“La battaglia per la solidarietà europea non si fa sulla pelle delle persone in mare ma cambiando le regole sbagliate come il regolamento di Dublino”: è solo uno stralcio dell'appello che associazioni pacifiste, di volontariato, della cooperazione internazionale, della società civile tra cui la Cgil hanno lanciato per una prima grande mobilitazione europea, il 27 giugno, per premere nei confronti dei governi che si riuniranno il prossimo 28 giugno affinché l'Europa ritrovi il suo spirito di solidarietà e accoglienza. Si tratta di “una iniziativa di carattere continentale, un obiettivo che diverse associazioni, che diverse sensibilità a volte anche con orientamenti culturali profondamente differenti hanno ritenuto di dover mettere in campo per porre fine a questa vera e propria vergogna, questo trionfo dell'ipocrisia”. Così Fausto Durante, responsabile delle politiche internazionali della Cgil, ai microfoni di RadioArticolo1 nel corso dell’appuntamento quotidiano di Italia Parla.

 

“Stiamo assistendo a un dibattito tra i leader europei sui temi dell'immigrazione che parla alla pancia dell'elettorato e che non tiene in alcuna considerazione i diritti delle persone e le tradizioni di accoglienza, ospitalità, solidarietà, umanità che sono alla base del fondamento dell'Unione europea”, rincara il dirigente Cgil: “un palleggio di responsabilità che non fa onore alla storia dell'Europa. Vedo che ci sono oggi alcuni tra i leader più importanti dei 28 paesi dell'Unione che criticano giustamente l'Italia per gli orientamenti che ha di recente assunto il nostro governo, che sono effettivamente molto gravi e preoccupanti. Però devo dire con la stessa chiarezza che questi avvertimenti all'Italia vengono da leader di paesi che si sono distinti nel chiudere le loro frontiere, nel respingere i migranti per esempio a Ventimiglia, nell'impedire che donne incinte potessero attraversare il confine italo-francese, nel realizzare a Calais una gabbia in cui sono stati rinchiusi per settimane e mesi migranti che cercavano di andare nel Regno Unito. E potremmo continuare con episodi di questo stesso tenore che hanno riguardato la Spagna nel passato, che hanno riguardato altri paesi europei, che hanno riguardato in generale questo fenomeno migratorio che si deve semplicemente governare con umanità e con sensibilità, con senso di giustizia e di rispetto della dignità umana, non impedendo alle persone di ricevere cura e assistenza, non mandando una nave per quattro notti e quattro giorni in navigazione dall'Italia alla Spagna, cambiando radicalmente l'approccio e la cultura con cui si fa integrazione e accoglienza”. “Se non fa tutto ciò – aggiunge Durante - l’Unione europea corre il serio rischio di avviare un principio di sgretolamento che invece bisogna a tutti i costi evitare”.

Cambiare il regolamento di Dublino sarebbe possibile, esiste già un pronunciamento del Parlamento europeo votato a larga maggioranza per superare l'ingiusto criterio del primo paese di accesso e sostituirlo con un sistema di ricollocamento automatico. Ma, oltre alla contrarietà del quartetto di Visegrad. la posizione attuale dell'Italia rischia di mantenere quel regolamento così com’è. Questa, per Durante, “è un'altra delle contraddizioni stridenti nelle quali si dibatte il governo italiano del momento e il ministro Salvini in particolare. C'è un profluvio di tweet, di post, di dichiarazione sui social, di fotografie con commenti a effetto, ma non c'è nulla sulla politica e sulle scelte concrete, perché non si vuole cambiare il regolamento di Dublino? Perché bisogna costringere i paesi rivieraschi, soprattutto della sponda sud del Mediterraneo come l'Italia, Malta e la Grecia, a essere l'unico punto di riferimento e di soggiorno per profughi, migranti, richiedenti asilo, quando basterebbe stabilire un meccanismo europeo di solidarietà che guarda caso scatta sempre quando si tratta di salvare le banche, quando si tratta di finanziare grandi progetti per le multinazionali, quando si tratta di mettere in sicurezza gli affari generali dell'Unione europea, ma non scatta mai quando si parla della gente che soffre, dei lavoratori a cui si chiude una fabbrica, dei migranti che cercano asilo e un futuro diverso in Europa?”.

“Perché – si chiede ancora il dirigente sindacale – dobbiamo verificare l'egoismo cieco e cinico di paesi come la Repubblica Ceca, l'Ungheria, la Polonia, che hanno avuto i maggiori benefici dall'ingresso nell'Unione europea e che dopo essere entrati in questa Unione e avere avuto il vantaggio di farne parte, oggi ritornano a una dimensione nazionalistica, identitaria, da piccola patria, decidendo di non voler accogliere neanche una persona che sbarca sul suolo europeo?”. Per Durante o l'Unione europea “ritrova la propria ispirazione, il proprio nucleo di pensiero originario, attua i principi del suo modello sociale e delle sue parti costitutive, oppure francamente siamo di fronte a una crisi irreversibile del progetto europeo che mette ciascuno di noi di fronte a un destino davvero sconosciuto”.

“Oggi – secondo il responsabile Cgil - l'Europa ha una straordinaria opportunità, ha la possibilità di cominciare a tradurre in pratica un'intuizione che la Commissione presieduta da Jean Claude Junker ha avuto e che ha sviluppato di fronte ai disastri delle politiche economiche e sociali seguite sin qui e dei conseguenti risultati elettorali che hanno consegnato forza crescente e peso in aumento alla destra xenofoba, populista, razzista in molti paesi dell'Unione europea. Mi riferisco all'intuizione del Pilastro europeo dei diritti sociali che è stato proclamato a Goteborg qualche mese fa in un vertice straordinario dei capi di stato e di governo. È un documento che non ha ovviamente valore legislativo, non pone vincoli e obblighi, però tenta di ispirare una nuova idea di politica sociale per l'Europa di domani. È un documento che dice che ogni cittadino europeo ha diritto a un lavoro decente, a una protezione sociale in grado di assicurare a sé e alla sua famiglia una vita e una vecchiaia dignitosa, che i giovani hanno diritto a contratti di lavoro in forma scritta, che non può esserci un differenziale di salario tra uomini e donne o tra cittadini dei diversi stati europei e migranti che vengono da altre parti del mondo. Gli stati europei che hanno deciso di approvare in una cerimonia in pompa magna a Goteborg il Pilastro dei diritti sociali, ora possono cominciare a realizzare leggi che lo mettano concretamente in pratica”.

Poi, ragiona Durante, “c'è il tema di come si affronta l'emergenza dell'emigrazione. Noi siamo di fronte a un processo che è inarrestabile e che non si fermerà fino a che non verranno aggredite le radici che lo causano, ossia lo sviluppo differenziato in tante aree del mondo, la presenza di conflitti, di sfruttamento, di miseria in tante parti del sud est asiatico, dell'Africa, la presenza di guerre e conflitti che spesso alimentiamo anche noi del cosiddetto occidente con esportazione di armi, con la vendita di forniture militari a paesi canaglia, con il sostegno diretto e indiretto a organizzazioni che non hanno certo nella pace e nella società senza conflitto la loro ragione d'essere. Per questo l'Unione europea deve cambiare l'approccio, e deve riprendere il progetto di cooperazione allo sviluppo: quando diciamo ‘aiutiamoli a casa loro’, se non vuole essere uno slogan vuoto, retorico che, ripeto, continua a solleticare solo ed esclusivamente la pancia dell'elettorato più debole e spaventato di fronte al non governo della globalizzazione e le tensioni sociali che l'economia del tempo presente offre, se non vogliamo usarlo in modo strumentale questo slogan dobbiamo dire che l'Unione europea deve ricominciare a investire perché nelle regioni più arretrate dell'Africa si cominci a crescere dal punto di vista economico, si attuino programmi di cooperazione, si faciliti la crescita dell'imprenditoria, si utilizzino le risorse in modo non predatorio o di rapina e si cambi in qualche modo il paradigma che ha visto l'Africa e le zone più arretrate del mondo come un terreno di conquista colonialistica delle nazioni più sviluppate”.

“La cooperazione allo sviluppo e la ripresa di politiche di sviluppo locale come alternativa alle migrazioni di massa: mi pare che se non affrontiamo questo sviluppo di problemi e non affrontiamo cambiando l'approccio generale e complessivo ai temi del nuovo ordine mondiale, del nuovo assetto dei poteri del mondo non abbiamo molta strada davanti a noi, qui si gioca il futuro dell'Europa”, conclude Durante.