L'articolo che segue è tratto da “Idea Diffusa”, l'inserto sul lavoro 4.0 a cura di Rassegna Sindacale. Il nuovo numero, in linea con le Giornate del lavoro organizzate dalla Cgil a Lecce dal 13 al 16 settembre scorso, si concentra sul tema “Democrazia e digitale”. Si può scaricare gratuitamente qui.

Il sistema di comunicazione della società industriale ruotava attorno ai mass media, caratterizzati dalla distribuzione di massa di un messaggio unidirezionale one-to-many, da uno a molti. Il fondamento comunicativo della network society è invece costituito dal sistema globale di reti di comunicazione orizzontale, che comprende lo scambio multimodale di messaggi interattivi many-to-many, ossia da molti a molti.

Si tratta di uno spazio comunicativo immenso, internazionale e multilingue. Un serbatoio di contenuti e notizie, dove però appare sempre più complicato verificare la veridicità e l’autorevolezza, sovvertendo de facto ogni regola del sistema informativo tradizionale. In questo senso, la definizione dell’attuale stato di auto-percezione e consapevolezza degli utenti che popolano quell’ambiente, è in grado di produrre proiezioni predittive sui meccanismi di generazione di senso comune e di costruzione degli immaginari collettivi e individuali.

Nell’ultimo anno abbiamo assistito al disvelamento di una realtà preoccupante: la capacità dei padroni del vapore della rete di orientare l’opinione pubblica e la definizione di un modello di business incentrato sulla vendita di questo servizio ad acquirenti di ogni tipo, da multinazionali interessate a ottimizzare la vendita di un prodotto fino a governi interessati a influenzare risultati elettorali.

Mark Zuckerberg ha dato per scontata la frammentazione degli utenti della Rete in una miriade di comunità elettive, e ci ha spiegato che il potere dei proprietari del social network di bloccare l’accesso agli haters fosse la risposta alla formazione di imprenditori dell’odio. L’approccio di Zuckerberg non può che essere quello di un’industria dell’opinione pubblica che ha costruito il proprio potere mantenendo saldamente il ruolo di gatekeeper e custode del vero e del moralmente accettabile.

La liberazione degli ambienti digitali e la costruzione di processi di partecipazione e di rigenerazione della democrazia passano inevitabilmente dallo sviluppo di una critica a questa nuova economia dell’opinione pubblica emotiva. Sviluppare un pensiero critico in grado di proporre una costituzione che delinei i diritti, i doveri, i limiti e i compromessi necessari alla convivenza civile nella piazza digitale, sono i primi passi poter trasformare l’attuale oligarchia digitale in una vera democrazia.

Tommaso Giuntella è presidente del Centro studi democrazie digitali