“Abbiamo intitolato questa edizione 'Democrazia è' per dire che non siamo tranquilli: viviamo una condizione avanzata di rancori, ricerca di colpevoli e capri espiatori su cui scaricare le situazioni irrisolte e le scelte non fatte, che hanno portato povertà e disagio”. Così ha esordito il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, nell'intervista di Marco Damilano che ha chiuso le Giornate del Lavoro della Cgil a Lecce. “Corriamo il rischio di conflitti istituzionali che, a differenza di altre stagioni, mettono a rischio il concetto dei contropoteri: la democrazia può diventare totalitaria se le regole non valgono per tutti”.

Sulla legge di bilancio, ha detto Camusso, “da qualche mese c'è una discussione tutta improvvisata, fatta di slogan da campagna elettorale, annunci che si susseguono e contraddicono. Il progetto per il Paese non compare in alcun modo nella discussione. Il secondo timore è legato all'Europa: la Cgil è profondamente europeista e proprio per questo non si accontenta dell'Europa che c'è. Il governo invece un giorno rassicura la Ue e i mercati, il giorno dopo parla come se l'Europa non esistesse. Questo ci preoccupa molto”.

I provvedimenti annunciati “sono profondamente ingiusti: prendiamo la misura chiamata 'pace fiscale', è un gigantesco condono di massa che porterà ad abbonare un milione di euro. Si comincia malissimo: chi è ricco può fare quello che vuole, a tirare la cinghia saranno sempre i deboli come lavoratori e pensionati”. Poi la flat tax: “Si prosegue con l'idea di abbassare le tasse a chi ha di più, raccontando una grande bugia, non ci sarà alcun contributo all'economia generale, ma la maggioranza della popolazione resterà debole e povera. Che idea di Paese hanno?”. Quindi c'è il nodo del reddito di cittadinanza. “Ci hanno detto che è una misura contro la povertà, che assorbe gli ammortizzatori sociali e favorisce l'accesso al lavoro. Ci piacerebbe sapere di preciso che cos'è: la verità è che ai ricchi costerà sempre vivere in Italia, e si darà vita a un assistenzialismo di massa. C'è un problema di democrazia e condizione delle persone. Noi abbiamo un'idea diversa di come dovremmo essere”.

Attualmente l'Italia “non sta bene”, ha aggiunto Camusso. “Ci hanno raccontato che era finita la crisi, ma non si torna ai livelli precrisi, le retribuzioni dei lavoratori sono stagnanti, aumenta la povertà e cresce il rancore. Davanti a un problema si fa la caccia al colpevole. Allora, nel nostro ruolo di sindacato, come Cgil ci siamo chiesti perché le persone soffrono e si sentono insicure. Il nostro non è un Paese per giovani: i ragazzi vivono una condizione di precarietà a lungo termine. Poi anche un lavoratore stabile non si sente tranquillo, perché sa che quella non sarà la condizione dei suoi figli. Il primo elemento di insicurezza è la precarietà della vita: le persone pensano di non arrivare al prossimo futuro. Bisogna costruire continuità e certezza per il domani. Oggi un precario non accede agli ammortizzatori sociali, e invece deve sentirsi in sicurezza. Questo non significa distribuire risorse a pioggia, in tal senso il reddito di garanzia e continuità può essere la misura giusta. C'è il problema della continuità lavorativa per i giovani, e allo stesso tempo alle fasce povere va data la garanzia di essere assistite, per poi tornare attivamente a far parte della cittadinanza”.

Nella discussione attuale mancano gli investimenti, secondo il segretario. “Non è solo questione di cifre, ma occorre definire in quale direzione investire. Ogni giorno si allarga la diseguaglianza tra il Nord e il Sud. Per intervenire contro la povertà e la disoccupazione non serve certo la flat tax, bisogna avviare la ricostruzione sociale del Paese”. Sulla situazione politica e sociale del Paese, ha detto Camusso, “la difficoltà è smontare una narrazione. Se ieri ci dicevano che eravamo fermi al gettone del telefono, oggi chi si finge più attento alle ragioni del lavoro in realtà ha lo stesso atteggiamento: non ci sarebbe stato l'accordo Ilva senza la proclamazione dello sciopero generale, non è vero che il governo voleva decidere. Il premier attuale è quindi uguale ai precedenti: non pensa di convocare le organizzazioni sindacali per affrontare le questioni. Noi invece vogliamo confrontarci con qualunque governo, sempre sul merito”.

Nello specifico delle proposte, “è stata fatta una campagna elettorale sull'abolizione della legge Fornero: ora siamo molto lontani, fermi all'annuncio della quota 100. Vengono dati numeri come al lotto. È importante avere un sistema che non costringa i lavoratori all'inseguimento perenne della pensione. Se lavorano 40 o 41 anni deve bastare, hanno dedicato una parte della vita al lavoro e meritano la pensione, vanno tolti i vincoli. Inoltre non si parla di ciò che è avvenuto nei settori in questi anni: per esempio, con tutti i vincoli attuali per un edile rimane la legge Fornero e deve stare a lavoro fino a 67 anni sulle impalcature, questo non è giusto. Si interviene solo su una parte del mondo del lavoro, così non c'è welfare universale, bensì una società che diventa corporativa”.

La più grande ingiustizia della Fornero è “che condanna le nuove generazioni a non avere una prospettiva previdenziale”, a suo avviso. “Si condanna alla povertà un'intera generazione e non si vuole affrontare il tema. La previdenza oggi è come la flat tax: un sistema ingiusto che discrimina chi ha maggiore insicurezza, come le donne che si dedicano al lavoro di cura".

Poi un passaggio sul crollo del ponte Morandi a Genova: “La Cgil è stata accanto alle persone, i morti e le loro famiglie, ma anche agli sfollati che non hanno più una casa. Prima bisogna pensare alle persone e alle loro difficoltà, invece di dedicarsi alla polemica. Non si specula sulle tragedie, per questo non abbiamo reagito dicendo 'l'avevamo detto'. Nel nostro Piano del Lavoro nel 2014 abbiamo dedicato molto spazio alle infrastrutture del Paese e alla necessità di manutenzione. L'Italia ha subìto molte catastrofi, come i terremoti, ma ogni volta ricomincia tutto daccapo: oltre alla straordinaria bravura di vigili del fuoco, protezione civile e lavoratori pubblici, non c'è una macchina statale in grado di affrontare le emergenze. Abbiamo avuto le peggiori privatizzazioni immaginabili: fatte solo per fare cassa, senza riflettere sulle necessità reali. Per esempio, sulle telecomunicazioni siamo diventati terra di conquista di operatori stranieri: serve invece un dibattito diverso, serio, sul rapporto tra infrastrutture di interesse generale, vincoli proposti, beneficio per la comunità e forme di controllo pubblico”.

In generale, lo sviluppo richiede un elemento di giustizia sociale. “C'è bisogno di un fisco progressivo, occorre un grande investimento sull'educazione e sulla scuola da zero a sei anni. Va ricostruita la coesione sociale: facciamo scuole, ospedali, consultori, perché anche così cambia la condizione del Paese. Naturalmente bisogna metterci risorse”. Quindi il nodo spinoso dell'Europa. “Prima la Ue era vista come un punto di avanzamento rispetto alle condizioni dei singoli Paesi, ora invece è quella che tiene tutti fermi. Cambiare l'Europa è una sfida che bisogna raccogliere. L'assenza di profondità di pensiero ci fa scivolare lontano dalla Ue: non si pensa mai in prospettiva, tutto si consuma nella cronaca del giorno senza una vera dimensione dei nostri bisogni”.

Susanna Camusso si è soffermata anche sulla situazione politica, con l'arretramento delle forze di sinistra. “La Cgil è sempre stata una organizzazione progressista di rappresentanza. Il nostro obiettivo quotidiano è rappresentare lavoratori e pensionati. Pensiamo che destra e sinistra non siano superate, sono categorie del pensiero sempre valide dentro cui ci collochiamo. Noi ci poniamo oggi un'altra questione: non solo la rappresentanza del lavoro, che cambia in continuazione, ma anche come esercitare una rappresentanza se nella politica nessuno rappresenta le ragioni del lavoro. Le grandi conquiste sono state ottenute con la contrattazione: lo Statuto dei lavoratori arriva dopo la stagione di negoziazione degli anni sessanta, che fu oggetto di uno straordinario dibattito di massa. Poi, però, c'è bisogno che qualcuno rappresenti quelle ragioni in Parlamento”. “Perché la sinistra non ha immaginato una politica economica alternativa?”, si è chiesta. “Si voleva solo smussare gli angoli, così il mondo del lavoro ha pagato i cambiamenti sulla sua pelle. Se non c'è più un pensiero forte, nelle persone si perde la differenza: oggi tutti dicono che bisogna abbassare le tasse, anche la sinistra, e questa è la sua sconfitta ideologica più grande, rinunciare alla tassazione progressiva per uno Stato più leggero. Cosa mi fa paura oggi? Che non c'è un'opposizione”.

La Cgil è in pieno percorso congressuale, che sarà celebrato a gennaio a Bari. Su questo ha chiuso Camusso: “La partecipazione al percorso è una nostra condizione di forza. C'è stata una valutazione importante delle cose fatte in questi anni, e insieme dei problemi che hanno i lavoratori e il Paese. La nostra organizzazione deve fare una discussione vera e profonda sull'inclusione, sulla ricostruzione della solidarietà, su rendersi riconoscibili e visibili tra lavoratori diversi. L'uguaglianza va praticata nella contrattazione: anche in casa nostra, dunque, vanno combattuti i processi di corporativizzazione. Il confronto tra le diversità deve essere una costante per una grande organizzazione come la nostra. Oggi siamo alla sfida delle nuove tecnologie, che creano profonde novità e differenze, allora il tema è anche come includere i nuovi modelli organizzativi. D'altronde noi siamo orgogliosi delle nostre radici, proprio perché continuano a crescere”. Sul futuro segretario generale: “Sarà frutto di un dibattito che la Cgil deve fare all'interno di un'idea. Non ci piace il leaderismo. C'è un documento unitario votato da tutta la segreteria, ora sono in corso le assemblee di base che decidono la linea politica. Se il documento viene approvato, allora la linea è quella. La Cgil non è un luogo che si scala – ha concluso –, ma un'organizzazione confederale che deve fare la sintesi tra tutti i settori del lavoro che rappresenta. La modalità per la scelta del segretario generale deve essere proprio quella, la costruzione della sintesi”.

Lo speciale GdL 2018
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