Virus, ristori, nuove strette e fiducia al Senato dominano sulle prime pagine dei giornali di oggi. La Repubblica apre con: “Draghi, aiuti alle imprese ma non più a pioggia”; il Corriere della sera sceglie: “Virus, una nuova stretta Scattano altre zone rosse”. Il Messaggero punta invece su: “Licenziamenti, ok da Pd e Lega, blocco per tutti fino a giugno”, mentre la Stampa apre con: “Draghi: così ricostruiremo l'Italia”. Il Sole24Ore sceglie: “Nel 2021 il Tesoro si finanzia a tasso zero”, mentre il Fatto quotidiano punta su: “C'è vita nei giallorosa. Una sponda per Conte”. “La linea del Pieve” è invece il titolo del Manifesto.

Interviste
Fabrizio Massaro del Corriere della sera, a pagina 29, intervista la giurista Antonella Sciarrone Alibrandi, che dice: “Usiamo i soldi del Recovery plan anche per risolvere il problema dei crediti deteriorati delle aziende. E l'Europa deve cambiare le regole troppo rigide. Perché se non aiutiamo le imprese che possono salvarsi, non ci sarà ripresa”.

Sulla Stampa, a pagina 8, Giuseppe Bottero intervista invece il numero 2 di Confindustria Maurizio Stirpe sul blocco dei licenziamenti. “La nostra posizione è chiara: è corretto bloccare i licenziamenti per tutte le attività che sono ferme per decreto, che devono continuare a ricevere la cassa Covid gratuita e il differimento degli oneri fiscali e contributivi – si legge -. Per quanto riguarda le aziende che magari hanno ridotto i loro livelli di attività ma possono continuare a lavorare, è necessario che si torni a regimi ordinari. Devono riposizionarsi sul mercato il più in fretta possibile. Basta questo? No, abbiamo suggerito di affrontare altre priorità. Bisogna intervenire per mitigare gli effetti del decreto Dignità per quanto riguarda le causali relative ai contratti a termine. Partendo dalla considerazione che dei 444 mila nuovi disoccupati la maggior parte è a termine, proprio per venie incontro ai settori che hanno usufruito di questi lavoratori, occorre agevolare anche provvisoriamente questo regime per recuperare quanti più posti possibile”.

Su Avvenire a pagina 18 appare poi un'intervista di Silvia Camisasca a Stefano Scarpetta, responsabile occupazione per l'Ocse. “Gli effetti, sia diretti che indiretti, della diffusione del virus sono molto più pesanti per le fasce vulnerabili - afferma - in particolare, i lavoratori a basso reddito, sia per le condizioni professionali che abitative, stanno subendo le conseguenze più dure: quelli a reddito alto (quarto quartile della distribuzione del reddito) hanno avuto il 50% di probabilità in più di proseguire le attività con il telelavoro rispetto ai lavoratori a reddito medio basso (primo quartile), spesso, per altro, attivi nei servizi essenziali, più esposti al rischio di contagio. A ciò si aggiunge che quelli a basso reddito, o con lavori atipici o a part time, hanno il doppio delle probabilità di uscire definitivamente dal mondo del lavoro”.

Su Repubblica infine, a pagina 10, Anais Ginori pone delle domande al politologo francese Alain Minc sulla situaizone italiana. “È un governo di unità nazionale per utilizzare i 209 miliardi di euro del Recovery Plan - si legge -. Una volta che questa missione di Draghi sarà compiuta vedremo come proseguirà. Sono convinto che tutto sia ancora possibile. So che l'Italia rimarrà sempre l'Italia. Ad un certo punto potrebbe esserci di nuovo una instabilità politica. Ma una volta che Salvini si sarà schierato per l'Europa non vedo come potrà rinnegare questa posizione. Quindi, l'altro miracolo che si potrebbe compiere è dare finalmente all'Italia una destra ragionevole e normale”.

Editoriali e commenti
Il fondo del Corriere della Sera è affidato a Massimo Franco. “E' positivo – scrive - l'incontro dell'altro ieri tra i 'due nemici' Nicola Zingaretti, segretario del Pd, e Matteo Salvini, capo della Lega. Prendere atto che si e alleati e bisogna siglare una tregua in nome dell'interesse nazionale getta un seme di responsabilità da coltivare reciprocamente. Lo stesso seme si spera che venga piantato dai grillini. Si tratta di chiarire rapporti nel M5S e di smaltire le nostalgie per il precedente governo, alimentate strumentalmente con uno psicodramma che esalta narcisismi più dei risultati reali. In qualche misura, tutti debbono fare i conti con le proprie contraddizioni; con quanto hanno detto sugli avversari prima di essere costretti a prendere atto di non avere alternative ad allearsi anche con loro. Amalgamare formazioni agli antipodi implica la consapevolezza di una fase totalmente nuova”.

Il segretario Dem Nicola Zingaretti scrive poi di prorpio pugno su Repubblica a pagina 8: “Il governo Draghi rappresenta una grande scommessa. Il Pd lo sosterrà con impegno e lealtà; con i suoi contenuti programmatici e con i suoi ideali e valori. Draghi è una grande personalità: italiana, europea e internazionale. È rispettato nel mondo politico, così come è riconosciuto dalle grandi forze economiche e imprenditoriali di tutto il mondo. È stato messo a disposizione della Repubblica dal Presidente Mattarella. Che per questo va ringraziato. È stata la risposta, e poi la soluzione, di una L' crisi improvvisa, non giustificata e che poteva con ogni probabilità trasformarsi in una drammatica avventura. L'esito positivo è stato possibile, vorrei ribadirlo senza alcun compiacimento o presunzione, grazie al sostegno dell'insieme delle forze che hanno sostenuto il precedente governo. L'aver mantenuto l'asse unitario tra il Pd i 5 Stelle e LeU, che fino all'ultimo ha tentato di dare basi pii ampie e solide al Conte II (già forte della fiducia nei due rami del Parlamento) ha permesso con più facilità, convinzione e naturalezza di portare attorno a Draghi l'insieme del campo democratico. Questa unità rappresenta il punto di appoggio più solido e credibile per l'esperienza di direzione del Paese, appena avviata”.

Il fondo della Stampa è invece affidato alle parole del neo-ministroalla transizine ecologica Roberto Cingolani. “E' ora di ridurre l'impatto delle mega-città a crescita delle città pone una serie di sfide che sono di natura ambientale e sociale – si legge - e rappresentano allo stesso tempo una causa e una conseguenza degli squilibri del nostro ecosistema. L'urbanizzazione pub agire da stimolo di ricchezza e conoscenza, attraverso un modello di sviluppo che, sul lungo periodo, garantisce un impatto minore sul pianeta. Ma se viene gestito in maniera troppo rapida e sregolata, rappresenta un catalizzatore del degrado ambientale. In questo, il fenomeno dell'urbanizzazione è esemplificativo dei paradossi del progresso dei Sapiens. Ogni avanzamento della tecnologia è determinato dalla risposta a problemi di natura concreta, ma può generarne di nuovi”.

A pagina 3 di Avvenire Maurizio Ambrosini scrive invece di nuovi italiani e diseguaglianze: “L'immigrazione riscuote molta attenzione quando viene considerata a sé stante, in modo sensazionalistico e perlopiù ansiogeno, mentre scompare dai radar quando si tratta di questioni generali del Paese – si legge -, dalla ripresa al mercato del lavoro alla famiglia. Sta succedendo anche questa volta. Le disuguaglianze legate all'origine etnica rappresentano invece una delle maggiori sfide alla coesione sociale che i Paesi occidentali si trovano ad affrontare, come ha ricordato in modo emblematico negli Stati Uniti il movimento Black Lives Matter. E ora che ce ne accorgiamo anche in Italia, prima che la situazione degeneri. Senza tenere conto del lavoro non registrato, secondo l'ultimo rapporto ministeriale sul lavoro degli immigrati (2020), i 2,5 milioni di stranieri occupati regolarmente in Italia (10,7% dell'occupazione complessiva: un occupato su 10) si concentrano per il 77,1% in qualifiche operaie, mentre soltanto, 1'1,1% figura come dirigente o quadro. A più di trent'anni dall'ingresso dell'Italia nel novero dei Paesi d'immigrazione, il lavoro degli immigrati è ancora definibile con la formula delle "cinque P": pesante, pericoloso, precario, poco pagato, penalizzato socialmente”.

Su Domani, a pagina 10, Francesca De Benedetti si occupa poidi gender gap in Europa: “Se si va avanti a questo ritmo, servirà ancora un secolo alle donne tedesche per essere retribuite quanto i colleghi uomini. Alle francesi addirittura un millennio. In nove paesi la situazione non farà che peggiorare, in tre invece il divario sarà colmato in un decennio, ma solo perché la paga è cosi bassa per tutti che la differenza non si nota. Le europee guadagnano in media, all'ora, il 14 per cento in meno dei maschi. In Italia le donne guadagnano il 4 per cento in meno, uno dei tassi più bassi d'Europa (la Germania è al 20); dove il tasso di impiego femminile è basso, la disparità è meno visibile. Il 3 marzo la Commissione europea presenterà la sua proposta per una direttiva sulla trasparenza retributiva, ma è servita una forte pressione per resuscitare il progetto. Ha rischiato di finire insabbiato, proprio mentre la crisi da Covid-19 pesa di più sulle donne”.

Lavoro, welfare, sindacato
Sul Corriere della Sera a pagina 31 Enrico Marro dà notizia della staffetta al vertice della Cisl, con Furlan che lascia a Sbarra il timone del sindacato: “Questa volta il ricambio al vertice della Cisl non sarà traumatico come nel 2006, quando Raffaele Bonanni defenestrò Savino Pezzotta, e nel 2014, quando lo stesso Bonanni, travolto dallo scandalo della 'pensione d'oro', fu costretto a passare il testimone alla sua vice, Annamaria Furlan. Ieri la stessa Furlan, 62 anni, al termine del comitato esecutivo, ha annunciato che, a marzo, lascerà la carica di segretario generale. Al suo posto verrà eletto Luigi Sbarra, segretario aggiunto dal 2018, quando con Furlan si accordarono che quest'ultima non si sarebbe ricandidata al congresso del 2021, che si terrà alla fine dell'anno, covid permettendo”.

Sulla Stampa a pagina 8 Luca Monticelli scrive poi di blocco dei licenziamenti: “Una mini proroga generalizzata del blocco dei licenziamenti, per definire nel frattempo un nuovo sistema di ammortizzatori sociali o un intervento che già dal primo aprile lasci lo stop sold alle imprese che utilizzano la cassa integrazione Covid. È il bivio davanti a cui si trova momento il neo ministro del Lavoro, Andrea Orlando. Lui non si sbilancia e nei prossimi giorni ne discuterà con gli altri ministri. L'estensione selettiva del divieto, solo alle aziende in sofferenza, è una strada che in un governo con più anime trova degli estimatori e toccherà a Mario Draghi fare la sintesi, probabilmente anche in base a come evolverà il virus”.

Il Manifesto a pagina 4 dà invece notizia del primo sciopero dei driver Amazon: “Nel magazzino di Vigonza (Padova) primo sciopero dei driver Amazon in Italia. La Filt Cgil è riuscita a fermare ben 100 driver - gli autisti che portano i pacchi a casa mirabilmente descritti in «Sorry we miss you» di Ken Loach - su 400 in una protesta contro 'eccessivi carichi di lavoro, turni estenuanti decisi da un algoritmo, pausa pranzo di mezzora non pagata'”.

Sulla Repubblica, a pagina 20, si parla invece di pensioni con Valentina Conte: “Effetto Covid anche sulla spesa previdenziale. Tenuta a bada nel 2019 - 12,88% del Pil - salirà nel 2020 al 14,48%, per cominciare a ridiscendere quest'anno al 14,11%. Sono le previsioni del centro studi e ricerche Itinerari previdenziali contenuti nell'ottavo Rapporto presentato alla Camera dei Deputati. Come mai questa crescita? 'Stimiamo per i12020 una perdita di occupati pari a 700 mila tra i non protetti dal blocco dei licenziamenti, cioè lavoro autonomo e contratti a termine', spiega Alberto Brambilla, presidente di Itinerari previdenziali. 'A questi si devono aggiungere 100 mila nuovi pensionati nel 2020, in gran parte per Quota 100, anche se ci aspettavamo di più da questa misura'. Ecco che meno contributi versati dai lavoratori e più gente in pensione fanno salire il rapporto tra spesa previdenziale e Pil”.

La Nazione a pagina 22 fa infine il punto sulla vertenza Bekaert. StefanoVetusti scrive: “Sono rimasti soli. O quasi. E' finito il tempo delle promesse della politica fatte a ridosso delle elezioni, delle visite di ministri-tute blu (Luigi Di Maio) davanti ai cancelli della fabbrica, di proclami, slogan, post solidali a invadere i social. Interessa ancora a qualcuno la sorte dei 116 operai della Bekaert rimasti senza lavoro, con la fabbrica ferma da due anni e otto mesi e la cassa integrazione che scadrà il 9 marzo? Dopo quella data, il buio. L'azienda, multinazionale belga che quasi tre anni fa annunciò la chiusura della fabbrica di Figline Valdarno, all'ultimo incontro in Regione Toscana con i sindacati non ha accettato la richiesta di proroga della cassa integrazione. 1116 operai saranno licenziati”.

Su Collettiva oggi si parla di Navigator, da procacciatori di lavoro a disoccupati.

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