In un mondo in cui le risorse biologiche e gli ecosistemi non sono infiniti, serve uno sforzo di innovazione per nutrire la popolazione e garantire a tutti la salvaguardia delle risorse naturali, come acqua e suolo. La bioeconomia permette di trasformare le alghe in carburante, realizzare plastica biodegradabile e compostabile da risorse rinnovabili, produrre mobili e capi di abbigliamento a partire dai rifiuti, ricavare fertilizzanti a base di biomassa dai sottoprodotti industriali, e molto altro ancora. Sviluppare la bioeconomia, ossia il segmento rinnovabile dell’economia circolare, significa individuare soluzioni nuove per sopperire al fabbisogno di cibo, prodotti ed energia. E questo non gioverà solo all’ambiente e al clima, ma produrrà anche una notevole quantità di posti di lavoro “verdi” (si calcola un milione in Europa entro il 2030).

Ma cos’è precisamente la bioeconomia? È un sistema che si propone lo sfruttamento intelligente e sostenibile delle risorse rinnovabili di origine biologica, realizzando prodotti innovativi, massimizzando le opportunità di riutilizzo attraverso l’innovazione tecnologica e il cambiamento dei comportamenti di tutti gli attori coinvolti (imprese, istituzioni, cittadini). La bioeconomia, dunque, intende utilizzare le risorse biologiche terrestri e marine, così come i rifiuti, come input per l’alimentazione, la produzione industriale e di energia. Un tema ormai centrale nel dibattito politico nazionale e comunitario, sempre più attento a tematiche ambientali e di sostenibilità dei processi produttivi.

La bioeconomia italiana si posiziona terza in Europa, dopo Germania e Francia, con un fatturato annuo di circa 330 miliardi di euro e due milioni di posti di lavoro. L’Italia, inoltre, è seconda in Europa in termini di ricerca e innovazione, nonché spesso il primo Paese per ricchezza in biodiversità e prodotti innovativi e di qualità immessi sul mercato. Dati che sono stati divulgati durante la sessione di aggiornamento della Strategia nazionale per la bioeconomia, documento di cui l’Italia si è dotata nel 2017, che è stato presentato ufficialmente a Roma il 14 maggio scorso, presso la sede della Presidenza del Consiglio dei ministri, nel corso di una giornata di lavori interamente dedicata al presente, ma soprattutto alle sfide future, della bioeconomia nazionale ed europea.

È bene ricordare che la Strategia nazionale, approvata nel 2017, è stata predisposta dai ministeri di Ambiente, Agricoltura, Istruzione e Sviluppo economico, dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, dall’Agenzia per la coesione territoriale e da alcuni Cluster tecnologici nazionali. Il suo adeguamento è stato reso necessario anche in relazione al nuovo programma quadro della ricerca europea Horizon Europe 2021-2027, che verrà complessivamente finanziato con 100 miliardi di euro e prevede lo stanziamento di 10 miliardi per il macro settore agricoltura, alimentare, aree rurali e bioeconomia.

“I dati confermano la leadership italiana nella bioeconomia”, ha dichiarato Giulia Gregori, segretario generale del Cluster Spring e responsabile della Comunicazione istituzionale e della pianificazione strategica di Novamont: “La bioeconomia è crescita economica sostenibile e nuova occupazione, che passa dall’impiego di risorse rinnovabili locali e dalla creazione di innovazione anche nei siti deindustrializzati. In questo senso il ruolo delle Regioni è fondamentale per alimentare il sistema produttivo, utilizzando scarti locali e avere materie prime che non siano in conflitto con l’offerta di cibo e siano rigenerative per i suoli”.

Nel corso del suo intervento alla sessione di aggiornamento della Strategia nazionale, Giulia Gregori ha sottolineato l’importanza che “l’industria bio-based ha avuto e avrà sempre di più nel riconvertire i siti industriali dismessi, rigenerare le aree rurali, dare vita a bio-prodotti concepiti per la tutela delle acque e dei suoli, ridare valore alle comunità, incoraggiando la diffusione di una cultura sistemica e circolare”. Ha ricordato, infine, come la chimica bio-based sia “uno dei settori in cui il nostro Paese è leader con grandi investimenti privati”.

Per la bioeconomia la parola d’ordine è “interconnessione” tra i principali attori pubblici e privati del settore, con l’obiettivo di rendere ancora più efficiente e sostenibile un settore per il quale si prevede nel 2030 un aumento del fatturato pari al 15 per cento. L’interconnessione pubblico-privato, come appunto “detta” la Strategia nazionale del settore, deve riguardare ogni ambito della bioeconomia: dalle acque reflue come risorsa al biometano, dai nuovi sistemi di packaging alla digitalizzazione tesa a migliorare l’efficienza produttiva e la qualità dei prodotti. Proprio allo scopo di facilitare la connessione tra regioni, università, centri di ricerca, associazioni e industria, attraverso la cooperazione all’interno di importanti progetti multidisciplinari di innovazione, a partire dal 2012 alcuni attori chiave del settore hanno dato vita al Cluster della Chimica Verde SPRING (si veda scheda di approfondimento), con l’ambizione di fare dell’Italia uno dei poli di eccellenza della bioeconomia nel mondo.

Ma torniamo ai dati. A illuminarci su numeri e prospettive è il quinto rapporto “La bioeconomia in Europa”, realizzato nel marzo scorso da Intesa Sanpaolo e Federchimica Assobiotec. Un report ampio ed esaustivo, giunto con questo numero alla sua quinta edizione, che “si pone come obiettivo – è scritto nell’introduzione – quello di continuare a monitorare le attività legate alla bioeconomia, con la consapevolezza della natura sistemica e di filiera, dell’importanza delle fasi di chiusura a valle del ciclo, del contributo dell’innovazione tecnologica e del ruolo non trascurabile che gli attori pubblici possono avere, in particolare nei contesti locali”.


Credits “Cluster SPRING”

I numeri, allora. La bioeconomia rappresenta il 10,1 per cento in termini di produzione e il 7,7 per cento in termini di occupati sul totale dell’economia del nostro Paese, quote in linea con quelle dell’anno precedente. 

Il valore della produzione della bioeconomia, sempre nel 2017, è cresciuto di oltre 6 miliardi rispetto al 2016 (con un incremento dell’1,9 per cento), grazie al contributo positivo della maggioranza dei settori considerati, in particolare dei comparti di agricoltura e industria alimentare. Per quanto riguarda l’occupazione, invece, si è registrato un aumento contenuto nell’ultimo anno (0,2 per cento), condizionato dalla dinamica negativa in particolare nel settore agricolo.

L’Italia si caratterizza per una forte propensione al riciclo e al riuso dei rifiuti: l’attenzione alla corretta gestione dei materiali post-consumo con le attività di raccolta differenziata e di riciclo è ormai entrata nel quotidiano. La chiusura del cerchio, attraverso una gestione efficiente ed efficace dei rifiuti, consente al nostro Paese di posizionarsi fra i paesi europei con la più alta quota di riciclo: in Italia il 67 per cento dei rifiuti trattati viene avviato a riciclo, rispetto a una media europea del 55. Con riferimento ai rifiuti “biocompatibili”, che rientrano nell’alveo della bioeconomia (ossia rifiuti organici, fanghi, carta e cartone, tessile e legno), la capacità di riutilizzarli è ancora superiore: il 91 per cento dei rifiuti biocompatibili vengono riciclati, rispetto a una media europea del 77.

E concludiamo con il confronto europeo. Si evidenzia, in termini assoluti, il ruolo della Germania, con un valore della produzione della bioeconomia stimato pari a 402,8 miliardi di euro, seguita dalla Francia con 357,7 miliardi. L’Italia si posiziona al terzo posto, prima di Spagna (220,6 miliardi) e Regno Unito (189,8 miliardi). In termini occupazionali la bioeconomia registra valori compresi tra gli 1,2 milioni di addetti del Regno Unito e i 2,1 milioni di occupati tedeschi. L’Italia, con poco più di due milioni di addetti, si posiziona al secondo posto subito dopo la Germania, prima di Francia (1,7 milioni) e Spagna (1,5 milioni).

Scheda/ Il Cluster Tecnologico Nazionale SPRING

Il nome è davvero azzeccato: Spring. In italiano sta per “primavera”, e le immagini che richiama sono esattamente quelle giuste: rinascita, sorgente, inizio, aria fresca e nuova. “Vogliamo incoraggiare lo sviluppo delle bioindustrie in Italia attraverso un approccio olistico all’innovazione, volto a rilanciare la chimica italiana sotto il segno della sostenibilità ambientale, sociale ed economica”: così si legge in apertura del sito internet del Cluster Spring, nato nel 2012 per iniziativa di Novamont, Biochemtex, Versalis e Federchimica, con l’obiettivo di agire da propulsore della crescita economica sostenibile dei territori e dell’intero sistema nazionale.

Ad aderire a Spring (attualmente i membri sono 115) sono tutte realtà che operano nel campo della bioeconomia e che rappresentano l’intera filiera italiana della chimica “verde”: dai grandi player industriali alle piccole e medie aziende del settore, dagli atenei ai principali centri di ricerca operanti nel campo della trasformazione e della raccolta della biomassa, fino ai soggetti attivi sul versante del trasferimento tecnologico e della comunicazione ambientale. “Il Cluster – si legge ancora – vuole essere uno stimolo per l’innovazione sostenibile, una molla per lo sviluppo e per una crescita sistemica fondata sulla bioeconomia. Un’iniziativa che si evolve in costante dialogo con gli attori del territorio, nel rispetto della biodiversità locale”.

Il Cluster SPRING mette a sistema gli attori nazionali, con l’obiettivo di creare le condizioni per lo sviluppo di un contesto e di un tessuto industriale e accademico che favorisca lo sviluppo dell’intera filiera della chimica verde. Per raggiungere questi obiettivi dialoga con le istituzioni nazionali ed europee, favorisce la cooperazione territoriale e promuove l’accesso ai fondi di ricerca nazionali e comunitari. Il Cluster promuove inoltre iniziative formative per la creazione di competenze e la diffusione di una “cultura della bioeconomia”.

A oggi undici Regioni italiane (Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria, Veneto) e la Provincia autonoma di Trento si sono impegnate a sostenerne le attività, affermando la coerenza e la funzionalità delle proprie strategie di sviluppo e dei propri documenti di programmazione con la visione e gli obiettivi dell’associazione. A questo scopo è stato anche istituito tra i rappresentanti delle Regioni e Spring un tavolo permanente. Il Cluster è membro del tavolo nazionale sulla bioeconomia, che nel 2019 ha predisposto l’aggiornamento della Strategia nazionale della bioeconomia.


Credits “Cluster SPRING”