L’economia umbra mostra alcuni segnali positivi, ma la montagna da scalare è ancora molto alta se si considera che in dieci anni si sono persi oltre 16 punti di Pil e la disoccupazione è quasi raddoppiata. Per questo non si può attendere oltre, anche perché la congiuntura internazionale è minacciosa, e serve più che mai un cambio di passo: “La Regione apra il confronto con i soggetti sociali ed economici del territorio per cogliere le potenzialità e le opportunità che esistono”, ha detto Vincenzo Sgalla, segretario generale Cgil Umbria, introducendo la presentazione del nuovo rapporto Ires Cgil sull’Umbria, che si è tenuta oggi a Perugia.

Uno studio che “evidenzia elementi interessanti nel II trimestre 2018 – ha osservato Sgalla –, che vanno però inseriti in un’azione integrata ad ampio raggio, che vada a incidere sulle difficoltà strutturali che fanno sì che l’Umbria sia sempre un passo indietro rispetto alle altre regioni del centro”. Fra gli elementi su cui intervenire prioritariamente, il leader Cgil ha indicato la ricostruzione, “che può essere volano di sviluppo solo se inserita in un progetto di rilancio del welfare e del turismo”, e il mercato del lavoro, dove, “dopo la creazione di Arpal, bisogna concretizzare gli sforzi e favorire l’incontro tra domanda e offerta che, come il rapporto Ires dimostra, faticano ancora molto a incrociarsi”.

Nell'illustrare il report, Marco Batazzi, ricercatore Ires Cgil Toscana, ha messo in evidenza, fra le altre cose, proprio questa difficoltà: “C’è un problema di competenze trasversali, che ormai vengono richieste dalle aziende, anche alle fasce meno professionalizzate di lavoratori”. Se le note positive arrivano soprattutto dall’export e da una ripresa del lavoro autonomo, a preoccupare è invece l’andamento dei consumi delle famiglie, che testimonia una situazione economica difficile e in peggioramento, come conferma anche l’indice di povertà relativa, che è salito oltre il 12%.

“Storicamente, l’Umbria ha sempre scontato un ritardo sul piano economico, per le sue dimensioni e fragilità storiche – ha detto Mario Bravi, presidente Ires Cgil Umbria –. Ciò che invece la contraddistingueva in positivo era il suo alto tasso di coesione sociale e un welfare capace di comprimere le disuguaglianze. Oggi questo sta venendo meno ed è l’aspetto più preoccupante dal nostro punto di vista. D’altronde, se il nuovo lavoro che si crea è in larga maggioranza precario e povero (solo 2 nuovi rapporti su 10 sono a tempo indeterminato), allora è evidente che le disuguaglianze e le sacche di povertà sono destinate ad aumentare. Solo la creazione di buon lavoro può permetterci di invertire il trend”,