“È chiaro a tutti che l’obiettivo dell’azienda è quello di eliminare 140 posti di lavoro”. Non usano certo giri di parole i sindacati della Banca Intermobiliare (Bim), “boutique” torinese specializzata nella gestione di grandi patrimoni, impegnati da tempo in una dura vertenza che oggi (lunedì 4 novembre) vede un nuovo incontro tra sindacati e istituto. Il 26 settembre scorso il consiglio di amministrazione del gruppo (che proprio di recente ha rinnovato tutti i suoi vertici), proprietà dal 2018 del fondo irlandese Trinity Investments Designated Activity, ha approvato il piano strategico 2019-2024, fortemente contestato dai sindacati.

Il piano prevede 140 esuberi (su 423 dipendenti complessivi, pari a un terzo dell’intero personale), la chiusura di alcune filiali (sarebbero nove, sulle 23 complessive, quelle destinate a essere dismesse o accorpate ad altre) e il trasferimento dall'attuale sede centrale di Torino a Milano delle tre aree di business (investment banking, wealth management e asset management). A motivare questa profonda ristrutturazione, ha spiegato l’amministratore delegato Claudio Moro, una situazione dei conti insostenibile: nel 2018 i ricavi sono stati pari a 50 milioni di euro, a fronte di costi per circa 80 milioni, mentre dal 2015 a oggi le masse gestite sono scese da 12 a 5,4 miliardi di euro.

Il gruppo bancario, denunciano Fisac Cgil, Fabi, First Cisl, Uilca Uil e Unisin, sta “ragionando solo su dimissioni volontarie incentivate, senza neanche fare ricorso, ad esempio, all'uso del fondo di solidarietà che prevede l’assegno di accompagnamento alla pensione, e agli altri strumenti di contenimento dei costi da noi già messi sul tavolo durante la precedente procedura”. I sindacati evidenziano, appunto, che la “forza del ccnl del credito e degli strumenti a esso correlato è quella di avere un impianto normativo efficiente, che prevede tutte le tutele e gli ammortizzatori per gestire le questioni occupazionali in situazioni straordinarie”.

Proprio in quest’ottica Fisac, Fabi, First, Uilca e Unisin considerano assolutamente prioritario utilizzare tutti gli strumenti previsti dal contratto nazionale “in caso di tensioni occupazionali: prepensionamenti attraverso il fondo esuberi; risorse accantonate nella parte ordinaria del fondo, da utilizzare con giornate di solidarietà; ricorso allo smart working e utilizzo volontario del part time; ottimizzazione dei residui ferie e della banca delle ore”.

Nell'ultimo incontro, risalente al 23 ottobre scorso, i sindacati hanno chiesto chiarimenti riguardo alle modalità tecniche ed economiche e ai tempi dei trasferimenti degli uffici da Torino (che sicuramente vedrà il maggior numero di esuberi) a Milano, ma “l’azienda ha manifestato al momento la non volontà di affrontare l’argomento, subordinandolo a una seconda fase. Per noi è invece prioritario tutelare i colleghi coinvolti nei trasferimenti, entrando nel merito della valutazione di elementi fondamentali quali carichi di famiglia, disabilità, situazioni personali particolari, part time”. Le organizzazioni lamentano, inoltre, anche la chiusura della Bim di fronte “alla richiesta di dettagli sulla situazione degli esuberi nelle filiali”.

Fisac, Fabi, First, Uilca e Unisin ricordano che da anni criticano “le scellerate decisioni aziendali che hanno portato la Banca Intermobiliare in questa situazione, ma, pur non potendo entrare nel merito delle scelte strategiche, e quindi anche di come vengono ‘utilizzati’ i soldi”, ritengono “scandaloso che non siano impiegati per conservare i posti di lavoro, per valorizzare il capitale umano e creare le condizioni per un vero rilancio dell’azienda”. Ed è proprio – così concludono – rimarcando “le pessime gestioni manageriali, che abbiamo formulato all'azienda la necessità di intraprendere un’azione di responsabilità”.

(mt)