Nell’attuale situazione economica mondiale “si lascia fare a un meccanismo prevalentemente di mercato, che viene messo in condizioni di operare dalle decisioni politiche dei singoli governi”. Così Mario Pianta, docente di Politica economica ed economia dell'innovazione all'Università Carlo Bo di Urbino, interviene a RadioArticolo1 nel corso della trasmissione Economisti erranti.

 

Al contrario, dice Pianta, “non si interviene con la politica economica, la politica sociale, la politica dei diritti in modo da tutelare le condizioni di vita e garantire una distribuzione finale del reddito che sia meno diseguale”. In una certa misura, quindi, interviene una precisa scelta politica. “Pensiamo alla flat tax proposta da Forza Italia, che avrebbe un effetto devastante di aumento delle diseguaglianze, bloccando l'unico debole meccanismo di progressività fiscale ancora esistente”. Dall’altra parte “c’è una riduzione della capacità della politica di intervenire sui meccanismi che riguardano la finanza, sull’azione delle multinazionali che evitano la tassazione passando da un Paese all’altro”.

Il risultato è che si allarga la forbice tra ricchi e poveri, cresce l’ingiustizia anche all’interno del mondo del lavoro. “Bisogna mettere in campo politiche aggrediscano separatamente i meccanismi economici – per l’economista -: intanto vanno difesi i salari, occorre garantire condizioni lavorative uguali per tutti attraverso l’applicazione dei contratti nazionali e i rinnovi. I contratti devono tornare a un ruolo crescente, importante e vincolante, con aumenti salariali generali che sono anche uno stimolo alle imprese per incrementare la produttività”.

C’è poi la questione del “cattivo lavoro”, spiega Pianta. “Abbiamo un arretramento complessivo e una crescita ulteriore delle diseguaglianze: aumentano i lavori a bassa protezione sociale e bassi salari, soprattutto per i giovani. Al contrario la qualità del lavoro resta essenziale”. Sulla redistribuzione, poi, “occorre ricordare che tutte le misure universalistiche sono una garanzia contro le dinamiche di polarizzazione delle condizioni di vita. Quando i meccanismi sono lasciati al mercato, privatizzando la sanità, riformando le pensioni con differenze crescenti, allora tutto ciò fa aumentare le diseguaglianze”.

Secondo l’esperto “bisogna tornare all’universalismo nelle prestazioni di welfare, all’uguaglianza di trattamento sulla base dei bisogni delle persone, non sulla base della capacità di spesa. Un sistema pensionistico uguale per tutti, sanità e scuola pubblica, riduzione delle tasse universitarie vanno in direzione di ridurre le ingiustizie e tutelare i più deboli. Poi – aggiunge  - l’azione pubblica dovrebbe svolgere un ruolo redistributivo, ovvero prendere i soldi ai cittadini più ricchi e ridarli ai più poveri in varie forme, per esempio con una tassazione progressiva. Anche per questo la flat tax, che prevede la stessa percentuale di tasse per tutti, sarebbe l’ennesimo regalo ai ricchi”.

Per Riccardo Sanna, capo area delle Politiche di sviluppo della Cgil nazionale, “è necessario un sistema della contrattazione che preveda sia un livello nazionale per tutelare il potere d'acquisto delle retribuzioni, sia un secondo livello per redistribuire gli aumenti dei profitti e il valore aggiunto del fatturato”. La sfida che sta affrontando il sindacato “è quella di generare un nuovo modello già nel livello nazionale, quindi nella programmazione dei singoli settori dell'economia: qui si possono fissare obiettivi di produttività, in modo tale da redistribuire e programmare già l’aumento per creare nuova occupazione e crescita dei salari”.

È una strategia, conclude Sanna, “che rientra nell’insieme delle proposte della Cgil sul Piano del lavoro: creare occupazione, generare nuovi redditi, nuovi consumi e dare possibilità al sistema di correre più velocemente. La proposta della Carta dei diritti – infine – afferma che solo il lavoro di qualità riesce a far aumentare la crescita e lo sviluppo, è questa la nostra idea di Paese