l'algoritmo della piattaforma stabilisce turni della prestazione, monitora i tragitti e valuta poi la prestazione penalizzando i rider meno performanti. Più che sulla semplice qualificazione giuridica del lavoratore, però, l'indagine si è concentrata sulla tutela della sicurezza del lavoro e infatti viene contestata la violazione del Testo unico del 2008, la legge 81. Qui sta uno dei segni di modernità di questa indagine: la conferma che il lavoratore va tutelato come persona, innanzitutto per quanto concerne sicurezza e salute, a prescindere dal suo inquadramento giuridico”. Sul Fatto Quotidiano Gad Lerner sottolinea la portata politica e internazionale della notizia. “Chissà se, di fronte all'inchiesta avviata della Procura di Milano su quattro grandi aziende di food delivery - con 700 milioni di multe comminate e la sollecitazione ad assumere i loro 60 mila lavoratori - si leverà dal fronte politico la solita accusa d'invasione di campo rivolta alla magistratura. 0 s invece verrà riconosciuto che, approfittando della giungla normativa, ha fatto comodo tollerare la formazione di quella che Luca Ricolfi definisce una vera e propria "infrastruttura paraschiavistica': Fondata sullo sfruttamento dei più deboli, pagati a cottimo, subordinati al comando di un algoritmo insindacabile, in assenza di tutele antinfortunistiche, previdenziali e di orario. Proprio come nel caporalato agricolo. La lotta contro l'arbitrio della gig economy, l'economia dei lavoretti, spacciata come vantaggiosa opportunità peri giovani, si scontrata con la condizione individuale dei loro rapporti di lavoro. Ma ciò non di meno, come agli albori del movimento operaio, la contraddistingue la sua portata internazionale. È dei giorni scorsi la sentenza della Corte suprema britannica che riconosce agli autisti Uber lo status di lavoratori dipendenti. Il governo conservatore di Boris Johnson sta facendo di tutto per evitare di trarne le conseguenze. E il governo italiano, come si regolerà?..
Su Repubblica (pagina 26) Riccardo Luna ricostruisce il contesto dove si colloca la notizia di ieri. “Molti di questi impieghi formano la cosiddetta "gig economy", l'economia dei lavoretti, che tecnicamente esiste da un decennio, da quando ci sono le app e "il lavoro si è uberizzato" si è detto, riferendosi alla società simbolo di questo settore (Uber). Vuol dire che in teoria non esistono dipendenti ma solo "volontari", che lavorano quando vogliono. In teoria. Questa cultura non nasce con le app, viene da lontano. Nel 1984, quando Internet era ancora una roba per pochi ma i personal computer iniziavano a dilagare, il fondatore della Intel Robert Noyce lo disse chiaramente quale era (ed è) il nemico numero uno della Silicon Valley: «Rimanere senza sindacati è essenziale per la sopravvivenza della gran parte delle nostre aziende. Se dovessimo applicare le regole dei sindacati saremmo falliti». Per questo a gennaio ha fatto scalpore la nascita del primo sindacato della Valley, quello dei lavoratori di Alphabet, la società che controlla la galassia di Google. E ancora più nervosismo c'è per il referendum in corso in Alabama dove i dipendenti di un magazzino di Amazon stanno votando per avere o no un sindacato: la cosa è così osteggiata che persino Amnesty International ha ritenuto di dover intervenire invitando tutti a mandare una mail a Jeff Bezos in cui si chiede di rispettare la volontà dei lavoratori. ..”Sempre su Repubblica la notizia dell’indagine della Procura di Milano è raccontata da Luca De Vito a pagina 12. Sulle pagine milanesi di Repubblica i racconti dei ciclofattorini di Milano, una città dove lo sfruttamento di queste forme di lavoro ha avuto in questi ultimi anni uno sviluppo tumultuoso: “Il far west del delivery: noi in bini per 12 ore sperando nelle mance” (Repubblica Milano, p. 2).
Sul Corriere della Sera (p.21) Rita Querzè intervista Angelo Avelli, portavoce di Rider Union di Deliverance Milano che contesta il contratto firmato dall’Ugl con Assodelivery e annuncia una mobilitazione nazionale per marzo. “..L'applicazione della legge e l'intervento dei giudici stanno rendendo evidenti tante ingiustizie. Ricordo in particolare la sentenza della Cassazione che ha già disposto l'equiparazione del trattamento dei rider agli standard del lavoro dipendente e quella del Tribunale di Bologna che ha definito discriminatorio l'algoritmo con cui Deliveroo assegnava il lavoro. La giustizia però ha tempi lunghi e noi abbiamo bisogno di tutele adesso. Per questo stiamo organizzando una nuova protesta a breve”. Quando? Con quali modalità? “Ne parleremo oggi in un'assemblea online. L'intenzione è di arrivare a una giornata di mobilitazione a fine marzo. In questi mesi abbiamo svolto un servizio essenziale. E lo abbiamo fatto spesso senza i dispositivi di sicurezza adeguati, a partire dalle mascherine.” Ed è sempre Rita Querzè a fare il punto in generale sui possibili effetti della notizia: “Le aziende pronte a fare ricorso, ma c’è anche chi pensa ad avviare subito le stabilizzazioni” (a pagina 21). Nell’articolo di Rita Querzè si rilanciano anche i commenti dei dirigenti sindacali, a partire da quelle del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. 
Su La Stampa scrive Gabriele De Stefani: “Ora tremano i big del delivery, in gioco affari per un miliardo” (p.17). In particolare De Stefani ricorda l’unica eccezione nella giungla italiana della gig economy. “…Just Eat nei mesi scorsi ha rotto il fronte delle multinazionali e, unica in Italia, ha deciso di garantire un contratto da lavoratori dipendenti: ferie, malattia, paga oraria, bici e motorini aziendali. «È anche una scelta etica, i nostri rider non possono più dipendere solo da una app» aveva detto l'amministratore delegato per l'Italia Daniele Contini, fautore di una svolta figlia anche della fusione con Takeaway. Proprio in queste settimane nel Milanese stanno scattando le prime assunzioni. Per Just Eat, che ha incassato il plauso dei sindacati, è anche il modo per assicurarsi un ritorno di immagine: siamo rispettosi dei nostri ragazzi, è il messaggio da recapitare ai clienti. “Crediamo in un modello sostenibile e migliorativo per tutti”, ha aggiunto ieri l'azienda….”
Sul manifesto Mauro Ravarino (p.3) parla dello sciopero di oggi in Piemonte dei driver di Amazon. “Sicurezza, ritmi folli e terziarizzazioni sono temi costantemente all'ordine del giorno. Solo pochi giorni fa, Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti avevano chiesto, in un incontro preliminare con Assoespressi, “garanzie di omogeneità positiva su tutto il territorio nazionale anche a tutti i driver che consegnano per Amazon”. E avevano ribadito “l'indispensabilità di una visione ed una regolamentazione comune, per l'intera filiera di Amazon, che garantisca tutele e diritti a tutto il personale interessato, sia esso direttamente dipendente o occupato in appalti e affidamenti”. Un obiettivo da cui si è ancora lontani. Il mondo driver Amazon è in sofferenza. Ci sono state recenti mobilitazioni a Pisa e a Padova, dove lo sciopero di cento autisti - sottoposti a un algoritmo che li costringe a consegne di 130 pacchi al giorno - aveva paralizzato la quotidiana distribuzione di merci. Per il colosso mondiale della logistica quello non è affare proprio, ma, secondo i sindacati, le ditte appaltatrici applicherebbero prescrizioni contrattualistiche «imposte» dall'azienda americana. Richieste incessanti ma scarse tutele…”Sempre sul manifesto l’articolo di Roberto Ciccarelli: “Questa è una notizia bomba, ecco il risultato delle lotte”. Parlano i giuristi Martelloni e De Stefano: “Un risultato valido per tutti, ora intervenga il governo” (a pagina 3).
Sul Messaggero scrive Claudia Guasco (p.14): “Sistema delivery. Faro dei pm sui rider: strutture occulte per evadere le tasse”. Dai giudici di Milano istruttoria fiscale su Uber eats. Ma nel mirino ci sono tutte le piattaforme. L’ordine di assumere 60 mila fattorini. Nel panorama della stampa si distingue il  quotidiano di destra Libero che si schiera nettamente con le aziende: “Mazzata sul cibo a domicilio. Ora 60 mila rider vanno assunti” (Tiziana Lapelosa, pagina 12). Anche Milano Finanza si lamenta del pronunciamento della magistratura: “Stangata sul food delivery: vanno assunti 60 mila rider” (Francesco Bertolino, p.2). 

Il pronunciamento sull’articolo 18
La seconda notizia positiva di oggi riguarda la disciplina dei licenziamenti. Sul manifesto (p.7) Massimo Franchi parla della sentenza della Corte Costituzionale che su un ricorso del Tribunale di Ravenna, stabilisce che la reintegra del lavoratore licenziato ingiustamente è obbligatoria e non facoltativa come avevano stabilito la Legge Fornero e il Jobs Act. Scrive Franchi. “Un altro colpo al Jobs act di Renzi e alla riforma Fomero del licenziamento senza reintegro previsto dalla riforma del 2012. La Corte costituzionale ieri ha accolto il ricorso di legittimità sollevato dal tribunale di Ravenna sulla disparità rispetto ad un licenziamento di tipo economico rispetto a quello per giusta causa. In caso di «manifesta insussistenza» del licenziamento, nel primo caso la reintegra sul posto di lavoro non era automatica come invece previsto per il licenziamento per giusta causa. La consulta ha ritenuto questa facoltà di scelta del giudice non in linea con la Costituzione. La disposizione, in particolare, sarebbe lesiva dell'articolo 3 sull'uguaglianza dei cittadini. Per questo motivo i giudici di Ravenna avevano portato la norma davanti alla Corte Costituzionale. ll motivo dell'incostituzionalità sta nel fatto che, per com'è stata modificata, la norma rischia di creare disparità di trattamento ingiustificate tra lavoratori in pari condizioni, cioè licenziati per un motivo (economico o disciplinare) che non si rivela fondato…” Lettura opposta quella di Italia Oggi che si lamenta per il “ritorno al passato” sull’articolo 18. Ne parla Daniele Cirioli che spiega lo stop alla riforma Fornero (p.30). 
Sul Sole 24 ore la sentenza della Corte Costituzionale è spiegata da Angelo Zambelli. “Licenziamento economico e legge Fornero, più spazio alla reintegra. Per manifesta insussistenza, reintegrazione obbligatoria” (a pagina 23). Ecco la conclusione dell’articolo di Zambelli: “La Consulta, con un'ulteriore "spallata" rettificatrice della disciplina dei licenziamenti introdotta in questi ultimi anni - già toccata in profondità con la dichiarazione di incostituzionalità dell'automatismo di calcolo del risarcimento introdotto dal Jobs act per i licenziamenti di lavoratori assunti dopo i17 marzo 2015 - ha dichiarato, proprio in relazione all'articolo 3 della Costituzione, illegittima tale previsione perché foriera di irragionevole disparità di trattamento (le motivazioni della sentenza saranno depositate nelle prossime settimane). Viene così sancita l'obbligatorietà della tutela reintegratoria in tutti i casi in cui venga accertata la manifesta insussistenza del fatto oggettivo, eliminando per il futuro qualsiasi discrezionalità sanzionatoria del giudice nel licenziamento economico.”

Le altre notizie da prima
Anche sulle prime pagine, oltre che nei servizi e commenti interni, la notizia dell’inchiesta della procura di Milano sul lavoro dei rider è molto evidente. Tra le altre notizie ancora al centro dell’attenzione lo scontro sulle regole della lotta contro il Covid. “I divieti restano fino a Pasqua”, titola il Corriere della Sera, che tra l’altro propone una interessante inchiesta di Federico Fubini e Simona Ravizza sulle “fiale sparite” (a pagina 9). “I contagi salgono, divieti fino a Pasqua” è il titolo di Repubblica che propone una seconda apertura a centro pagina sulle decisioni del presidente Mario Draghi sulla composizione della squadra dei sottosegretari: “Il premier convoca il Cdm e costringe i partiti a chiudere la battaglia: 39 nomine, grillini dimezzati, nove alla Lega. A Gabrielli la delega agli 007. Sei posti al Pd, cinque sono donne. Scontro sull’editoria: scelto il forzista Moles”. Anche il Messaggero apre con la lotta alla pandemia: “Vaccini, la frenata di Roma”. Nella capitale – si spiega nel sommario – e nel Lazio due medici su tre rifiutano le prenotazioni: campagna vaccinale a rilento. Pressing Ue sulle case farmaceutiche per garantire le forniture. AstraZeneca: saremo puntuali. Secco il titolo de La Stampa: “Draghi chiude l’Italia fino a Pasqua”. Tra i commenti del quotidiano torinese da segnalare quello di Veronica De Romanis, “il dovere di spendere bene” i soldi del Recovery (a pagina 21). E mentre il Fatto Quotidiano dichiara la sua netta contrarietà alle scelte di Draghi sulla composizione del governo e delle squadre ministeriali (“I sottomostri”), il Sole 24 ore riporta l’attenzione sulla bruttissima congiuntura economica: “Pil Eurozona, l’Italia vale il 18% in meno”. Non c’è solo la crisi da Covid: nel 2001 il Paese pesava il 17,7%, oggi si ferma al 14,5. Al di là degli aiuti il Recovery dovrà arrestare la stagnazione italiana. Sempre sul giornale confindustriale la notizia di un pacchetto da 6,7 miliardi nel decreto ristori per la transizione digitale 4.0. (Carmine Fotina a pagina 2). Sul manifesto, oltre ai titoli su rider e sottosegretari, si torna a parlare della crisi del Pd, con la minaccia di dimissioni avanzata ieri da Zingaretti che però in serata ci avrebbe ripensato. Ma per il manifesto si sta accelerando verso la convocazione di un congresso vero. Bonaccini si scalda. (Carugati a pagina 4). Su La Stampa, ma anche su altri quotidiani, rimbalza la notizia del tweet del segretario Pd Zingaretti in difesa della trasmissione televisiva condotta da Barbara D’Urso. Sul Messaggero, a proposito di crisi da Covid, da segnalare l’editoriale di Giuseppe Roma sulla sfida del turismo, il primo a ripartire, mentre per quanto riguarda ancora la politica da segnalare su Repubblica una intervista a Luigi Di Maio: “Sì a Conte. I 5Stelle ora sono un movimento moderato e liberale” (Annalisa Cuzzocrea a pagina 4)
Grande impressione nelle mondo delle istituzioni ha suscitato ieri la notizia del suicidio di Antonio Catricalà che tra i vari incarichi prestigiosi della sua carriera aveva ricoperto quello di sottosegretario all’Economia e presidente dell’Antitrust. Ieri mattina si è tolto la vita in casa propria, cogliendo di sorpresa tutto il mondo delle istituzioni. La moglie ha riferito alla polizia che da qualche settimana era preoccupato per via di un problema cardiaco per il quale era sotto osservazione medica. Uno stato d’ansia che potrebbe essere alla base del gesto del marito. L’avvocato,, 69 anni, è stato trovato senza vita poco dopo le nove di ieri mattina, proprio dalla moglie, sul terrazzo di casa, al primo piano di un palazzo di via Antonio Bertoloni, ai Parioli: Diana Agosti ha raccontato di aver udito un colpo e di essere uscita. Per Catricalà non c’era più nulla da fare, nonostante l’intervento di un medico del 118. 

Sul sito di Collettiva.it
Sulla piattaforma web della Cgil oltre alle notizie sui rider di cui abbiamo parlato all’inizio di questo mattinale, il servizio di Patrizia Pallara sulla riforma dello sport: . La riforma dello sport e del lavoro sportivo è a rischio. E con essa anche la trasformazione formale in lavoratori di oltre mezzo milione di collaboratori, finora inquadrati come volontari a rimborso spese, senza tutele, senza diritti, senza pensione. Termine ultimo per salvare un provvedimento che ha visto la luce dopo un lungo iter è il 28 febbraio. L’allarme lo lanciano i sindacati Slc Cgil, Nidil Cgil, Fisascat Cisl, Felsa Cisl, Uilcom e Uiltemp: se entro domenica non si approverà il decreto attuativo della legge delega, relativa appunto alla riforma dello sport (la n.86 del 2019), questa decadrà. E bisognerà ricominciare tutto da capo. Nello spazio dedicato alle notizie dai territori, il video di Davide Colella sull’Enel di Civitavecchia: la protesta dei manutentori della centrale termoelettrica. Dopo anni di battaglie a salvaguardia dell'ambiente, entro il 2025, il nostro Paese dismetterà il carbone. Ma le conseguenze sull'occupazione rischiano di essere devastanti. Dei 450 operai manutentori impiegati nel sito a nord della Capitale, potrebbero rimanere in forze all'ex monopolista appena il 10%  Nella rubrica Buona Memoria si parla del grande pugile Muhammad Alì, la leggenda che fece a pugni con il razzismo 

Gli appuntamenti in agenda
Per il quadro completo di tutti gli appuntamenti, vedi l’agenda sul sito della Cgil nazionale  e l’agenda di Collettiva