L’aspettativa di vita nei paesi europei è cresciuta di anno in anno sin dalla fine della Grande Guerra, quindi da cent’anni a questa parte. Ma poi nel 2011 è cambiato qualcosa. La curva si è appiattita, sia per gli uomini che per le donne. L'aspettativa di vita ha smesso di crescere, anzi, ha cominciato a calare. In Italia, ad esempio, dopo il picco di 83,09 anni del 2014 (nel 1960 era 69,12), l'aspettativa è scesa a 82,54 nel 2015 ed è rimasta uguale anche nel 2016.

Secondo il professor Michael Marmot - tra i più autorevoli epidemiologi al mondo, autore del best seller “La salute disuguale” (Il Pensiero Scientifico, 2016) – si tratta di un dato “veramente drammatico”. Nel suo video-intervento al congresso della Fp Cgil nazionale che si sta svolgendo a Perugia, Marmot ha evidenziato come l'arretramento dell'aspettativa di vita sia “coerente con il periodo della crisi finanziaria, con le politiche di austerità che sono state adottate sulla scia della crisi finanziaria mondiale”.

E la tesi di Marmot è proprio questa: la salute è oggi più disuguale perché lo è la nostra società. Non a caso – ha osservato il professore della University College London – ci sono evidenze del fatto che laddove gli enti locali e quindi i servizi, sono più poveri, le persone muoiono prima. Questo vuol dire però che non si siamo di fronte a dinamiche incontrollabili, ma che, al contrario, le scelte di governo “possono fare la differenza”. Lo si è visto in Gran Bretagna, nel passaggio dal governo Laburista dei primi anni 2000 a quello conservatore, che ha smesso di investire negli enti locali più poveri del paese, facendo sì che le disuguaglianze nella salute delle persone, che prima si erano ridotte, ricominciassero ad aumentare.


La copertina del libro di Michael Marmot

Dunque, il messaggio che Marmot ha rivolto alla platea di sindacalisti della Fp Cgil, ed in particolare a lavoratrici e lavoratori della sanità, è stato quello di affrontare i problemi della salute con “l'approccio dei fattori sociali”, ovvero guardando a tutte le condizioni (sviluppo infantile, ambiente, lavoro, condizioni economiche e abitative) che incidono sulla vita delle persone.

Un appello raccolto nel suo intervento al congresso da Andrea Filippi, segretario nazionale della Fp Cgil Medici: “Abbiamo bisogno di ribaltare l'attuale modo di guardare al problema, che è tutto incentrato sul valore economico della malattia, anziché su quello della salute. E questa è l'impostazione che come Cgil stiamo cercando di dare anche alla nostra vertenza per il rinnovo del contratto – ha aggiunto il segretario – per far passare il concetto che è impossibile garantire il diritto alla salute senza valorizzare gli operatori della sanità”.

Certamente, il successo dello sciopero dei medici del 23 novembre (adesioni sopra l'80%) è stato un primo risultato importante, ma – ha detto Filippi – non sufficiente: “In piazza eravamo soltanto medici e questo non può andare bene. Serve un movimento che metta insieme tutti gli operatori e la cittadinanza, per rivendicare l'importanza dei servizi pubblici, del welfare e del loro finanziamento”.


Il presidio dei lavoratori della sanità privata a Roma

Una vertenza che parta in primo luogo dalla rivendicazione di migliori condizioni di lavoro per gli operatori, del pubblico e del privato accreditato (da 11 anni senza contratto). Questa è la priorità anche secondo Michele Vannini, capo area Sanità della Fp Cgil nazionale. “Perché il problema ha raggiunto ormai dimensioni tali da riverberarsi sulla salute stessa di chi in sanità ci lavora e quindi naturalmente, sulla qualità del servizio”, ha osservato Vannini. Carichi di lavoro insostenibili e deterioramento delle condizioni per gli operatori portano sempre più spesso a casi di burnout e di consunzione fisica anticipata. “Un operatore – ha detto ancora il dirigente sindacale - che sia infermiere, Oss o medico, che quando smonta dalla notte non ha una sostituzione e non può recuperare energie, è uno che pagherà sulla propria salute quella carenza di personale e fornirà la prestazione che può fornire una persona che sta lavorando da 12 ore e deve andare avanti per altre 6”.

“E allora – conclude Vannini - quando Marmot ci invita a tenere in forte connessione il tema sanità con i fattori sociali, ci richiama anche alla necessità di costruire una mobilitazione e un consenso crescente rispetto al fatto che il nostro Ssn è vicinissimo a un punto di rottura. Ed essendo quello strumento nato e cresciuto per garantire il diritto costituzionale alla salute questa partita deve diventare patrimonio comune della cittadinanza”.

Sì, ma le risorse? La domanda è sempre la stessa ed è anche legittima: dove si trovano le risorse per finanziare i servizi, assumere personale, rilanciare il welfare? È ancora il professor Marmot a offrire una risposta: “Il 50% della ricchezza nascosta nei paradisi fiscali appartiene allo 0,01% dei ricchi delle economie più avanzate – ha detto l'epidemiologo - E questa ricchezza equivale al 5% del Pil mondiale. Un'elusione fiscale enorme. Centinaia di miliardi di euro sottratti ogni anno alla collettività, risorse che – ha concluso Marmot - si potrebbero destinare ai nostri sistemi sanitari”.  

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