Ituc e Ces, rispettivamente la confederazione mondiale e quella europea dei sindacati, hanno espresso molte volte le loro “profonde preoccupazioni” rispetto agli sviluppi della situazione turca dopo il colpo di stato fallito del 15 luglio 2016. Inizia così la lettera che Sharan Burrow, segretaria generale dell'Ituc, e Luca Visentini, segretario generale della Ces, hanno indirizzato al primo ministro bulgaro, Boyko Borissov, che detiene la presidenza di turno dell’Unione, al presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e a Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, in vista del summit tra Ue e Turchia in programma oggi, 26 marzo, a Varna.

Le preoccupazioni del sindacato internazionale sono contenute nel memorandum sui diritti umani e sindacali in Turchia presentato dalla Ces già nel marzo 2017 (“Memorandum on the evolution of the situation regarding human and trade union rights in Turkey after the instalment of the state of emergency”). Quel memorandum mostrava come i decreti adottati dalle autorità turche dopo il 15 luglio “violassero chiaramente non solo i trattati internazionali (come le convenzioni dell'Ilo), ma anche la Convenzione europea sui diritti umani e la Carta sociale europea. “Quei decreti – si legge nella lettera di Ituc e Ces – violano i principi di legalità, proporzionalità e necessità per un giusto processo e il principio di presunzione di innocenza”.

Ces e Ituc ricordano anche l'appello condiviso, sempre nel 2017, con le 4 organizzazioni sindacali turche affiliate, nel quale si chiedeva la sospensione dello stato di emergenza e l'interruzione dei licenziamenti arbitrari di massa, la liberazione dei lavoratori imprigionati, il ripristino delle garanzie processuali e della libertà di espressione. Concetti e richieste ribadite poi in una risoluzione del Parlamento europero del febbraio 2018 nella quale lo stesso esprimeva “profonda preoccupazione per il deterioramento progressivo dei diritti e delle libertà fondamentali, oltre che per la mancanza di autonomia della magistratura”.

Si arriva poi al report delle Nazioni Unite pubblicato nei giorni scorsi, nel quale il commissario per i diritti umani Zeid Ra’ad Al Hussein afferma: “I numeri sono semplicemente impressionanti: quasi 160 mila persone arrestate nei 18 mesi di stato di emergenza; 152 mila impiegati pubblici licenziati, molti in maniera del tutto arbitraria; insegnanti, giudici e avvocati licenziati e perseguiti; giornalisti arrestati, media chiusi e siti web bloccati. Chiaramente – conclude Al Hussein – lo stato di emergenza in Turchia è stato usato per limitare pesantemente e arbitrariamente i diritti umani di un larghissimo numero di persone”.

Nella lettera dei sindacati indirizzata ai presidenti delle istituzioni europee si sottolinea con forza che i lavoratori licenziati in Turchia non hanno diritti di appello e sono eslusi anche da altri lavori, oltre a vedersi ritirare il passaporto. “Nessuno sforzo è stato fatto – denunciano ancora Sharan Burrow e Luca Visentini – per distinguere tra simpatizzanti, leader e persone direttamente coinvolte nel colpo di stato. E nel solo 2017 5 scioperi sono stati vietati per via dello stato di emergenza”.

“Purtroppo – continuano i sindacati internazionali – nonostante decine di altri messaggi inviati da autorità e istituzioni internazionali ed europee, non si vede alcun allentamento dello stato di emergenza da parte delle autorità turche. Al contrario, dall'avvio dell'offensiva turca in Siria a gennaio, la repressione dei diritti fondamentali, come quello di libertà di parola, sono stati ulteriormente rafforzati”. Il sindacato internazionale denuncia che nell'ultimo mese 300 membri di associazioni mediche e sanitarie sono stati arrestati per essersi espressi in favore della pace. Inoltre, Elif Cuhadar, membro del comitato esecutivo del sindacato turco Kesk, oltre che del comitato per i diritti umani e sindacali dell'Ituc, è stata arrestata a febbraio a causa di dichiarazioni rese in una discussione pubblica di 4 anni prima. E ancora, tre sindacalisti, Cagdas Yazici, Recep Temel and Idil Ugurlu, sono stati arrestati ad Izmir sabato scorso. “La ragione del loro arresto è sconosciuta – denunciano ancora Burrow e Visentini – e né i loro familiari né i loro avvocati hanno avuto la possibilità di incontrarli dopo l'arresto”.

Dunque, in occasione del summit di Varna, Ituc e Ces chiedono con forza alle istituzioni europee “di inviare un chiaro, forte e costruttivo messaggio al governo turco, condannando la violazione di diritti e libertà fondamentali e chiedento un ritorno al rispetto della legalità, della democrazia e delle giustizia, nel rispetto – per un paese che ambisce ad entrare in europa – dei trattati e delle convenzioni internazionali”.