La Fp Cgil Palermo interviene sulla chiusura del reparto di ostetricia dell’ospedale di Cefalù, annunciata nel documento metodologico per la riorganizzazione del sistema di rete dell’emergenza-urgenza della Regione siciliana. “Esprimiamo grande preoccupazione per le scelte effettuate dalla giunta regionale,  che antepongono motivazioni di natura politico-economica alle esigenze sanitarie del territorio, privando di un punto nascita un bacino di oltre 700.000 utenti nell’area che da Campofelice di Roccella giunge fino a Finale di Pollina e Tusa, inglobando le aree residenziali di Lascari, Gratteri, Isnello, Piano Zucchi e Piano Battaglia, Collesano, Castelbuono, Geraci e San Mauro Castelverde”.

Lo affermano in una nota il segretario generale della Funzione pubblica Cgil di Palermo, Giovanni Cammuca, e il segretario generale della Cgil di Palermo, Enzo Campo, che parlano di valutazione errata rispetto alle capacità che il reparto in questione ha nell’elargire un servizio sicuro, efficace e altamente professionale. “Il punto nascita – aggiungono i due dirigenti sindacali – ha garantito fino ad oggi la presenza 24 ore su 24 delle figure professionali che la normativa vigente richiede per gli interventi assistenziali di primo livello e i livelli di assistenza  per l’eventuale trasferimento urgente a strutture di II livello, in linea con gli standard di sicurezza organizzativi, tecnologici e strumentali, previsti dall’accordo Stato-Regioni”.

Sommando i 120 parti annui dell’ospedale Madonna dell’Alto di Petralia Sottana con i 420 dell’ospedale di Cefalù, si supera la soglia dei 500 parti annui richiesti dalla legge Balduzzi. L’ospedale di Cefalù fa parte della rete ospedaliera siciliana come Dea di I livello, in cui è previsto un punto nascita di riferimento. È dotato di un eccellente reparto di cardiologia con Utic, emodinamica ed elettrofisiologia interventistica, è sede di centro trasfusionale, di servizio di microbiologia e di una diagnostica per Immagini con Tac e risonanza magnetica. “Offre, quindi, un servizio di elevata qualità a tutela delle donne gravide. Viene da chiedersi – aggiungono Fp e Cgil – se il calo del numero dei parti del punto nascita di Cefalù non sia dovuto alla più volte paventata chiusura, che ha determinato, in questi anni, incertezza e disorientamento nell’utenza, disincentivando un rapporto di continuità e dirottando gli utenti verso altre strutture”.  

A preoccupare il sindacato è anche l’esclusione dell’unità operativa di cardiologia di Cefalù dalla rete Ima dell’infarto. “Quella che era stata paventata come una mera dimenticanza – dice Cammuca – sembrerebbe una deliberata volontà politica di declassare a centro Spoke quello che in atto è il centro Hub di cardiologia di Cefalù, dotato di Utic, sala di emodinamica ed emodinamista, che lascerebbe scoperta un’area che va dall’ospedale Ingrassia di Palermo fino all’ospedale Barone Romeo di Patti, aumentando i tempi d’intervento su una patologia così grave con le ovvie deduzioni di un incremento delle mortalità”.

“Non vorremmo – conclude la Cgil – che la chiusura del punto nascita, unito al declassamento dell’Uo di cardiologia, faccia parte di un complessivo disegno di depotenziamento dell’ospedale, nato come presidio d'eccellenza, per procedere a un declassamento da Dea di I livello a ospedale di base e poi, chissà, forse a presidio di solo Pronto Soccorso”.