Una bomba nella notte, l’ennesima, a un’attività imprenditoriale. È questo il benvenuto che la mafia foggiana ha voluto dare ad Annapaola Porzio, commissario straordinario del governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura. Una visita già prevista quella di oggi, che arriva a pochi giorni dalla straordinaria mobilitazione di Libera e dai diecimila che hanno sfilato per le vie della città venerdì scorso per dire basta con pizzo e omicidi. Nel pomeriggio un incontro alla Camera di commercio con il mondo imprenditoriale, quello stesso che è sotto attacco del racket delle estorsioni, mentre domani è previsto un Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica convocato non in prefettura, ma, simbolicamente, nella sede del rettorato dell'Università.

E sempre a Foggia, ieri mattina, c’era stata nella sala di Palazzo Dogana la prima riunione degli Stati generali dell’antimafia sociale, una chiamata a raccolta della Regione Puglia per tenere in piedi il cartello di sigle del volontariato, istituzioni e parti sociali che hanno riempito le strade del capoluogo. C’era il presidente Michele Emiliano, tanti sindaci, gli stessi imprenditori, con il presidente della locale sezione Confindustria che ha comunicato la costituzione di parte civile dell’associazione nel processo “DecimAzione”, uno degli ultimi alla mafia foggiana.

Un fare rete che non ha fermato la bomba di stanotte, un atto intimidatorio che colpisce ancora i manager di ‘Sanità Più’, che gestisce una residenza per anziani e altre attività sociosanitarie rivolte alla terza età. All’inizio dell’anno era esplosa una bomba sotto l’auto di Luca Vigilante, direttore del personale della Rssa, entrato suo malgrado nelle intercettazioni proprio del processo “DecimAzione”: pizzo e assunzioni le richieste, che puntano più in alto.

Vigilante è genero di Paolo Telesforo, storico imprenditore della sanità foggiana, già proprietario di cliniche private e laboratori di analisi. Telesforo assieme a un altro socio ha rilevato tramite Universo Salute strutture e attività dell’Opera Don Uva - Casa Divina Provvidenza, 1.600 dipendenti, un polo sanitario con sedi a Foggia, Potenza e Bisceglie, centri di riabilitazione, hospice. È a Telesforo e al socio, si evince dalle carte del processo, che la mafia intende mandare un messaggio tramite Vigilante. E la mafia ha parlato ancora, con una bomba. “Non molleremo, smettetela, così non è vita”, le prime parole di uno degli imprenditori nel mirino del racket.

“La lotta alla mafia non è solo la risposta giudiziaria o delle forze di polizia – aveva detto don Luigi Ciotti dal palco della manifestazione di venerdì –, ma prevede una risposta sociale. Lavoro prima di tutto, cultura, scuola, welfare”. Quindi un appello alla politica, “al rispetto delle promesse e degli impegni presi”. In una provincia affamata di lavoro, con indici di disoccupazione tra i più alti d’Italia, dove le bombe non sono il miglior biglietto da visita per attrarre nuove iniziative imprenditoriali, servono nuovi investimenti. 

“Ogni nostro sforzo è orientato alla creazione di condizioni per nuovo sviluppo e nuova occupazione, ma la legalità è precondizione necessaria, indispensabile”, hanno scritto Cgil Cisl Uil nei giorni successivi agli attentati di inizio anno. Per il momento la prima risposta dello Stato dovrebbe essere quella dell’istituzione a Foggia di una sezione della Direzione Investigativa Antimafia. Se c’è da trovare almeno un elemento positivo, affermano sottovoce gli inquirenti, è che a ogni bomba che esplode corrisponde un no detto alla mafia, un imprenditore che non si piega al racket. ‘Sanità Più’ non ha ceduto al ricatto, ha denunciato, ma persone e attività sono ora esposte alle logiche ritorsive. Sta allo Stato garantire a loro, a chi lavora, alla città tutta, la possibilità di continuare a vivere in sicurezza.