Siamo stati sgombrati, questo è il ventiduesimo (in tre anni, ndr), ricominceremo come abbiamo sempre fatto”. Poche parole, ma nitide ed efficaci, quelle pronunciate ieri al Giornale radio sociale da Andrea Costa, coordinatore del Baobab Experience, mentre le ruspe a favore di telecamera avviavano lo sgombero della struttura di accoglienza per centinaia di migranti e italiani poveri. Il 13 novembre la polizia si è presentata con i blindati alla struttura di piazzale Maslax, a due passi dalla stazione Tiburtina, e ha invitato tutti a lasciare l'area. Due bus hanno poi portato i migranti all'ufficio immigrazione, perché per loro non è stata trovata nessuna sistemazione alternativa. Gli operai hanno poi cominciato ad abbattere le baracche. Secondo una prima stima sarebbero circa 150 le persone trovate dalla polizia all'interno del presidio, 120 quelli che poi sono stati portati in via Patini, dove sono gli uffici immigrazione della Questura di Roma.

“Il punto – spiega ancora Costa – è che non si capisce davvero come si possa pensare di affrontare il tema dell'immigrazione e dell'accoglienza in questa maniera. Da stasera io credo che Roma sarà una città peggiore, certo non ci sarà alcun miglioramento. Saremo a fianco dei migranti ovunque essi siano, ovunque sia possibile. Alcuni spazi vanno conquistati, alcuni diritti vanno conquistati, disobbedire a decreti come il dl Salvini è un dovere civico di qualsiasi cittadino che voglia rispettare la Costituzione di questo Paese”. Ha concluso il coordinatore di Baobab: “Non sarà questo sgombero che ci impedirà di continuare a fare quello che facciamo da tre anni. In qualche maniera tenderemo una mano verso queste persone che hanno bisogno di aiuto e che, nonostante qualcuno le voglia dipingere come un pericolo, in realtà sono loro in pericolo e vanno aiutate”.

“Chi gestisce le questioni sociali nella capitale nel 2018? La polizia e l'Ama con le ruspe. Abbiamo detto più volte, anche all’assessore Baldassarre, che se c'è un problema di povertà intorno alla Stazione Tiburtina, il problema è sociale. E quali sono i poteri del Comune e quali sono invece le cose che lascia decidere in maniera autonoma alla Questura, alla prefettura?”. Così Roberto Viviani, volontario di Baobab, ai microfoni di RadioArticolo1.

Anche la Cgil capitolina è al fianco di Baobab. Lo ha confermato Roberto Giordano, sempre ai microfoni di RadioArticolo1. “Che Roma sia immobile da due anni – ha detto Giordano - è un fatto conclamato. Il volontariato a Roma va fortunatamente oltre il Baobab, ma si minaccia di chiudere realtà significative, aggregazioni, centri sociali, associazioni che lavorano sul territorio e danno delle risposte in maniera in qualche modo sussidiaria”. Aggiunge Giordano: “Il 1° dicembre faremo una manifestazione insieme ai movimenti per il diritto all'abitare, insieme al movimento degli studenti, tutti gli studenti, quindi tutte le formazioni studentesche, insieme al mondo dell'associazionismo, insieme al mondo della cooperazione sociale, per dare una risposta alle disuguaglianze che sono il problema del Paese e di Roma”.

“ll Baobab è inevitabile, finché ci sarà gente che ha bisogno, ci sarà grazie a Dio gente che aiuta chi ha bisogno. Nessuno riuscirà a farci smettere; ormai abbiamo esperienza”. Così la scrittrice Carola Susani, in un post pubblicato oggi su Facebook. “Il Baobab ha subito a mia memoria 22 sgomberi. Perché allora esiste ancora? - si chiede Susani sul social media -. Perché dopo il primo sgombero - quello della struttura di via Cupa - è diventato un'altra cosa, una organizzazione agile e leggera che dà aiuto, l'aiuto base, minimo, una tenda, sacco a pelo, coperte, abiti, cibo, relazione, a chi non ha dove andare, gente che arriva, perché la gente arriva ancora, gente ricacciata indietro dai paesi europei, gente che non ha più la tutela umanitaria e così via. Volontari, sostenuti nel tempo dalla solidarietà diffusa, dalle persone comuni, dalle pizzerie, ai supermercati, sono riusciti in questi anni a dare pasti ogni giorno, a proporre visite guidate, corsi, aiuto a stendere curriculum, ma sono riusciti anche a giocare a calcio, a correre maratone, ad ascoltare musica insieme”.

“Moltissimi passati dal Baobab hanno trovato la loro strada – prosegue Susani - , in Italia o all'estero, è un posto dove si sta per un tempo limitato, un posto di transito. Chi ci passa dirà magari: ma è spaventoso, gente senza un tetto, nelle tende, esposta alle piogge torrenziali, e poi al freddo. È vero, non è un posto dove desidereresti vivere. Ma le istituzioni che dovrebbero trovare posti migliori, tetti e possibilità, non lo fanno, non l'hanno fatto finora e sempre meno vogliono farlo. Il Baobab permette di trovare una socialità, non lascia le persone preda inerme dei pericoli della città, vittima dei delinquenti, senza speranza, con l'unica strada possibile per sfangare la giornata la delinquenza; permette persino di fare piani, visto che almeno non devi pensare ogni giorno a dove andrai a dormire. Avere la possibilità di fare piani, è la condizione per uscire dalla povertà, senza non puoi”.

“Il Baobab – conclude la scrittrice – aiuta a contenere il disagio, evita la violenza, rende più sicura la città. Se il Baobab non ci fosse, il dolore e la violenza sarebbero maggiori. Ce n'è già tanto, non si combatte rendendolo più atroce, ma risolvendo i problemi delle persone: il tetto, la socialità, il lavoro, la cultura, la possibilità di fare piani, la speranza. Chi sgombera il Baobab vuole evidentemente più dolore e più violenza in questa città”.