"Nella tragedia della Thyssenkrupp c'è dentro anche tutta la metamorfosi del lavoro operaio". Lo afferma Ezio Mauro, già direttore di Repubblica, ai microfoni di RadioArticolo1 nel corso dello speciale di oggi dedicato al decennale del rogo della Thyssen. "Il caso particolare della strage – quindi – va unito alla condizione generale del lavoro nei nostri anni".

Mauro è anche la voce di Thyssen. Opera sonora, lo spettacolo teatrale ispirato a quei tragici fatti. "Abbiamo riassunto la vicenda nella metafora dell'invisibilità degli operai – dice –: nelle fabbriche in trasformazione le condizioni di lavoro cambiano radicalmente, si riducono le garanzie che gli operai hanno conquistato nel tempo attraverso il negoziato con l'azienda".

La crisi, a suo avviso, "non è un passaggio neutrale, come spesso si tende a pensare: si raffigura come un tunnel in cui siamo entrati e a un certo punto si esce. Ma non è così: la crisi è un soggetto sociale che modifica tutto, a partire dalle condizioni delle fasce più deboli. È una tragedia che conteneva in nuce la storia futura del decennio che aveva davanti, cioè dieci anni di crisi: già raccontava la svalutazione della condizione dell'operaio e del lavoro".

Il delegato Fiom: volevano tagliare i costi
"Avevamo calendarizzato un incontro con il capo del personale per confrontarci sul calendario delle fermate degli impianti e le fermate festive – ricorda Ciro Argentino, delegato della Fiom Cgil alla Thyssen nel 2007 –. In quell'incontro, dopo qualche minuto, il responsabile del personale ci ha detto che l'azienda aveva stilato un piano unilaterale per chiudere lo stabilimento, era un piano di dismissione ben definito. Ufficialmente era in atto una razionalizzazione dei costi. Bisognava chiudere Torino e spostare tutto a Terni. In pratica, volevano tagliare i costi, anche se era una fabbrica sana".  

Quello che è successo alla Thyssen 10 anni fa, infatti, è anche figlio della decisione della Thyssen di andarsene da Torino. "Ero in azienda dal 1995 e non avevo mai visto una decadenza degli impianti e una mancata manutenzione come in quel periodo – continua Argentino –. L'azienda aveva cambiato politica, si stava preparando il terreno per l'uscita, non comprava più pezzi di ricambio e risparmiava sulla manutenzione. Cosa che è stata anche testimoniata in tribunale dall'allora sindaco di Torino Chiamparino. La linea 5 era un impianto che aveva dei costi ingenti di manutenzione, non solo straordinaria ma anche ordinaria. Noi avevamo già spento centinaia di incendi come quello che ha determinato la tragedia, e anche peggiori. Eppure fino ad allora non era mai scoppiato un tubo. È stato il tubo che si è rotto a creare il cosiddetto flash fire, che ha ucciso i nostri colleghi".

6/12/2007, la telefonata al 118 dalle acciaierie 


Chiamparino: sicurezza problema irrisolto
"Incontrare le famiglie delle vittime del rogo è stata di gran lunga la cosa più difficile che mi sia toccato di fare in tanti anni di esperienza pubblica e politica – ha invece detto Sergio Chiamparino, nel 2007 sindaco di Torino e oggi presidente della Regione Piemonte –. Di primo acchito non avevo messo a fuoco la dimensione e la gravità della vicenda, poi man mano che mi avvicinavo alla verità è cresciuta la consapevolezza del dramma che si era consumato nello stabilimento. La giustizia ha fatto il suo corso e ha emesso i suoi verdetti, ma da allora a oggi il problema della sicurezza dei lavoratori non è stato certo risolto”.

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ARCHIVIO: Rassegna sindacale del 13/12/2007 (pdf)
ThyssenKrupp. Condannati a lavorare, condannati a morire
(7.12.2007)