Flessibilità in uscita: questo il tema dell’incontro di oggi (lunedì 10 febbraio) tra governo e sindacati sulle pensioni. L’appuntamento è a Roma, alle ore 9.30 al ministero del Lavoro (in via Flavia 6), per la Cgil partecipa il segretario confederale Roberto Ghiselli. Il vertice si concentra, appunto, sulla flessibilità in uscita una volta esaurita la sperimentazione di quota 100. “Non partiamo da un sistema che non sta in piedi, ma da una riforma nel 2011 che ha fatto pagare prezzi sociali molto pesanti, soprattutto ai giovani e alle donne”, ha detto il leader della Confederazione Maurizio Landini in un’intervista apparsa oggi sul Corriere della Sera: “È venuto il momento di riequilibrare la situazione, di riconoscere i lavori gravosi e il diritto a un'uscita flessibile”.

La Cgil è contraria all'ipotesi di una chiusura anticipata, quindi già alla fine di quest'anno, di quota 100. A sostenerlo è Roberto Ghiselli, augurandosi che “il governo non proponga la fine della sperimentazione della misura prima del tempo”. Il segretario confederale chiede che bastino 20 anni di contributi, a fronte di 62 anni di età, sottolineando che l'anno prossimo si esaurirà gran parte della platea che ha il metodo retributivo fino al 2011, e che quindi il costo per lo Stato sarebbe inferiore rispetto alle stime circolate nelle ultime settimane. “È particolarmente importante – ha detto – mantenere a 20 anni il numero dei contributi perché consentirebbe l'uscita anche alle donne, ma sarà importante anche portare il limite per l'uscita anticipata, rispetto alla vecchiaia, dalle 2,8 volte l'assegno sociale a 1,2 volte, quindi a circa 550 euro al mese”.

La proposta della Cgil è “un'uscita per tutti dai 62 anni e senza ricalcolo, prevedendo aiuti per donne, lavoratori discontinui, precoci, gravosi e usuranti”. Roberto Ghiselli ha anche ribadito il no della Confederazione allo scambio tra la previsione di un anticipo pensionistico e il calcolo interamente contributivo per l'importo della pensione con la richiesta di utilizzare tutti i risparmi avuti rispetto agli stanziamenti di “quota 100” sulla previdenza. “La perdita per il lavoratore può arrivare al 30 per cento”, ha concluso il segretario confederale: “Questi risparmi vanno tenuti nella previdenza, sono risorse importanti, ma non bastano per una riforma strutturale”.

Nell'incontro di oggi il governo non dovrebbe presentare proposte, attendendo una verifica politica dopo il primo round di incontri. Ma qualche indicazione arriva dai “tecnici” dell’esecutivo, come il docente di Economia politica Marco Leonardi, che sabato 8 febbraio (in un’intervista realizzata dall'agenzia Ansa) ha dichiarato che “tutto il pacchetto debba costare meno di quota 100”. Per Leonardi “dobbiamo uscire da quella misura, otto miliardi per le pensioni non ce li abbiamo. Se si uscisse subito da quota 100, dunque con una sperimentazione biennale invece che triennale, si dovrebbe disegnare una riforma complessiva, ma comunque spendendo meno di quanto speso per quota 100. L'uscita implica che si spenda di meno”

Ma, come detto, i sindacati si oppongono alla chiusura anticipata della misura. La proposta elaborata da Cgil, Cisl e Uil prevede il pensionamento flessibile a partire dai 62 anni, la richiesta di uscita con 41 anni di contributi a qualsiasi età, lo stop all'automatismo dell'aumento dell'età di vecchiaia legato alla speranza di vita (che attualmente dovrebbe scattare nel 2023). I sindacati chiedono anche misure in favore dei lavori gravosi e per chi ha svolto lavori di cura (come un anno di anticipo contributivo alle donne per ogni figlio), e di mantenere le tutele previste per le categorie protette con l'Ape sociale.