Nel mondo della ricerca sono concentrati tantissimi lavoratori precari, pari a circa il 40% degli addetti, che proprio in questi giorni hanno iniziato la loro protesta contro la legge di bilancio 2018, che destina pochissime risorse al settore. RadioArticolo1 ha dato la parola a due ricercatori precari, Federico Landini, dell’Istituto nazionale di astrofisica di Firenze, e Annalisa Pinsino, del Coordinamento precari uniti presso il Consiglio nazionale delle ricerche di Roma.

“Abbiamo organizzato una specie di congresso telematico – ha spiegato Landini – per valutare quali azioni intraprendere per dare seguito alla mobilitazione che abbiamo iniziato nelle scorse settimane. All’Inaf, fiore all’occhiello della ricerca scientifica italiana, siamo 380 ricercatori precari e 580 strutturati e protestiamo contro l’emendamento del governo che stanzia per il lavoro precario 60 milioni in due anni, così suddivisi: 10 sicuri nel 2018, i restanti 50 nel 2019. Questi fondi sono destinati all’assunzione di 2.170 precari in tutta Italia, purchè la metà delle assunzioni venga finanziata dagli enti stessi. Ed è per tale motivo che stiamo manifestando via internet, perché il provvedimento è decisamente insufficiente. Abbiamo creato una rete on line in modo da poter comunicare da un istituto all’altro”.

“Io mi considero un precario storico – ha proseguito il ricercatore dell'Inaf –, in quanto sono undici anni che sto in queste condizioni. Dopo essermi laureato nel 2002, ho fatto un dottorato e poi ho iniziato la sequenza dei contratti a tempo della durata di un anno, sei o tre mesi. Una trafila di undici anni di attività scientifica che perdura tuttora. Senza dimenticare che il 99% dei precari Inaf è vincolato a progetti esterni, vale a dire che se quei progetti improvvisamente non vengono più finanziati, noi restiamo a casa. Quindi noi dobbiamo contribuire a mettere a punto progetti perché ci conviene, perché quando i progetti vengono approvati in competizioni internazionali allora c’è spazio rinnovare i nostri contratti”.     

“Quello che sta avvenendo in Parlamento la consideriamo una specie di beffa nei nostri riguardi – sottolinea Pinsino – e verso un settore che è ormai del tutto emarginato. Perciò, dopo aver occupato le nostre varie sedi di Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Potenza, Cosenza, Palermo e Sassari, stiamo andando dritti a manifestare davanti alla Camera, perché è assolutamente impensabile che 3 mila unità di personale precario al Cnr – che è il più grosso ente di ricerca con 102 istituti in tutta Italia – possano accontentarsi dopo un decennio di blocco del turn over e di tagli di fondi allucinanti di un emendamento del genere, che peraltro è passato solo dopo il grido di dolore della ministra Madia ai senatori”.

“In questo momento c’è anche un problema di sensibilizzazione, perché nessuno, a cominciare dai media, ha la percezione di quanto sia importante la ricerca nel nostro Paese. Cercheremo di fare in modo che aumenti la quantità economica destinata alle assunzioni di noi precari, togliendo nel contempo la ghigliottina del cofinanziamento imposto al 50% ai vari enti di ricerca. Allo stato attuale, il governo considera sicuri dell’assunzione nel 2018 appena 482 precari, su un totale nazionale di 8.800 unità, che è praticamente niente ed è obiettivamente una presa in giro. Ragion per cui, la nostra protesta è destinata a intensificarsi davanti al Parlamento, in occasione della votazione degli emendamenti”, ha concluso la ricercatrice del Cnr.