E dopo lo stato di agitazione, arriva lo sciopero nazionale. Il nuovo piano industriale annunciato da Unicoop Tirreno non ha convinto Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UIltucs Uil. Le tre sigle hanno dunque proclamato lo stop dei 5 mila lavoratori della cooperativa di consumatori del sistema Coop (presente in Toscana, Lazio, Umbria e Campania, con oltre 110 punti vendita) per mercoledì 26 settembre, in concomitanza con l’incontro del “tavolo di crisi” convocato a Roma, presso la sede del ministero dello Sviluppo economico.

“Il piano industriale della cooperativa – spiegano i sindacati – si pone quale principale obiettivo quello di ridurre il salario, peggiorare le condizioni di lavoro e abbandonare parte dei dipendenti, una prospettiva inaccettabile”. Nell’ultimo incontro con governo e azienda, avvenuto il 5 settembre scorso, Filcams, Fisascat e Uiltucs hanno comunicato “la propria indisponibilità a condividere il disconoscimento e la disapplicazione della contrattazione integrativa vigente, comprensiva dell’accordo del 9 maggio 2017, che ha alla base un patto tra le parti di salvaguardia occupazionale”. I sindacati hanno anche precisato di essere disponibili al confronto sulla possibile revisione delle attuali intese, ma questa dovrà “poggiare sulla salvaguardia del perimetro occupazionale e la piena applicazione degli accordi in essere, fino a nuovo accordo”.

Entrando nel merito del nuovo piano industriale, Filcams, Fisascat e UIltucs stigmatizzano anzitutto l’annunciata cessione di otto punti vendita del Sud del Lazio (due a Pomezia, e poi a Fiuggi, Velletri, Aprilia, Genzano, Colleferro e Frosinone), nei quali sono occupati complessivamente circa 270 dipendenti (inquadrati in Distribuzione Lazio Umbria, controllata da Unicoop Tirreno). Altro tema di scontro è il superamento della contrattazione integrativa (che porterebbe a un taglio netto in busta paga, secondo l’anzianità e la qualifica, da 200 a 350 euro) e del patto occupazionale siglato nel 2017, con ulteriori flessibilità dell’organizzazione del lavoro e inevitabili ripercussioni sul taglio delle ore lavorate e delle retribuzioni.

Filcams, Fisascat e UIltucs denunciano anche i diversi tentativi avviati da Unicoop Tirreno di cedere in franchising dei negozi, tentativi “che hanno solo prodotto contenziosi legali”, e di terziarizzare i reparti pescheria, danneggiando “l’immagine della cooperativa e facendo perdere i clienti”. I sindacati disapprovano, in particolare, anche la “folle ristrutturazione del supermercato di Colleferro, trasformato in Ipercoop”, nonché il più generale “abbandono del territorio e la scarsa capacità imprenditoriale che viene scaricata tutta sui lavoratori”.

Alessio Di Labio, Vincenzo Dell’Orefice e Paolo Andreani (segretari di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UIltucs Uil) affermano che “la stretta sul lavoro non può essere in alcun modo condivisa. Le misure individuate da Unicoop Tirreno per il risanamento aziendale, oltre che inique, perché colpiscono unicamente il costo del lavoro, sono del tutto sproporzionate e decontestualizzate, tenuto anche conto che la direzione della cooperativa nulla ha riferito per intervenire su altre componenti dei costi di struttura”. Per i dirigenti sindacali, dunque, è “evidente la volontà del sistema Coop di attuare un programma di disinvestimenti della rete vendita nel Lazio e in Campania”.

Sulla vicenda interviene anche la Filcams Cgil di Livorno. “In discussione è la dignità dei lavoratori”, commenta la segretaria provinciale Pieralba Fraddanni: “Malgrado le rassicurazioni dei mesi precedenti, si tornano a chiedere ai dipendenti sacrifici importanti, tra cui l’azzeramento della contrattazione integrativa. Anche alcuni negozi della Toscana potrebbero essere a rischio cessione. L’azienda ultimamente ha dimostrato di avere un comportamento non più credibile e di rimangiarsi la parola data”. Per l'esponente sindacale, come “si può continuare a credere in un’azienda che continua a chiedere sacrifici ai lavoratori in nome di una ristrutturazione che poi non si riesce a gestire? Soltanto i lavoratori devono essere obbligati a farsi carico del risanamento aziendale? Dov'è andata a finire la Coop che tutti noi abbiamo conosciuto? Noi continuiamo a credere che si possa ancora trovare un modo per dialogare e confrontarsi: prima di tutto però dev’esserci il rispetto nei confronti dei lavoratori”.