“Abbiamo chiuso l'anno con 1.437 lavoratori in meno. Un’ecatombe, su cui poco si dice e niente si fa per arrestare questa assurda carneficina. Un contatore di morte, una contabilità fredda, che non tiene conto né dà l’idea che ognuna di queste morti porta con sé lacerazioni, dolore e rabbia all’interno delle famiglie per la perdita del proprio caro e che per ironia della sorte al dolore si aggiunge la perdita del reddito, con conseguenze devastanti sui livelli di vita e di protezione economica”. Così il segretario generale Fillea Cgil di Napoli, Giovanni Passaro, in una nota.
 
“L’incidente del 2 gennaio a Napoli, dei due lavoratori schiacciati da una gru, apre un 2020 all’insegna della continuità delle morti che hanno contrassegnato il 2019 e per invertire tale tendenza c’è bisogno di una lotta senza quartiere, che riporti al centro del lavoro legalità, diritto alla salute e alla sicurezza. L’intervento immediato è aggredire sfruttamento, incuria, inosservanza delle norme, certezza dell’impunibilità. Senza contare l’esercito di disoccupati e precari, che, pur di lavorare, sono pronti a occupare i posti di chi in quel luogo di lavoro è caduto”, continua il comunicato sindacale.
 
“Occorre ripartire dal Codice degli appalti, che tuteli lavoro, legalità, trasparenza. Occorre abbassare il ricorso al subappalto, che riduce diritti, protezione e incentiva il massimo ribasso. Se si vuole fare sul serio, bisogna buttare giù il muro dell’impunibilità, introducendo il reato di omicidio colposo, per dare un segnale di tolleranza zero verso chiunque risparmi sulla pelle dei lavoratori”, prosegue il sindacalista.
 
“Basta con cantieri ridotti a campi di battaglia. Con contratti di lavoro in dumping, per cui ti trovi false partite Iva, lavoratori con contratto di pulizie, agricolo, metalmeccanico, tutti contratti che costano di meno e in più hanno l’aggravante che non prevedono quella formazione, quelle tutele contro gli infortuni che nel contratto edile sono previste”, aggiunge il dirigente sindacale.
 
“Infine, troviamo immorale, che a 60 anni un edile stia ancora sulle impalcature e debba svolgere lavori pericolosi che, vista l’età, ha riflessi poco pronti, acciacchi di ogni sorta, vista e udito non più idonei a svolgere lavori che richiedono efficienza fisica e psichica. Al contrario, il segno opposto, sarebbe riconoscere la gravosità del mestiere, che i lavori non sono tutti uguali e far scendere gli operai dalle impalcature per poterli mandare in pensione. Sarebbe questo un modo per dimostrare che si vuole invertire la rotta a favore del lavoro. Altrimenti le chiacchiere stanno a zero”, conclude il leader degli edili Cgil.