Si riapre, anche se in realtà non si era mai veramente chiusa, la vertenza della Italcementi, azienda leader mondiale nella produzione di materiali da costruzione, passata nel 2017 dalla famiglia Pesenti al gruppo tedesco Heidelberg Cement. E si riapre con lo spettro dei licenziamenti: ben 347, in larga parte dislocati a Bergamo e Taranto, che potrebbero essere attuati il 31 dicembre prossimo. A metà mese (precisamente il 17) si tiene a Roma, presso il ministero del Lavoro, un incontro tra governo, azienda e sindacati per cercare di trovare una soluzione. Senza novità positive in questi giorni, il 17 dicembre ci sarà anche lo sciopero nazionale del gruppo, con manifestazione sotto la sede del dicastero.

L’ultimo incontro al ministero si è tenuto il 29 novembre scorso, e non è andato bene. “L’azienda si è presentata senza un piano industriale che rendesse esplicito come organizzare la produzione in Italia dopo l’acquisizione di Cementir e di Cementir Sacci da parte della multinazionale tedesca Heidelberg”, affermano Fillea Cgil, Feneal Uil e Filca Cisl, rimarcando che il gruppo non ha dato disponibilità ad attuare gli investimenti industriali promessi negli stabilimenti”, confermando invece i licenziamenti. L’azienda, inoltre, ha dichiarato “di non essere disposta a integrare il trattamento di cigs, disdettando di fatto parte degli accordi sindacali, a invarianza di costi”.

Ma i sindacati stigmatizzano anche l’azione del governo. L’esecutivo, spiegano Fillea, Feneal e Uilca, nel corso del vertice ha evidenziato “che le parti hanno utilizzato la cassa integrazione negli scorsi anni per ‘spostare’ il problema e non per risolverlo”. E poi ha fornito “un’interpretazione faziosa, secondo la quale la prosecuzione della cigs è negata ai circa 180 lavoratori che hanno aderito al piano sociale. Di conseguenza, la proroga della cassa non è un atto dovuto”. Una posizione, evidenziano i sindacati, che dimentica “che la complessità della situazione occupazionale è aumentata dopo l’acquisizione di Cementir e Cementir Sacci” e non tiene in considerazione “i dati positivi di riduzione degli esuberi (circa 400 lavoratori ricollocati) duranti i mesi di cigs”.

Fillea Cgil, Feneal Cisl e Uilca Uil affermano che “se si attuasse la posizione del governo si creerebbe un precedente grave nella gestione delle crisi aziendali, perché verrebbero penalizzati i lavoratori che aderiscono ai piani sociali”. Le tre organizzazioni, infine, rimarcano che “in questi tre anni l’attività sindacale ha consentito di tenere in Italia il centro mondiale di ricerca del prodotto del gruppo Heidelberg, consentendo di ridurre gli esuberi con un’attenuazione dell’impatto sociale”.

Italcementi, come già ampiamente illustrato nell’ultimo incontro al ministero, non intende recedere dalle proprie posizioni. In un comunicato il gruppo tedesco ha ricordato che “quello che si conclude il 31 dicembre è parte di un percorso di ristrutturazione iniziato nel 2013, reso necessario da una fortissima contrazione del mercato del cemento, dove negli ultimi dieci anni si è registrato un calo di oltre il 60 per cento dei volumi”. Una situazione che, aggiunge la società, “non vede ancora oggi registrare significativi segni di ripresa”. Il gruppo tedesco ha fatto inoltre ampiamente capire, anche nel caso in cui il ministero dovesse prorogare la cassa integrazione, di non voler integrare il trattamento di cigs (pari a una cifra di circa 550-700 euro lordi a lavoratore).