Diciotto ore per la vita. Questa volta non in tv ma online. È il segno di un tempo nuovo anche questo, una grande maratona virtuale per raccontare come il paese sta reagendo all’emergenza del Coronavirus. L’Italia Chiamò è la lunga diretta web partita oggi (venerdì 13 marzo= alle 6 e che andrà avanti fino alle 24, in cui voci e volti della radio e della tv si alterneranno al microfono e si passeranno la linea. Su litaliachiamo2020.it, su YouTube e su centinaia di altri siti di news e di emittenti, che metteranno a disposizione le proprie frequenze e i propri spazi, si potranno porre domande in diretta o commentare con gli #litaliachiamo #iorestoacasa. 

Ci sono anche RadioArticolo1 e Rassegna.it a fare la staffetta in questo grande racconto collettivo, per sostenere una raccolta fondi a favore della protezione civile. “Se facessimo i medici o gli infermieri in questo momento saremmo in prima linea. Siamo giornalisti e lo facciamo a modo nostro, raccontando quello che accade” spiega Riccardo Luna, giornalista e promotore del live streaming su YouTube. “Un posto in terapia intensiva costa 70.000 euro, se ci mettiamo insieme riusciremo a dare una mano al paese”. Ci sarà la possibilità di donare attraverso un numero di conto corrente messo a disposizione nel corso della giornata di venerdì. Grazie alla collaborazione di tutte le compagnie telefoniche, si potrà anche inviare un sms. Ma sarà anche possibile prendere parte alla costruzione del racconto con il proprio pezzo di storia, scrivendo a partecipa@litaliachiamo2020.com e inviando audio, video, e immagini che verranno condivisi durante il programma.

“Rimanere in casa non è tempo perduto – aggiunge Luna –, ma l’occasione per fare qualcosa di straordinario. Attraverso la rete si può stare vicini anche stando lontani, possiamo provare a declinare un nuovo concetto di cittadinanza”. Il lungo live streaming ospiterà protagonisti del mondo della cultura, della scienza, dell’economia, dell’innovazione. Ma darà anche spazio a performance, spettacoli e interviste direttamente dalle case degli artisti: “assisteremo alla messa in scena di momenti di festival culturali, produzioni teatrali, concerti e mostre sospese o cancellate”.

E poi le testimonianze dal mondo della scuola e del lavoro, di chi, nonostante tutto, deve continuare ad andare a lavoro e di chi può (e deve) lavorare da casa. “Questa storia è anche un potente acceleratore di trasformazione digitale – conclude Riccardo Luna –, lo smart working era considerata la scelta dei fannulloni, di chi non ha voglia di fare. Invece non significa solo lavorare da casa, ma lavorare in un altro modo, fidandosi del proprio dipendente, valutandolo non sulla base di un rigido orario, ma su quella degli obiettivi raggiunti. Sicuramente, dopo quest’esperienza le competenze digitali degli italiani saranno cambiate e lo sarà anche il nostro modo di stare in rete”. Ora ciò che conta è restare a casa, ognuno nella propria. Ma insieme, in una grande piazza digitale.