Si è aperto il confronto tra Peugeot e Fca per dare sostanza all'accordo che è stato siglato la scorsa settimana. L’intesa tra i due gruppi darà vita a un enorme colosso industriale automobilistico con siti in Europa, negli Stati Uniti e in Asia, dove verranno prodotti i marchi Peugeot, Citroen, Opel, Fiat e Chrysler. “Salutiamo con favore il fatto che si sia determinata questa fusione. Qualche mese fa era saltata l’integrazione con Renault Nissan, e il rischio che Fca non avesse tutte le sinergie internazionali necessarie a sviluppare il proprio marchio era concreto”. A dirlo, ai microfoni di RadioArticolo1, è Emilio Miceli, segretario confederale della Cgil.

“Certo – ha continuato –, ora bisognerà vedere nel merito quali saranno gli effetti industriali di questa operazione. Effetti che non sono meno importanti della fusione in sé. Bisogna infatti capire che ne sarà della capacità produttiva nei singoli stabilimenti dei singoli paesi europei. Che ne sarà della manodopera delle fabbriche in Italia, ad esempio, che sono impiegate per circa la metà della propria capacità produttiva, e che sono tutte in regime di cassa integrazione a rotazione”.

Le risposte, ha affermato Miceli, “sono legate al successo o meno della fusione”. Una sinergia di questo tipo, infatti, “deve avere alla sua base l'incremento della produzione di autoveicoli e non un decremento”. Altrimenti si tratterebbe di “un'operazione a termine”. E poi c'è il grande tema delle sinergie tra Fca e Peugeot: “Cioè, qual è la condizione di partenza di questa fusione, quali saranno le missioni, le specializzazioni di stabilimenti. E quanto si investirà nelle nuove tecnologie dell'ambiente, della digitalizzazione perché ci sia una presa sul mercato del gruppo”.

Peugeot, in effetti, è molto più avanti di Fca rispetto alle auto elettriche. Quindi l'innovazione diventa la chiave per il successo di questo nuovo gruppo. “Fca – ha continuato Miceli – sconta la storica diffidenza del mercato americano sullo sviluppo dell’elettrico, e questo ha evidentemente portato dei ritardi. Non è stato così per Peugeot, così come per tante altre case, che hanno invece investito e quindi si trovano in una situazione di vantaggio. È una delle domande che è lecito porsi. Fca ha soltanto immaginato che un modello potesse diventare elettrico, la 500 L, e questo è il suo vero punto di debolezza. Bisogna vedere se, potendo disporre di una piattaforma più vasta e di un background più qualificato proveniente da Peugeot, l’elettrico potrà essere implementato e rafforzato”.

La fusione, tra l’altro, arriva in un’epoca di politiche per l'ambiente e di new green deal, in cui la politica discute molto di un nuovo modello di mobilità. “È un tema fondamentale”, per il sindacalista, “a patto che non si traduca nei balzelli di cui si parla in questi giorni”. “È assolutamente giusto che il governo presidi la questione, spingendo le imprese ad osare di più sul terreno dell'innovazione tecnologica, ben sapendo che è il quadro delle tecnologie esistenti che dirige la politica della sostenibilità”. Perché oggi “siamo nelle condizioni di poter chiedere alle imprese di fare un passo in avanti, e di sostenere questo sforzo. È assolutamente legittimo, ad esempio, che il governo pretenda da parte delle imprese dei comportamenti più virtuosi, dando la possibilità di dare lo stesso livello di benessere ai cittadini attraverso un ricambio profondo degli asset industriali del nostro Paese”.

Per Miceli, infatti, non si può far cassa “smantellando alcune filiere manifatturiere che sono importanti per l’Italia, e nelle quali siamo un paese guida in Europa, come la chimica e la plastica. È giusto chiedere un'accelerazione alle imprese e offrire un quadro normativo che possa sorreggere il passaggio verso una produzione più verde, ma bisogna farlo bene”. “Bisogna sapere – ha concluso – che in questo Paese alcune migliaia di imprese e 50-60 mila lavoratori vivono dell'industria della plastica e dell'imballaggio”. E che forse si potrebbe far tornare i conti in altro modo.