“Lo sapevo che mi tradiva, ma avevamo due figli e ho sopportato. Lo sapevo che mi tradiva, ma era arrivato il terzo figlio, io non lavoravo e ho sopportato. Poi ho saputo che faceva uso di cocaina, ma gli avevo vietato di drogarsi in casa e questa regola la rispettava e ho continuato a sopportare. Anzi, per non sminuirlo agli occhi degli altri – figli, genitori, suoceri – lo descrivevo sempre come un uomo attento, un padre premuroso e tutti lo stimavano. Poi però la nuova amante era una ragazzina e lui a casa si vedeva sempre meno. Una sera, rientrato alle due di notte abbiamo discusso: 'Potevi anche restartene da lei, cosa sei tornato a fare!' E la sua violenza, solitamente verbale, è degenerata. Calci, pugni e botte che mi hanno tolto il respiro. Neanche all’ospedale mi voleva portare. E quando ci sono andata, ho detto al dottore di essere caduta. Era maggio, ed è stato il primo episodio di violenza fisica, poi ce ne sono stati altri. Facevo di tutto per non far trapelare nulla, tenere lontano i bambini dagli episodi violenti, ma non sempre ci riuscivo”.

Giovanna – o Carla, Patrizia, chiamiamola come vogliamo, tanto il nome è di fantasia – ce l’ha fatta, a luglio dello stesso anno, il 2015, non ha più resistito ed è andata a denunciare suo marito alla polizia. Il primo grande passo coraggioso. Poi da lì, è stata ancora più dura. La ricerca di una sistemazione, la battaglia per la separazione, le angherie dei parenti, il mantenimento dei figli, e anche un sogno infranto e un uomo amato che l’ha delusa. Ma ce l’ha fatta a staccarsi da un uomo violento e pericoloso che le stava togliendo la vita, il sorriso e la serenità. Ha cercato aiuto esterno Giovanna, perché, come ci racconta, “in alcuni momenti amici e parenti non bastano, non riescono a darti i consigli giusti” e anche perché, ammette, “per pudore e vergogna non raccontavo tutta la verità”.

Ha trovato aiuto e conforto nel centro antiviolenza “Fabiana” di Corigliano Calabro. Un’assistenza gratuita, psicologica e legale, che le ha permesso di continuare a trovare la forza per andare avanti per sé e per i suoi figli, ma anche guardare con altri occhi la realtà e darsi la giusta attenzione. “Ho capito che se sto bene io, stanno bene anche i miei figli”. Perché per quanto lei abbiamo cercato di proteggere i suoi bambini nei momenti di violenza, le conseguenze del disagio vissuto si sono ripercosse sui figli con paure e fobie. E ora se ne rende conto ancor di più, dopo essere riuscita a uscire dalla bolla ovattata irreale in cui era stata rinchiusa.

Giovanna è stata forte. La sua forza le ha permesso di uscire dalla spirale della violenza prima che fosse troppo tardi. Per la prima volta racconta all’esterno quello che le è capitato ed è come un fiume in piena. Aneddoti duri, difficili da ascoltare, ma quando arriva alla denuncia, all’allontanamento, alla rinascita, il suo viso si fa più disteso, gli occhi brillano e le labbra accennano un bel sorriso. “Denunciate subito, non aspettate, non sopportate come ho fatto io. È solo il prolungarsi di un’agonia, di una sofferenza” è il consiglio che vuole dare alle altre donne. Vergogna, paura e senso di colpa, sono i sentimenti che frenano molte donne. Ma non ci può essere nessuna frase, nessun comportamento, nessun gesto di una donna che possa mai giustificare alcun tipo di violenza. Mai. E se lo fa una volta, lo rifarà.