“L'ondata di reazioni provocate prima dai commenti del direttore artistico e conduttore del Festival di Sanremo, Amadeus, e poi dalla diffusione dei testi del trapper Junior Cally denotano come oggi la sensibilità e l'attenzione sui temi legati al rispetto delle donne sia profondamente cambiata, soprattutto nell'opinione pubblica”, sottolineano le dirigenti di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Liliana Ocmin e Alessandra Menelao.
 
“Purtroppo non si può dire altrettanto di chi, per il ruolo che svolge nel campo artistico così come in quello politico, giornalistico e culturale o di chi, più in generale, ricopre una posizione di forza nella diffusione delle proprie parole e idee. Troppo spesso personaggi pubblici e artisti, le cui parole inevitabilmente vengono amplificate e rafforzate dai media, trasmettono messaggi a forte contenuto sessista, a volte persino violento, utilizzando un linguaggio sbagliato, non appropriato e distribuendo giudizi e commenti che alimentano una cattiva cultura che relega le donne ben al di sotto del ‘soffitto di cristallo’. Ciò diventa ancor più grave se a veicolare questi messaggi è il servizio pubblico, la Rai, che dovrebbe attentamente riflettere sull’opportunità o meno di divulgare dal palcoscenico di Sanremo messaggi offensivi sulla dignità della donna che, come nel suo mandato e nella sua storia, dovrebbe promuovere la costruzione di un Paese migliore”, proseguono le tre esponenti confederali.
 
“Mentre ogni giorno nuovi studi confermano come la violenza sulle donne, che un giorno sì e uno no si traduce in femminicidio, sia legata anche a fattori culturali, riscontriamo fin troppa leggerezza e irresponsabilità nelle scelte del servizio pubblico radiotelevisivo che dovrebbe promuovere un modello educativo chiaro, incentrato sul rispetto di tutti i generi, sulla parità uomo/donna e condannare senza licenze artistiche ogni allusione alla sopraffazione e alla violenza di genere. Sappiamo che questo tipo di cultura diventa uno dei mezzi educativi per quelle coscienze che devono ancora formarsi”, continuano le tre dirigenti sindacali.
 
“Per questo – concludono le tre sindacaliste –, ci auguriamo che il dibattito di queste ore sull'opportunità delle scelte del servizio pubblico televisivo possa essere occasione per una riflessione più ampia sulla responsabilità di chiunque, in ogni ambito della società, ha il dovere di promuovere, rispettare valori costituzionali e modelli culturali rispettosi di tutti gli individui nei diritti e nelle prerogative di ogni donna”.