Sicurezza, legalità, immigrazione. Sono tanti i dubbi e gli interrogativi che solleva il contratto siglato da Lega e M5S come base di programma di un possibile nuovo governo. Ne ha parlato il segretario confederale della Cgil, Giuseppe Massafra intervenuto su RadioArticolo1 nel corso di “Italia Parla”, all’inizio di una settimana particolare: giovedì 24 maggio, infatti, sarà il ventiquattresimo anniversario della strage di Capaci. Sono previste tante iniziative per ricordare un evento tragico e insieme provare a costruire una cultura diversa da quella della mafia e dell'omertà. Sembra un cammino lungo, eppure qualche risultato positivo ultimamente si è riscontrato: il 16 maggio scorso il governo Gentiloni ha approvato il decreto legislativo che attua il nuovo codice antimafia in ambito di tutela dei lavoratori delle aziende confiscate. “Si tratta – ha spiegato il segretario confederale della Cgil – di una vittoria della Cgil. La nostra spinta è stata determinante”. Ed è un impegno che continua perché “insieme alle altre associazioni che compongono il cartello dell'antimafia siamo impegnati a guardare anche in prospettiva a ulteriori proposte e sollecitazioni alle istituzioni e alla politica per tenere ferma la barra sulla legalità. Il risultato che abbiamo ottenuto con il decreto è importante anche perché ha coinvolto la società, con una forte partecipazione, e questo per noi è un elemento fondamentale”.

 

Toccherà ora al nuovo governo dare attuazione piena al nuovo codice antimafia. “A partire – ha sottolineato il sindacalista – dalle risorse per sostenere i dipendenti di aziende confiscate o sequestrate alla mafia e che spesso, proprio in questa fase di passaggio, si ritrovano ad avere grossi problemi dal punto di vista della continuità lavorativa”. Tuttavia, “le risorse disponibili sono scarse e quindi ne servono altre. Altro nodo chiave a cui il governo dovrà mettere mano è quello relativo alla gestione e all'organizzazione dell'agenzia nazionale”. Più in generale, ha osservato Massafra, “abbiamo bisogno di un impegno coerente e pregnante rispetto a temi che non possono solo essere annunciati in poche righe del contratto, ma necessitano di strumenti reali ed esigibili: il contrasto alla mafia e alla criminalità organizzata si esercita, appunto, con un'attività precisa e concreta”.

I dubbi sul contratto Lega-M5S riguardano un po’ tutto il capitolo “giustizia e legalità”: “Il contrasto alla criminalità non si fa solo con l'azione repressiva istituzionale, né tanto meno aumentando a dismisura la possibilità di autodifesa del cittadino. È un lavoro vero e proprio, è un tema molto più ampio che riguarda la cultura e l'idea stessa di società che si ha”; serve, quindi, “uno Stato che faccia della cultura della legalità un presupposto essenziale della sua azione”.

Il tema della legalità riguarda anche il lavoro e anche qui il programma Lega-M5S non rassicura. “La reintroduzione dei voucher prospettata nel contratto – ha attaccato il segretario confederale della Cgil – rappresenta un pericolosissimo passo indietro, anche per il fatto che un pezzo del futuro governo aveva sostenuto le ragioni del nostro referendum”. “Per noi – ha osservato – il ragionamento è diverso: si tratta di trovare degli strumenti contrattuali che, senza abdicare alla garanzia delle tutele e dei diritti dei lavoratori, possano anche venire incontro alle esigenze di flessibilità delle aziende, così come noi d'altronde spieghiamo nella nostra proposta di Carta dei diritti universali”.

Legalità, infine, è anche – o dovrebbe essere – quella nei confronti di chi arriva in Italia dai paesi extraeuropei e dovrebbe avere gli stessi diritti e doveri di chi in Italia è nato, mentre il contratto sembra sancire che i diritti di chi arriva da fuori saranno assai inferiori: dall'accesso ai servizi sociali all'eventuale reddito di cittadinanza. “Questa è forse la parte più ‘spigolosa’ del programma del possibile prossimo governo, anche se purtroppo non sorprende, vista l’impostazione data da Salvini alla campagna elettorale – ha commentato il dirigente Cgil –. Quindi: repressione, respingimenti, chiusura delle frontiere. Questo vuol dire non solo la conferma di quegli accordi bilaterali che hanno favorito la nascita di nuovi lager oltreconfine, ma, addirittura, un loro potenziamento. Insomma, un mix di durezza e prospettiva veramente a breve termine volta alla ricerca del consenso cavalcando il rancore, piuttosto che guardare a quello di cui realmente avremmo bisogno”.

Motivo in più, per la Cgil, ha concluso Massafra, per continuare “la nostra azione sul piano culturale, mettendo in evidenza temi quali la solidarietà, l’integrazione e la cooperazione che devono impegnarci anche come attori sociali. In questo un ruolo cruciale lo assume anche la contrattazione sociale e territoriale. L’esempio è quello degli asili nido: se una graduatoria vede ai primi posti famiglie con un cognome straniero, la risposta non è ‘prima gli italiani’, ma costruire più nidi”.