“Il Jobs Act fa acqua da tutte le parti. Per noi, è una buona notizia, perché è un ulteriore tassello di una battaglia che la Cgil ha condotto per anni in solitudine. La Corte d'appello di Napoli ha rinviato alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia europea la disciplina sui licenziamenti collettivi della riforma del mercato del lavoro voluta dal governo Renzi in quanto discriminatoria. Innanzitutto, è emersa la disparità di trattamento su lavoratori che vengono per l’appunto discriminati esclusivamente rispetto alla data di assunzione con cui sono stati contrattualizzati, poi viene sottolineata l’inefficacia delle tutele sui licenziamenti che proprio il Jobs Act ha determinato”. Così Tania Scacchetti, segretaria confederale Cgil, ai microfoni di RadioArticolo1.

“Comunque, questo doppio rinvio pregiudiziale avviene anche a valle di un intervento parzialmente correttivo, fatto attraverso il ‘decreto dignità’, che però si è limitato a innalzare l’indennità dei risarcimenti, senza modificare la struttura della norma, che si è dimostrata inefficace rispetto alle tutele. Basarsi solo sull’anzianità per il diritto risarcitorio è estremamente discriminante e inefficace rispetto alla deterrenza che dovrebbe avere una norma anti-licenziamenti discriminatori, in quanto spesso illegittimi. Paradossalmente, comportamenti assai gravi - in ragione di un’anzianità breve del lavoratore - potrebbero essere in pratica non sanzionati adeguatamente, perché, di fatto, con un minimo di risarcimento si legittima l’azione discriminante”, ha rilevato l’esponente Cgil.

“Secondo noi, è palese il tratto di deregolamentazione delle scelte legislative degli ultimi anni. Abbiamo spesso detto che l’attacco alle tutele dei licenziamenti e del diritto del lavoro non è stato fatto solo eliminando le norme più evidenti, come l’articolo 18, ma anche le norme procedurali di accesso alla giustizia da parte dei lavoratori, su cui, anche in questo caso, abbiamo recuperato qualche terreno, ma c’è una disparità molto forte anche in termini economici. Il tratto della deregolamentazione dei diritti è stato fortissimo; non a caso, stiamo parlando di spostamento della tutela sul contraente più forte, ribaltando la ratio dello Statuto dei lavoratori, cioè costruire un insieme di tutele che diano strumenti al lavoratore che, fra le parti, è il contraente più debole. Quindi, questa serie di sentenze e di rinvii alle corti credo rimettano al centro la necessità che il lavoro abbia delle tutele, anche di rispetto delle norme di garanzia. Da tale punto di vista, l’Europa può darci una mano grazie alla carta di Nizza”, ha aggiunto la sindacalista.

“Con la Carta dei diritti universali del lavoro, la Cgil ha messo a punto un grande disegno riformatore del mercato del lavoro, purtroppo disatteso finora da tutti i governi che si sono succeduti, fatta eccezione per qualche singolo parlamentare, attivo nelle commissioni competenti. È una proposta che rimette al centro il lavoro, partendo dai cardini della dignità del lavoro e della democrazia e del ruolo partecipativo dei lavoratori, in qualità di costruttori di società, suffragata dal consenso popolare, derivante dal milione e 200.000 firme raccolte fra i cittadini. È evidente che sul tema dei diritti nello svolgere un lavoro, a maggior ragione quando tali diritti rischiano di essere pregiudicati da un rapporto impari fra datore di lavoro e lavoratore, varrebbe la pensa trovare un ragionamento ampio, di cui se ne gioverebbe non solo la politica, ma tutto il Paese”, ha concluso la dirigente sindacale.